“Assistiamo all’ennesimo procedimento giudiziario contro colleghi caduto nel nulla con una soddisfazione che si moltiplica ogni volta, parimenti alla rabbia di vedere dei fedeli Servitori dello Stato crocifissi sul ‘Golgota’ delle menzogne e dell’interesse di criminali senza scrupoli. I valorosi Poliziotti accusati nientemeno che di aver depistato le indagini sulla strage di via D’Amelio ne escono a testa alta, come era fuor di dubbio, ma ancora una volta dopo anni di un calvario che sarà impossibile da dimenticare e con ferite profonde che nessuno potrà lenire, inferte agli uomini ma rese ancor più feroci e profonde perché dirette prima ancora alle loro divise ed a tutto ciò che esse rappresentano”. Così Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia, dopo la pronuncia del Giudice per le indagini preliminari di Caltanissetta che ha archiviato l’inchiesta a carico dei Poliziotti Mario Bo, Vincenzo Ricciardi e Salvatore La Barbera, indagati dal 2009 per calunnia aggravata per avere, secondo le iniziali ed infondate accuse, depistato le indagini sulla strage di via d’Amelio. I tre Funzionari di Polizia appartenevano al pool di investigatori che indagò sulle stragi mafiose del 1992, guidato da Arnaldo La Barbera, ed erano stati accusati di aver fatto pressioni su Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Salvatore Candura, i falsi pentiti che per primi rivendicarono un ruolo nell’omicidio di Paolo Borsellino e dei cinque ragazzi della scorta. Le confessioni fasulle dei due collaboratori di giustizia portarono anche alla condanna di sette innocenti, scarcerati soltanto nel 2011, e cioè dopo che Gaspare Spatuzza ricostruì la fase operativa della strage del 19 luglio 1992.
“I nomi di Bo, Ricciardi e La Barbera si aggiungono alla lunga lista delle vittime della mafia – aggiunge Maccari -, Poliziotti vittime immateriali di disegni criminali le cui bugie sono come i proiettili, il tritolo, il veleno che attenta al ruolo che essi ricoprono e che rappresenta l’essenza stessa della vita di chi serve lo Stato ed i cittadini. E proprio a questi ultimi deve giungere un messaggio chiaro e forte che rappresenti e faccia comprendere il rischio reale, costante e continuo per gli Appartenenti alle Forze dell’Ordine di restare vittime della violenza e delle ritorsioni della criminalità in ogni modo e in ogni forma, anche e soprattutto attraverso il tentativo di comprometterne l’onore e la fedeltà che invece è insita nel loro Dna. La Giustizia fa il suo corso, sia pur con maledetta lentezza, ma quando si giunge alla verità essa deve restare scolpita nella mente della gente come incisione nel granito, a imperitura testimonianza che fra i sacrifici immani che un Poliziotto deve sopportare c’è anche quello di subire accuse infamanti che poi, puntualmente, si rivelano fasulle”.
“Al di là e in aggiunta a tutte le difficoltà e le carenze con cui facciamo i conti nello svolgimento di un dovere sempre più faticoso ed immenso – conclude il Segretario Generale del Coisp -, questa resta certamente la prova più difficile ed ardua da superare, e che richiede il doveroso impegno ad arginare in ogni modo la possibilità che si infierisca senza remore contro gli Appartenenti alle Forze dell’Ordine, con orrende menzogne ma anche con meri atteggiamenti colpevolisti e criminalizzanti, atti a sollevare cicloni mediatici e politici che travolgono con troppa fretta e senza possibilità di scampo e di difesa alcuna, vite e carriere specchiate e degne di rispetto”.