Secondo un’indagine del Censis, più di 4 milioni di italiani sono ricorsi a una raccomandazione per ottenere un’autorizzazione o accelerare una pratica; e 800 mila di questi avrebbero pagato una mazzetta. Si tratta di dati che riteniamo bassi perchè, per quanto sofisticati e anonimi possano essere stati i metodi del Censis per raccoglierli, si tratta comunque di informazioni che l’utente medio di un servizio della Pubblica Amministrazione sarebbe recalcitrante a fornire, non per disonestà congenita di questo cittadino ma per disaffezione diffusa nei confronti di tutto ciò possa avere a che fare con lo Stato: discorso medio: “a che serve, tanto non cambia nulla, anzi, magari peggiora per il mio prossimo certificato…”. Non ce ne vogliano i presunti alfieri della legalità, ma pur se non ci siamo rassegnati nel sognare e operare per un Paese in cui i numeri del Censis possano essere ancora piu’ microscopici, non siamo in grado di cancellare dalle nostre osservazioni quello che tocchiamo con mano vibrante tutti i giorni, grazie alle centinaia di segnalazioni e testimonianze che i cittadini ci fanno. Abbiamo quindi sviluppato un’analisi, quella della riduzione del danno. Che non è solo quella che ogni utente medio fa su stesso facendosi raccomandare o pagando una tangente per avere meno danni dai blocchi e dalla lentezza della Pubblica Amministrazione, ma potrebbe essere anche quella di concepire meccanismi diversi di funzionamento di questa amministrazione: la legalizzazione della mazzetta, che dovrebbe ovviamente chiamarsi in modo diverso; ma che potrebbe entrare nei bilanci di previsione del cittadino medio che ha bisogno di un’autorizzazione o di un certificato senza penare mesi e mesi e code e contro-code. Anche questa legalizzazione rientrerebbe nella riduzione del danno. Quella che uno Stato fa su se stesso: la presa d’atto della propria incapacità di essere al totale servizio dei cittadini basandosi solo su principi di lealtà e fede di servizio, basandosi solo sugli stipendi che da’ ai propri impiegati e funzionari. Uno Stato che, finalmente senza ipocrisia verso se stesso e i propri amministrati, stabilisce che i suoi addetti al funzionamento debbano e possano far pagare il proprio servizio in virtu’ di una loro libera contrattazione con l’utente. Un modo questo (con certi limiti) di poter anche contenere gli stipendi di questi dipendenti. Non sarebbe una grande novità, visto che anche oggi se, per esempio, si vuole un qualche certificato con una certa urgenza, si deve pagare di più. Solo che, mentre oggi questi soldi delle urgenze vanno nelle casse dello Stato, con la legalizzazione della mazzetta questi importi sarebbero appannaggio dei singoli impiegati/funzionari e della loro capacità di contrattazione.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc