CASSAZIONE: ASSUNTA IN REGIONE E LAVORA IN NEGOZIO, LICENZIATA

I dipendenti pubblici, compreso il personale del comparto Regioni e autonomie locali, non possono prestare attività lavorativa al di fuori del loro rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione, pena il licenziamento anche nel caso in cui per il lavoretto ‘extra’ non ricevano alcun compenso. Lo sottolinea la Cassazione, confermando la perdita del posto di lavoro, presso la Regione Lombardia, per una impiegata, Laura C., sorpresa a vendere abbigliamento nel negozio della sorella mentre era in malattia. In precedenza, per lo stesso fatto, la dipendente del ‘Pirellone’ aveva già ricevuto una sanzione disciplinare. La donna non aveva mai fatto richiesta, in deroga al regolamento, di essere autorizzata al lavoro ‘esterno’. Senza successo, innanzi ai supremi giudici, Laura C. ha contestato l’espulsione facendo presente che dalla sorella non aveva ricevuto alcun compenso e che si trattava di una occupazione del tutto saltuaria, solo per dare "una mano nella gestione del negozio in fase di liquidazione". La Cassazione – con la sentenza 20857 – le ha risposto che le norme che regolano il contratto dei dipendenti pubblici prevedono il divieto di cumulo con lavori ‘extra’, indipendentemente "dalla sussistenza o meno di una remunerazione" e dalla "continuità della prestazione lavorativa diversa da quella espletata alle dipendenze della pubblica amministrazione".