Fermo, Ravenna, Bologna, Verona, Grosseto, Roma e Treviso: sono queste le province oggi interessate alle attività di perquisizione disposte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Fermo nel contesto delle indagini dirette e coordinate dal Procuratore Capo, Domenico Seccia ed affidate, per la loro esecuzione, al Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ascoli Piceno. Le odierne perquisizioni si inseriscono in un’articolata attività di polizia economica e finanziaria che ha trovato impegnato il Nucleo di Polizia Tributaria di Ascoli Piceno negli approfondimenti investigativi relativi al fallimento dell’AGROALIMENTARE F.LLI MONALDI S.p.A., uno dei più noti gruppi del fermano – fornitore di prodotti a importanti società del settore: BARILLA, FERRERO, MAINA, BAULI, UNILEVER, DE CECCO, RANA ecc. –, quantificato nello stato passivo in poco meno di 100 milioni di euro e in
relazione al quale le stesse Fiamme gialle stanno anche ultimando le operazioni di sequestro preventivo richiesto dallo stesso Procuratore Capo e disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Fermo. Un sequestro che riguarda beni di diverso genere per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro: una villa di lusso e relative pertinenze sita in provincia di Verona; un’altra analoga struttura sita nel fermano, in parte adibita all’esercizio di “Bed&Breakfast”; e poi, ancora, sempre nella provincia di Fermo, un appartamento, un fabbricato, un terreno, un ulteriore fabbricato ancora in costruzione destinato ad usi commerciali e residenziali, due autovetture, arredi di pregio e gioielli.
Il sequestro è scattato in conseguenza dell’accertamento di precise responsabilità in capo a quattro persone, soci e membri del Consiglio di Amministrazione, denunciate a
vario titolo all’Autorità Giudiziaria per “Bancarotta fraudolenta patrimoniale aggravata” e “Bancarotta preferenziale”. Le indagini hanno consentito di individuare condotte distrattive – ovvero, comunque, di dissipazione di risorse patrimoniali della società –, attuate sin dall’anno 2007. La ricostruzione dei complessi accadimenti aziendali ha portato i militari del Nucleo di Polizia Tributaria a scandagliare anche una serie considerevole di evidenze finanziarie confluite in 86 rapporti bancari, detenuti presso 40 istituti di credito diversi. Le attenzioni investigative sono state indirizzate sin da subito verso l’analisi del contesto societario – a ristrettissima base familiare – e dell’insieme dei rapporti intercorrenti tra la fallita ed altre società appartenenti al medesimo gruppo imprenditoriale, situate sia sul territorio nazionale (province di Fermo e di Verona), sia su quello estero (Romania ed Albania), una circostanza quest’ultima che ha reso particolarmente difficoltosa la ricostruzione delle vicende societarie. L’analisi della documentazione bancaria ha permesso di individuare gli effettivi flussi
finanziari intercorsi tra la fallita e altre due società agricole italiane sempre riconducibili agli indagati, che dopo aver acquistato materie prime dalla fallita rivendevano alla stessa il prodotto finito. Le predette società agricole sostanzialmente hanno rappresentato lo strumento utilizzato dagli indagati al fine di distrarre consistenti risorse finanziarie provenienti dalla fallita. In pratica quest’ultima regolava i debiti verso le società agricole mediante invio di denaro liquido, senza però ricevere dalle stesse i pagamenti relativi alle vendite effettuate nei loro confronti, svuotando così di fatto e in maniera consistente la propria cassa. Il denaro confluito sui conti correnti delle società agricole, quindi, veniva sistematicamente prelevato dagli indagati, alla stregua di un vero e proprio “sportello bancomat”, ed utilizzato dagli stessi per finalità a prevalente carattere personale quali, ad esempio, il pagamento di tributi, acquisti di immobili, ristrutturazioni edilizie, viaggi all’estero, acquisto di gioielli, ricariche di carte di credito, acquisto di polizze vita, assegno di mantenimento del coniuge, acquisto di mobili ed arredi. Un’articolata procedura distrattiva scoperta dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria di Ascoli Piceno, che per oltre un anno hanno lavorato a stretto contatto con il Procuratore Capo, Domenico Seccia, la quale, unitamente a mancati incassi di crediti da parte della società fallita, connessi alla cessione di merci e di partecipazioni societarie, ha
avuto, quale effetto, la consapevole distrazione, ovvero, comunque, la dissipazione di risorse finanziarie per oltre 12 milioni di euro. Ulteriori condotte di mala gestione sono state poi individuate anche con riferimento: – all’attività preferenziale posta in essere mediante pagamenti per un importo complessivo di altri 2,7 milioni di euro, effettuati tramite compensazione di crediti/debiti infra-Gruppo, allo scopo di favorire un’altra società rumena riconducibile ai medesimi indagati;
– alla cessione, in affitto, dell’intero complesso aziendale ad altra società, appositamente costituita, con la previsione di condizioni favorevoli per quest’ultima.