Stato-mafia: E il Csm restò a guardare

Sullo scontro al calor bianco fra il Quirinale e la procura della Repubblica di Palermo in relazione alle intercettazioni di alcune telefonate fra Giorgio Napolitano e Nicola Mancino (e chissà se anche con altri), partiti ed esponenti di rilievo delle istituzioni, questi ultimi con molti riguardi e precauzioni, sono intervenuti, seppure con notevole ritardo e soltanto dopo che il presidente della Repubblica si è rivolto alla Corte costituzionale sollevando conflitto di attribuzione, ritenendo non lecite le iniziative dei magistrati di Palermo. Non un segno, invece, dal vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura nè dall’Associazione nazionale dei magistrati. Michele Vietti, già navigato politico, e oggi super attivo vicepresidente dell’organo di autogoverno della magistratura non ha, ancora, battuto ciglio. Non si sa cosa ne pensi, non si conoscono eventuali futuri interventi per rimettere a posto i cocci di una questione che non è soltanto da azzeccagarbugli dediti a spiegare se le intercettazioni siano state dirette o indirette. L’imbarazzo è evidente, anche se c’è da dire che non ha battuto ciglio neppure nei casi di piemme che saltano da un programma televisivo a una manifestazione politica: per il Csm nulla da commentare. Quanto all’Anm, poi, c’è da stupirsi ancora meno, presi come sono a bilanciare fra le correnti gli incarichi direttivi, nessuno si è schierato con il capo dello Stato, al quale, però, da mesi chiedono (come anche al Guardasigilli Paola Severino, con qualche successo in più) costantemente e con forza di far bloccare al Senato le norme sulla responsabilità civile dei magistrati. Sullo sfondo l’arrivo del semestre bianco e le prove, tutte interne a certi settori della magistratura, per gestire nella completa indipendenza gli assetti e gli organigrammi degli uffici giudiziari: da Palermo a Napoli, da Roma a Milano.