Ci sono alcuni punti fermi, nella vicenda della presunta tentata estorsione, nel 1991, da parte di Marcello Dell’Utri ai danni dell’imprenditore Garraffa, come la circostanza che il senatore, manager di Publitalia all’epoca dei fatti, abbia incaricato due mafiosi di parlare con Garraffa. Ma non ci sono prove che li abbia scelti come ‘messi’ per la loro "mafiosità", e non perche’ conoscevano l’imprenditore e avevano già trattato con lui. Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni di conferma del proscioglimento di Dell’Utri. In diciassette pagine, che riassumono le conclusioni cui era arrivato il terzo processo di appello – dopo due annullamenti pronunciati dalla stessa Cassazione – i supremi giudici rilevano che sono "ormai processualmente acquisiti e preclusi ad ulteriore discussione" i seguenti fatti: la "attendibilità del Garraffa in ordine ai due episodi dell’incontro milanese con Dell’Utri e della visita mattutina in ospedale da parte di Virga e Buffa su sollecitazione riconducibile al Dell’Utri". Altri punti certi e inoppugnabili, per i supremi giudici, sono: "il contenuto dei due incontri nei termini riferiti dal Garraffa; la consapevolezza di Virga e Buffa sul ruolo che svolgevano con quell’incontro; l’ingiustizia del profitto, nei termini in cui era concretamente perseguito da Publitalia e dal Dell’Utri; il contesto di previa consolidata conoscenza e frequentazione tra Garraffa e Virga e (Buffa), nei termini ricostruiti dal giudice del rinvio, di cordialità e anche di pericolose consapevoli contiguità". Ma oltre a questo, altro non è stato accertato.
In pratica il capo mafioso del mandamento di Trapani, Virga, fu mandato da Dell’Utri, accompagnato dal suo guardaspalla Buffa, a "convincere" Garraffa, allora patron della Pallacanestro Trapani e medico nella stessa città, "a rispettare l’impegno", ossia la restituzione della metà dei soldi, circa 800 milioni di vecchie lire, di una sponsorizzazione ricevuta dalla ‘Birra Messina’ e pari a un miliardo e settecento milioni.
Per i magistrati milanesi, peró, e per la Cassazione nella sentenza 39077 che mette una pietra tombale su questo processo la cui ultima udienza si è tenuta lo scorso 20 giugno, non è stata "raggiunta la prova" che la "visita" dei due all’imprenditore fosse "idonea ad incutere timore" dati i rapporti di amicizia tra Virga e Garraffa, aiutato dal boss anche nella campagna elettorale per il Senato.
Il quadro probatorio finisce per lasciare "ampio spazio all’ipotesi alternativa che tale visita avesse rappresentato un tentativo di interposizione mediatoria del Virga non ostile al Garraffa, effettivamente volta ad aggarbare la vertenza insorta tra la persona offesa e Publitalia". In sostanza, la Suprema Corte – come già sancito dalla Corte di Appello di Milano il 20 maggio del 2011, all’esito dell’ appello ter – si puó ritenere che Dell’Utri abbia "scelto i due personaggi per tentare di risolvere la vertenza non tanto o solo in ragione della loro ‘mafiosità’ quanto per la loro intensa precedente e coeva frequentazione ‘amicale’ con Garraffa".