Le multe che le banche hanno dovuto pagare nel 2014, secondo i calcoli del quotidiano “Financial Times”, ammontano a 56 miliardi di dollari in sanzioni e patteggiamenti con le autorità. La maggiore multa è quella della Bank of America, 16,65 miliardi di dollari patteggiati per aver ingannato gli investitori Usa sui titoli legati ai mutui. Spicca la multa Usa di 8,83 miliardi alla francese Bnp Paribas per aver violato le leggi sulle sanzioni a Iran, Sudan e Cuba. Le maggiori banche al mondo, sanzionate da Usa, Gran Bretagna e Svizzera, ne sono coinvolte: Ubs, Citigroup, JP Morgan, Hsbc, Royal Bank of Scotland e, per l’appunto, Bank of America.
Colpisce l’incremento delle violazioni e delle sanzioni. In Gran Bretagna, per esempio, il valore medio delle sanzioni è quintuplicato: la Fca (Financial Conduct Authority) le ha portate da 624.000 sterline a 3,2 milioni. I casi sono due: i controlli sono maggiori oppure il tasso di illecito/delinquenza delle banche è aumentato per vari motivi (la crisi c’è per tutti e ognuno si difende come può?). Le banche sono un importante e determinante tassello della nostra vita economica, anche e soprattutto per quelli come noi, cioè l’utente finale, quello che ha un conto corrente, paga le bollette, chiede un prestito, cioè fa ruotare la propria vita economica (e relative conseguenze) intorno ai rapporti che ha intessuto con il proprio istituto di credito; rapporti che, dal nostro osservatorio di associazione, sono sempre più difficili, soprattutto per una esponenziale crescita dell’arroganza e aggressività delle banche nei confronti dei piu’ deboli. Per fortuna, da non molto tempo, per molte controverse con le banche esiste l’Arbitro Bancario Finanziario (Abf), istituito presso la Banca d’Italia e che, nella maggior parte dei casi che gli vengono sottoposti dagli utenti, riconosce le ragioni di questi ultimi, anche se i tempi per ottenere “giustizia” spesso non sono funzionali alle emergenze che le banche stesse hanno creato ad arte contro i loro clienti. Clienti che sono comuni mortali che, se nella loro attivita’ imprenditoriale/economica non mantengono i patti stabiliti o li violano in modo eclatante, ci rimettono tutto e chiudono. Nella categoria dei comuni mortali, però, non ci sono gli istituti di credito, così come accade per le grandi aziende che sperperano capitali pubblici e privati a danno della comunità (Alitalia, è solo uno degli esempi). Ai comuni mortali si contrappongono gli immortali, più o meno comuni. Più è alto il tasso di illecito/reato di questi immortali, più viene confermata la loro indifferenza di fronte alle leggi mortali della natura umana ed economica. Talvolta ci dicono che questa immortalità sia tale per il cosiddetto bene comune: se si fa morire un immortale per definizione, le conseguenze della deflagrazione sarebbero come uno tsunami. Potrebbe anche essere vero, ma ci si consenta un dubbio, visto che la proroga (quando c’è l’intervento economico dello Stato) e l’accettazione (quando -avendo proprie risorse- li si lascia continuare ad agire nello stesso modo come se nulla fosse accaduto) della loro immortalità è diventata una costante. Qualcosa non ci torna. La parola fallimento -hai sbagliato l’obiettivo per cui ti eri costituito, hai creato un danno per la comunità, e quindi basta- per loro non esiste; mentre esiste per i comuni mortali, anche nei casi in cui sono falliti perchè vittime di questi istituti. Probabilmente siamo ingenui perchè crediamo che in democrazia -anche quella economica- le leggi siano uguali per tutti. E -sempre probabilmente- abbiamo dimenticato che la ragion di Stato non collima con “comunità”, ma col potere esercitato al di sopra e oltre coloro che hanno un mandato elettorale. Poi dicono che bisogna avere fiducia nelle istituzioni….
Vincenzo Donvito, presidente Aduc