Ogni anno in Italia si eseguono circa 181 milioni di intercettazioni e il fenomeno, se si osserva il numero dei bersagli/utenze intercettati ogni anno, è cresciuto dal 2006 del 22,6%. È quanto emerge da uno studio dell’Eurispes elaborato su dati Ministero della Giustizia-Direzione Generale di Statistica, dove si osserva anche che tra il 2008 e il 2010 la spesa per le intercettazioni è cresciuta del 6,8%, passando da 266.165.056 a 284.449.782 di euro.
Considerando che nel 2010 le utenze telefoniche intercettate sono state 139.051, con una media di 26 eventi telefonici giornalieri per utenza, e che la durata di ogni singola intercettazione – sebbene in calo rispetto agli anni passati –, è pari a una media di 50 giorni, gli “eventi telefonici” registrati ogni anno possono essere stimati a 181.183.453.
Tuttavia, è importante tenere conto che non si sta parlando unicamente di conversazioni, ma più in generale di “eventi” telefonici: chiamate in entrata, chiamate in uscita, chiamate senza risposta, messaggistica e localizzazioni. Una serie di informazioni considerate dai cittadini ugualmente sensibili. Sempre secondo i dati forniti dall’Ufficio Statistico del Ministero della Giustizia, tra le diverse tipologie di intercettazione quelle telefoniche rappresentano il 90% del totale (125.150), quelle ambientali l’8,4% (11.729), e, infine, quelle informatiche e telematiche solo l’1,6% (2.172). Nonostante lo strumento delle intercettazioni sia diventato negli anni sempre più mirato e preciso, anche grazie alle sofisticate tecnologie messe in campo, l’analisi della serie storica evidenzia che tra il 2006 e il 2010 i bersagli complessivi intercettati sono aumentati del 22,6%, un incremento particolarmente significativo in un arco di tempo di soli 5 anni e che ha interessato tutte le diverse tipologie di intercettazione.
Tra i distretti più intercettati al primo posto troviamo Napoli con 21.427 bersagli intercettati, seguito, con un notevole divario, da Milano (15.467), Roma (11.396), Reggio Calabria (9.358), e, al quinto posto, Palermo (8.979). Seguono Firenze, Torino, Bologna.
Se si osservano le variazioni percentuali intercorse nel triennio 2008-2010, a fronte di un complessivo aumento del numero dei bersagli intercettati, i distretti nei quali si registrano gli incrementi più significativi sono Napoli, Firenze, Bari, Venezia, Genova, Reggio Calabria. A Napoli, in particolare, tra il 2008 e il 2010 i bersagli intercettati sono aumentati del 21,7%.
Al contrario, si segnalano per una diminuzione dei bersagli di intercettazione i distretti di Milano (-20,6%, pari a 4mila bersagli in meno), Trento, Trieste, Palermo, Bologna, Perugia, Torino, Ancona, Messina, e, sia pure con lievi flessioni, Catania, L’Aquila, Potenza, Cagliari e Catanzaro.
Per le intercettazioni nel 2010 si sono spesi in totale 284.449.782 euro, una cifra che, sebbene in calo rispetto all’anno precedente (306.071.096 euro), ha registrato un aumento del 6,8% tra il 2008 e il 2010. Tra i distretti dove più alta è la spesa per le intercettazioni telefoniche, al primo posto troviamo Milano, dove nel 2010 gli uffici giudiziari hanno liquidato 39.670.400 per questa tipologia di spese. Segue Palermo (34.746.180), Reggio Calabria (31.288.886), Napoli (25.122.030) e Catania (17.942.562). Al contrario, tra i distretti giudiziari dove la spesa per intercettazioni risulta essere più contenuta troviamo Campobasso (374.359 di euro), Potenza (1.085.988 di euro) e Salerno (1.527.466 di euro).
Analizzando il triennio 2008-2010, la maggior parte dei distretti giudiziari presenta un andamento altalenante per questa voce di spesa. Nel caso di Milano le spese registrano un incremento significativo e costante, pari al 75,5%, passando dai 22.599.643 euro del 2008 ai 39.670.400 del 2010. Al contrario di Reggio Calabria (67,7%), dove si passa da 18.660.763 euro nel 2008 a 42.560.745 nel 2009, per poi scendere a 31.288.886 nel 2010, una dinamica simile a quella registrata dal distretto di Napoli (32%). Al contrario, tra i distretti giudiziari più virtuosi si trovano Palermo (-33,7%), Torino (-32,6%), Cagliari (-34,1%) e Messina (-30,8%), che fanno registrare una decisa flessione degli importi liquidati dopo il 2008. Più contenuto in valori assoluti, ma rilevante in termini di variazione percentuale, il calo del distretto di Potenza (-49%).
La lettura dei dati evidenzia come le intercettazioni non si concentrino più solamente nelle province del Mezzogiorno, tradizionalmente associate alla presenza della criminalità organizzata di stampo mafioso, ma vengano disposte in misura massiccia anche in molti grandi centri dell’Italia settentrionale. Questo quadro suggerisce la necessità di uscire definitivamente da una visione ormai inattuale del Paese che confina le attività criminali mafiose soprattutto nel Sud e in Sicilia e conferma la penetrazione sempre più capillare delle mafie al Nord, dove sono presenti maggiori capitali e dove è possibile aggredire il sistema imprenditoriale.
«In considerazione dell’enorme archivio che si è andato costituendo negli anni – secondo il Prof. Gian Maria Fara, Presidente dell’Eurispes –, prima ancora di una legge di riforma delle intercettazioni, sarebbe quantomeno auspicabile un intervento amministrativo volto alla definizione di criteri di sicurezza informatica e alla tracciabilità digitale delle singole intercettazioni, al fine di limitarne al massimo ogni abuso anche attraverso una riorganizzazione del “Registro unico delle intercettazioni” adeguandolo alle nuove tecnologie».
Infatti, è fondamentale riuscire ad adeguare gli strumenti investigativi alla nuova frontiera che si è aperta con l’utilizzo di sistemi di comunicazione particolarmente innovativi come i Social network o i servizi VoIP (Skype e Viber), strumenti sempre più utilizzati da chi delinque e che per questo cerca continuamente nuove modalità per sfuggire ai controlli.
«Più che continuare ad operare tagli indiscriminati sulle intercettazioni – prosegue il Presidente dell’Eurispes –, bisognerebbe, anche in questo caso, arrivare alla definizione di un costo-standard, consentendo così una maggiore uniformità tra le spese dei diversi distretti giudiziari e un conseguente risparmio di risorse pubbliche».