BLACK BEAST

Cala il sipario sull’operazione “Black beast”, l’importante indagine di polizia giudiziaria delegata dalla Procura della Repubblica di Fermo e condotta dal Gruppo della Guardia di Finanza di Fermo, attraverso la quale è stata smantellata un’agguerrita associazione criminale che controllava lo sfruttamento della prostituzione nel fermano. L’intensificazione dell’attività di ricerca, effettuata dai militari del Gruppo di Fermo sotto la direzione del Pubblico Ministero, Alessandro Piscitelli, e il coordinamento del Procuratore Capo, Domenico Seccia, ha consentito la cattura dell’ultimo dei latitanti, destinatario dell’Ordinanza di applicazione di misure cautelari in carcere emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Fermo. Il ventenne rumeno N.G.B., residente a Porto Sant’Elpidio (FM), è stato tratto in arresto presso un esercizio commerciale della stessa località, dove si trovava in compagnia di una connazionale intenta ad effettuare un trasferimento di denaro verso l’estero, operazioni frequentemente monitorate dal Corpo in un’ottica di prevenzione dell’utilizzo dei circuiti dei “Money transfer” per possibili finalità di riciclaggio di proventi illeciti e di finanziamento del terrorismo nell’ambito delle più generali prerogative del controllo economico del territorio, operativamente sviluppato anche attraverso uno specifico Dispositivo di contrasto ai traffici illeciti elaborato dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ascoli Piceno che, nella circostanza, ha conferito all’indagine un ulteriore elemento di specialità per l’insieme delle diverse soluzioni strategiche adottate. Come si ricorderà, l’indagine ha avuto una prima concretezza alla fine del mese di novembre 2016 allorquando, con un imponente blitz, era stata data esecuzione alla citata Ordinanza di applicazione di misure cautelari in carcere del G.I.P. del Tribunale di Fermo nei confronti di 5 rumeni e un italiano, una parte degli 11 componenti dell’organizzazione criminale, oggi tutti assicurati alla giustizia, che induceva giovani ragazze rumene alla prostituzione, soprattutto nel territorio del fermano e dell’elpidiense, sia in strada, sia presso le abitazioni private. Determinanti, per l’avvio delle indagini, erano state le pregresse risultanze delle attività di controllo economico del territorio condotte dallo stesso Gruppo di Fermo che, nello specifico, avevano riguardato le locazioni degli immobili nell’elpidiense e nel quartiere di “Lido Tre Archi”, un’occasione sfruttata infatti anche per monitorare i flussi finanziari dei proprietari degli immobili e di alcune inquiline dedite all’esercizio del meretricio.