I finanzieri del Comando Provinciale di Pescara, in esecuzione di una Ordinanza applicativa di misura cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Pescara – dr. Gianluca Sarandrea -, hanno posto agli arresti domiciliari tre soggetti ritenuti a capo di un’associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed alla truffa aggravata ai danni dello Stato, che ha consentito l’ingresso ovvero la permanenza illecita nel territorio nazionale, di circa 500 soggetti extracomunitari, nonché causato un danno alle casse dell’Erario per oltre 3 milioni di euro. Le indagini, coordinate da Barbara Del Bono, Sostituto Procuratore della Repubblica di Pescara e condotte dalle Fiamme Gialle della Tenenza di Popoli, hanno preso le mosse nel 2015 dagli esiti di interventi presso cantieri per ristrutturazioni post sisma ed in particolare da un controllo fiscale avviato dai finanzieri nei confronti di una ditta individuale popolese operante ufficialmente nel settore dell’edilizia. L’attività ispettiva aveva permesso di appurare che il soggetto economico, dal 2012 al 2014, era privo di sede operativa, mezzi, attrezzature e non aveva mai effettuato acquisti di materie prime necessarie alla propria attività. La ditta, inoltre, evidenziava un esponenziale quanto anomalo incremento di dipendenti, da poche decine nel 2010 ad un centinaio nel 2014, ed aveva “dimenticato” sistematicamente, negli anni, di eseguire tutti i versamenti di natura contributivo-previdenziale. Gli accertamenti venivano quindi estesi ad altre due società, riconducibili di fatto allo stesso imprenditore, D.C.S. di Popoli (PE), che evidenziavano le medesime caratteristiche: abnorme assunzione di personale, perlopiù straniero, e inconsistente struttura operativa. Le successive attività investigative, svolte anche attraverso intercettazioni telefoniche, consentivano di accertare l’esistenza di un vero e proprio sodalizio criminoso – con a capo il predetto D.C.S, un suo ex dipendente D.G.M. di Pratola Peligna (AQ), e C.A.L. di Introdacqua (AQ), una consulente fiscale e del lavoro – che almeno dal 2012, servendosi delle menzionate tre aziende, dietro pagamento di somme in contanti, predisponeva documentazione atta a giustificare fittizie assunzioni, distacchi e licenziamenti di personale. Esisteva un vero e proprio tariffario per la produzione dei documenti falsi: dai 20 ai 30 euro per una busta paga o per una certificazione unica dei redditi da lavoro dipendente, fino ai 500 euro per una fittizia assunzione. Nessun versamento, di contro, era effettuato all’Erario. Numerosi i vantaggi indebiti per i fittizi dipendenti: con il rilascio delle false buste paga potevano essere provati stabili rapporti di lavoro ai fini dell’ottenimento o rinnovo di permessi di soggiorno, o ricongiungimenti familiari. I licenziamenti ad hoc consentivano l’erogazione di indennità di disoccupazione a soggetti che in realtà erano impiegati in nero presso altre aziende. I benefici erano ottenibili anche “a distanza”, bastava pagare. In molti casi, infatti, il finto lavoratore, grazie alla complicità di qualche connazionale a conoscenza del meccanismo fraudolento, pur lavorando e vivendo in altra zona del territorio nazionale e senza mai passare dal territorio abruzzese, riusciva a farsi “assumere” dalle aziende di Popoli. Le indagini, che vedono il coinvolgimento a vario titolo di 15 responsabili indagati per associazione per delinquere, favoreggiamento all’immigrazione clandestina, falso e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, hanno provato come l’organizzazione, attraverso la fittizia documentazione prodotta, abbia consentito l’ingresso e/o la permanenza in Italia di quasi 500 soggetti extracomunitari (lavoratori e loro familiari). Gli approfondimenti investigativi, condotti in sinergia con i competenti uffici dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale al fine di ricostruire nel tempo le singole posizioni previdenziali, hanno messo in luce come siano stati 136 i lavoratori, italiani e stranieri, che hanno utilizzato la fittizia assunzione per raggiungere il limite minimo di giornate lavorative, requisito per richiedere l’indennità di disoccupazione (ASPI), oltre a beneficiare delle connesse agevolazioni, incentivi e bonus riservati al sostegno del reddito familiare, con un danno, in termini di somme indebitamente erogate, pari a circa 1.250.000 euro. A titolo cautelativo, in attesa dei necessari accertamenti, l’INPS ha inoltre provveduto a congelare la posizione di ulteriori 100 lavoratori che, a tutt’oggi, usufruiscono di medesime erogazioni per circa 500.000 euro. Le tre aziende utilizzate dal sodalizio, negli anni d’imposta oggetto di indagine, hanno omesso versamenti contributivo-previdenziali per 1.430.000 euro e IVA per 1.150.000 euro. L’azione di servizio sottolinea, ancora una volta, il costante presidio attuato sul territorio dalla Guardia di Finanza a difesa della legalità, volto a contrastare le frodi alla spesa previdenziale, in modo da garantire che le risorse pubbliche vengano effettivamente destinate a favore di coloro che ne hanno diritto.