Non è reato dire picchiatore fascista a ex militante

Non va incontro a una condanna per diffamazione chi rievoca il passato di una persona che ha militato nell’estrema destra definendola "ex picchiatore fascista". Lo si evince da una sentenza con cui la Cassazione ha annullato senza rinvio "perchè il fatto non costituisce reato" la condanna inflitta al titolare di un sito web che aveva usato la suddetta espressione riferendosi a un giornalista di Radio Rai, il quale, in passato, è stato simpatizzante del Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del Msi. La quinta sezione penale della Suprema Corte rileva come sia "indubbio che la suddetta espressione, pur evidenziando, con la preposizione ex, un dato del passato" abbia una "connotazione negativa, perche’ evocativa del vissuto di una persona che andava in piazza, disponibile non solo a manifestare il proprio pensiero, a confrontare le proprie idee e a verificare la loro capacità persuasiva verso il dissidente, ma anche a manifestare la propria forza fisica e a verificare la sua capacita’ persuasiva, nel previsto e realizzato contatto diretto, verso il dissidente medesimo".
Nella sentenza n.745, gli ‘ermellini’ sottolineano che l’imputato "ha guardato al passato dell’inequivoca e complessa militanza politica di questo cittadino nell’area dio estrema destra e l’ha sinteticamente raffigurata con il sostantivo ‘picchiatore’ e con l’aggettivo ‘fascista’" e "appare del tutto ingiustificata" la richiesta del querelante "di un intervento punitivo dello Stato, in danno di chi lo ha collocato nel passato all’interno di uno schieramento che questo tipo di dialettica della violenza non ha mai rinnegato". Del suo passato da militante, era stato lo stesso cronista a parlare in un’intervista, puntualizzando però di non aver "mai picchiato nessuno" e che "se proprio doveva fare a botte, le prendeva". Tale "ruolo di soccombente", però, "non incide – osserva la Cassazione – sulla efficacia della ammissione di aver svolto una specifica militanza politica e sulla perfetta aderenza alla realtà alla verità dell’attribuita qualifica di ‘picchiatore’ nel cui significato non è pacificamente compreso il ruolo di vincitore negli episodi di violenza reciproca". L’imputato, quindi, conclude la Corte, "non ha illecitamente violato la verità, negando e disconoscendo l’evoluzione culturale e politica del querelante, rispetto alla passata adesione a uno schieramento caratterizzato da innegabili modalità di esternazione, diffusione e promozione della concezione della dialettica politica".