ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE FINALIZZATA ALL’EVASIONE FISCALE

È in corso di esecuzione l’operazione della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Brescia, coordinata dalla locale Procura della Repubblica, che ha coinvolto 40 persone fisiche e ha portato all’adozione di misure restrittive nei confronti di 5 soggetti, ovvero 4 arresti domiciliari (per tre noti imprenditori bresciani di origine albanese, operanti nel campo della ristorazione e dell’edilizia, nonché per il loro commercialista) e 1 obbligo di dimora. Tali attività illecite hanno consentito al gruppo criminale di accumulare un patrimonio di circa 13,5 milioni di euro che i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria – Gruppo Investigazione sulla Criminalità Organizzata – hanno sottoposto a sequestro in data odierna. Più nel dettaglio, l’operazione, denominata “LAGUNA 2” prende le mosse da una precedente attività investigativa (operazione “LAGUNA”). Quest’ultima aveva consentito di individuare un’associazione per delinquere – diretta sempre dagli stessi fratelli di origine albanese – finalizzata alla commissione di svariati reati economico-finanziari. In sintesi, le società a loro riferibili riuscivano ad ottenere appalti pubblici e/o privati grazie alle indebite compensazioni con crediti inesistenti, così aumentando la propria competitività sul mercato. L’odierna “LAGUNA 2” ha consentito di scoprire che i costi estremamente competitivi dei servizi forniti dalla aziende del sodalizio non dipendevano solo dalle indebite compensazioni: quale ulteriore espediente i membri del sodalizio avevano creato una platea di soggetti emittenti fatture per operazioni inesistenti. È così emerso un vero e proprio “mondo economico piramidale” gestito su più livelli, strettamente e funzionalmente interconnessi, così di seguito sintetizzabili: un primo livello di società composto da soggetti economici formalmente riferibili ai citati fratelli di origine albanese, operanti nei settori dell’edilizia e del turismo con ristoranti ed alberghi dislocati sul lago d’Iseo. Tali società, considerati i precedenti penali degli imprenditori investigati, non potevano affacciarsi sul mercato degli appalti pubblici, con conseguente necessità di creare, ad hoc, un ulteriore livello; un secondo livello di società formalmente “pulite”, costituito dalle società “operative” intestate a prestanome, un vero e proprio schermo che consentiva di ottenere anche appalti pubblici; un terzo livello costituito dalle società c.d. “cartiere”, anche queste intestate a prestanome, serventi rispetto ai primi due livelli. Tali “cartiere” svolgevano un triplice scopo. In primo luogo, emettevano fatture per operazioni inesistenti a favore del secondo e primo livello. L’emissione di fatture false avveniva attraverso il pagamento di regolari bonifici bancari. Apparentemente, dunque, si trattava di operazioni “rituali”, ovvero di pagamenti bancari a fronte di servizi ricevuti. Tuttavia, tali pagamenti erano seguiti dalle cosiddette “monetizzazioni”: le cartiere, una volta ricevuto il bonifico, provvedevano a restituire il denaro in contanti. In secondo luogo, le società cartiere costituivano veri e propri “contenitori di manodopera”. Una volta ottenuto l’appalto pubblico e/o privato, assegnato alle società del secondo livello, veniva creata la “squadra dei lavoratori” che avrebbero dovuto materialmente eseguire le opere edili. Tali lavoratori venivano formalmente assunti dalle società cartiere. Pertanto, presso i cantieri lavoravano dipendenti formalmente assunti dalle cartiere, ma di fatto alle dipendenze del “secondo livello”. Ne derivavano veri e propri “travasi di personale”, imponenti “migrazioni di lavoratori” da una cartiera all’altra, essendo le stesse destinate alla liquidazione e/o al fallimento. Da rilevare il danno ai lavoratori, costretti, ad operare in costante condizione di precarietà. In terzo luogo, le cartiere emettevano fatture false “foraggiando” anche società non riconducibili al sodalizio criminale oggetto della presente indagine. Erano veri e propri “venditori di fatture false” a terzi soggetti. Da ultimo, di estremo rilievo è la circostanza relativa al coinvolgimento di un noto commercialista di Brescia, che gestiva la contabilità di tutte le società del “mondo economico piramidale”. Solo l’apporto di un “tecnico” poteva garantire al sistema criminale di funzionare. Conseguentemente, considerato il fondamentale ruolo svolto dal professionista, il Giudice per le indagini preliminari ha ritenuto di utilizzare la medesima misura cautelare adottata per gli imprenditori.