Nel mese di luglio la Procura della Repubblica di Brescia ha delegato al Nucleo di polizia tributaria di Brescia l’effettuazione di sequestri preventivi di case, ville, garage, disponibilità finanziarie e titoli azionari, per un valore di oltre 13,5 milioni di euro, riconducibili a società di costruzioni bresciane, in esecuzione della sentenza di annullamento dell’ordinanza del Tribunale del riesame di Brescia emessa dalla Corte di Cassazione. Si premette che la misura cautelare reale è scaturita dall’indagine diretta dalla Procura della Repubblica di Brescia nei confronti di un sodalizio criminale operante da diversi anni sul territorio bresciano, dedito alla sistematica evasione dell’IVA attraverso false fatturazioni, nonché all’omesso versamento degli oneri fiscali, previdenziali e assistenziali dovuti sulle retribuzioni corrisposte a centinaia di operai impiegati sui cantieri edili di tutta Italia mediante il ricorso a illecite compensazioni con crediti tributari inesistenti. Con tale escamotage le imprese coinvolte, identificate nella Orceana Costruzioni Spa, ora in fallimento, e nella P.F.S. Costruzioni Srl, anch’essa fallita, con sede ad Orzinuovi (BS), riuscivano a essere particolarmente competitive sul mercato e falsavano le regole della concorrenza non assolvendo buona parte degli oneri dovuti all’Erario, ottenendo appalti per la costruzione di civili abitazioni all’indomani del terremoto della città de L’Aquila. A seguito di tale evento erano state avviate indagini mirate, che avevano consentito di rilevare che su società “cartiere” create ad hoc, risultate affidatarie di subappalti, andavano a gravare tutti gli oneri fiscali e contributivi relativi alle retribuzioni di operai formalmente assunti da queste ultime, ma di fatto impiegati in cantieri gestiti dall’appaltatore principale, ossia la Orceana Costruzioni Spa o la P.F.S. Costruzioni Srl. Il pagamento dei suddetti oneri avveniva tramite la compensazione con crediti tributari inesistenti, rappresentati principalmente dall’IVA generata dall’annotazione di false fatture. Nel giugno del 2013, il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Brescia, su richiesta della Procura della Repubblica di Brescia, emetteva un’ordinanza restrittiva della libertà personale nei confronti di 18 soggetti, di cui 6 in carcere. Contestualmente a tale provvedimento, veniva disposto, altresì, il sequestro di tutti i beni mobili, immobili e le disponibilità finanziarie delle persone fisiche e giuridiche coinvolte, fino a concorrenza dell’importo di quasi 18 milioni di euro. I sequestri disposti nei confronti delle società venivano annullati dal Tribunale del riesame di Brescia nel luglio del 2013 e avverso tale decisione si opponeva la Procura della Repubblica con ricorso alla Suprema Corte di Cassazione. Nel frattempo, nel mese di settembre del 2013, venivano inflitte le prime condanne, a seguito di patteggiamento della pena, per associazione per delinquere finalizzata alla commissione, tra l’altro, di reati tributari. Nel corso del complesso iter giudiziario, non ancora concluso, la Corte di Cassazione ha annullato, senza rinvio, l’ordinanza del Tribunale del riesame, accogliendo le argomentazioni della Procura della Repubblica, mentre la Corte d’Appello, chiamata a decidere, ha riconosciuto la sussistenza dell’associazione per delinquere anche per gli ultimi due imputati sottoposti a giudizio (con condanne a 6 anni di reclusione all’uno e 4 anni all’altro), in riforma di quanto statuito in prima istanza dal Tribunale ordinario di Brescia. Pertanto, alla luce dell’ultima pronuncia del giudice di legittimità, il Nucleo di polizia tributaria di Brescia ha eseguito il sequestro preventivo sopra specificato, fino all’importo complessivo di oltre 13,5 milioni di euro, valore così rideterminato dal giudice di secondo grado. Gli approfondimenti effettuati nel corso dell’indagine hanno consentito anche di segnalare all’INPS di Brescia l’indebito accumulo di contributi pari a 220 mila euro, corrispondente a 17 anni di versamenti “fittizi”, che avrebbe garantito una lauta pensione, non dovuta, a tre amministratori di fatto di società cartiere. Infine, le successive verifiche fiscali hanno permesso di accertare l’emissione e l’annotazione di fatture false per quasi 150 milioni di euro, una base imponibile sottratta alle imposte dirette e all’Irap per oltre 43 milioni di euro, un’Iva evasa pari a oltre 17 milioni di euro, crediti d’imposta indebitamente fruiti pari a 1,7 milioni di euro, nonché di far escutere ai competenti uffici finanziari fidejussioni assicurative per oltre 9 milioni di euro a salvaguardia degli interessi erariali.