La Guardia di Finanza di Parma, a seguito di una complessa indagine economico-finanziaria avviata da circa un anno e, successivamente, coordinata e diretta dalla Procura della Repubblica di Parma, ha eseguito un provvedimento di sequestro patrimoniale per “equivalente” di circa 11 milioni di euro, emesso in via d’urgenza dalla stessa Procura, nei confronti di un’azienda parmigiana operante nel settore alimentare. Le approfondite indagini e le verifiche svolte sui bilanci aziendali nonché sulla relativa contabilità fiscale e sulla voluminosa documentazione degli atti di gestione, hanno fatto emergere, in modo inconfutabile, talune azioni perpetrate dagli amministratori pro-tempore della società: in particolare questi ultimi, attraverso artifici contabili, false attestazioni e la conseguente falsificazione di un bilancio annuale d’esercizio, erano riusciti a far apparire una situazione economico-patrimoniale talmente fiorente da indurre in errore una società di diritto pubblico (che ha finalità di sostenere e sviluppare investimenti produttivi e programmi di sviluppo di aziende italiane sane e redditizie) che erogava su richiesta dell’azienda stessa, un finanziamento di 11 milioni di euro. Tale liquidità finanziaria costituita da “denaro pubblico” veniva concessa nel settembre del 2011 grazie a un bilancio non rispondente alla reale situazione economica e finanziaria dell’azienda: in particolare, in quell’anno, gli amministratori, rinviavano a esercizi futuri costi di gestione già certi nella loro manifestazione, evitando così di far apparire una consistente perdita di esercizio. La situazione critica “latente” è poi esplosa nel 2014 quando la società si è vista costretta a ricorrere alla procedura, prevista dalla legge Fallimentare, del “concordato preventivo in continuità”, per le enormi perdite non più “occultabili”. Il reato configurato dalla Procura della Repubblica è quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, commesso dai due amministratori, ora indagati. Il sequestro mira a recuperare il “denaro pubblico” che l’azienda ha ricevuto indebitamente sotto forma di aumento del proprio capitale sociale: le concessioni di tali forme di “finanziamento pubblico” hanno lo scopo di sostenere le aziende italiane in crescita, sane e redditizie, escludendo, pertanto, “salvataggi” di realtà aziendali che acquisirebbero, così, un ingiusto vantaggio sul mercato a scapito di quelle aziende che, pur in difficoltà, rispettano le leggi e continuano, tuttavia, ad improntare i loro atti e comportamenti sull’onestà e sull’etica, sia gestionale che contabile. L’attività di polizia giudiziaria viene attuata su disposizione della Procura per ragioni di urgenza con una forma di sequestro introdotta nella legislazione nel 2013. L’azienda non verrà chiusa: il complesso dei beni aziendali (disponibilità finanziarie, quote societarie, beni mobili e immobili, ecc), sottoposti a vincolo giudiziario, verranno utilizzati e gestiti sotto il controllo di un “amministratore giudiziario” professionista del settore, appositamente nominato dalla Procura della Repubblica, al fine di garantire la continuità e lo sviluppo aziendale e sino al completo recupero, da parte dello Stato, delle somme illecitamente percepite dalla società. L’operazione di servizio si inserisce nel più ampio ambito delle funzioni demandate alla Guardia di Finanza che, quale forza di polizia economico-finanziaria, punta non solo al recupero dei tributi evasi ma anche al controllo della Spesa Pubblica e al recupero dei conseguenti illeciti impieghi di fondi pubblici.