OPERAZIONE “LAST RING”

Prima il consulente finanziario che offriva ai suoi clienti la possibilità di trasferire le aziende in crisi all’estero, dopo averle spogliate di quanto ancora fosse presente nel patrimonio, per sfuggire alle conseguenze penali del fallimento (operazione “Barqueiro”). Poi l’imprenditore rampante che acquistava le aziende emiliane in difficoltà finanziarie e le utilizzava per ottenere dalle banche la liquidità necessaria a foraggiare lusso e la bella vita, lasciando al loro destino i creditori insoddisfatti (operazione “Last Drink”). Infine, il mandante e socio occulto grazie al quale il meccanismo illecito poteva essere messo in moto, che investiva denaro per ottenere utili quasi fosse una normale impresa e non, invece, una articolata associazione a delinquere. Per comprendere appieno il significato dell’operazione che, qualche giorno fa, ha portato, nel suo ultimo atto, le Fiamme Gialle di Modena ad eseguire una ulteriore ordinanza di misura cautelare in carcere nei confronti di F.C., 38 anni di Parma, è necessario tornare indietro di un paio di anni. È nel 2015, infatti, che i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria del capoluogo geminiano, con il coordinamento del Procuratore della Repubblica, Lucia Musti, e del Pubblico Ministero, Marco Imperato, iniziano a indagare su quello che appare essere, a prima vista, il “semplice” fallimento di una società di Carpi. Analizzando attentamente la documentazione contabile e bancaria della società, tuttavia, i militari si accorgono che qualcosa non torna, tra collegamenti con soggetti esteri, consulenze di professionisti residenti oltre confine e movimenti di denaro non giustificati. Iniziano, così, approfondimenti a più ampio raggio, anche attraverso richieste di collaborazione giudiziaria alle Autorità degli altri Stati europei presso cui risultavano essere stati destinati ingenti fondi del patrimonio della fallita. È anche grazie alle informazioni trasmesse dalle Procure dei Paesi membri interessati che le Fiamme Gialle modenesi si accorgono della ricorrenza, nell’ambito di una complessa intelaiatura costituita da decine di soggetti giuridici delocalizzati all’estero, di uno specifico nominativo, quello di M.P., 56 anni di Parma ma formalmente residente in Portogallo, professionista con interessi in diverse regioni italiane e più di qualche Stato, anche oltreoceano. A lui, scoprono presto gli investigatori, fa capo una articolata associazione a delinquere divenuta, nel tempo, una vera e propria holding del crimine, alla quale altri professionisti e imprenditori italiani si rivolgono per perfezionare fittizie delocalizzazioni all’estero atte ad eludere la normativa fallimentare in danno dei creditori delle società interessate e spostare capitali dal territorio nazionale ricorrendo a fatturazioni per operazioni inesistenti. Ed è lo stesso professionista che, con il supporto dei suoi più fidati collaboratori, curava il rientro in Italia di tali somme per poi riconsegnarle in contanti agli imprenditori coinvolti, attraverso svariate movimentazioni bancarie, anche estero su estero e tra società diverse, al fine di ostacolarne la tracciabilità. Ma non immagina, M.P., che i suoi viaggi all’estero, le sue telefonate e le transazioni che dispone dal computer del suo ufficio sono costantemente tracciati ed analizzati dalle Fiamme Gialle e dalla Procura di Modena, che nel frattempo individuano anche insidiose frodi fiscali che il professionista, attraverso le sue società portoghesi, “vende” ai suoi clienti in cambio di pagamenti in nero su conti correnti sloveni. Dopo poco meno di un anno dall’avvio delle indagini, si rende quindi indispensabile attivare gli strumenti di cooperazione giudiziaria internazionale con interessamento dei collaterali organi inquirenti esteri, per il tramite del Comando Generale del Corpo – II Reparto e di Eurojust, al fine di fare luce sull’universo di strutture societarie, prestanome e rapporti finanziari asserviti all’associazione. Bastano, a questo punto, poche settimane di collaborazione internazionale per portare, nel mese di maggio 2016, all’esecuzione di n. 6 provvedimenti di custodia cautelare, di cui tre in carcere e tre ai domiciliari, nei confronti del professionista promotore dell’associazione e dei suoi più stretti sodali, oltre che all’emissione di un decreto di sequestro preventivo per equivalente di beni riconducibili ai membri dell’associazione per circa 11 milioni di euro, cui i finanzieri e la Procura danno esecuzione in Italia ed all’estero (applicando, peraltro, per la prima volta lo strumento del riconoscimento ed esecuzione dei provvedimenti di blocco e sequestro transnazionale, all’epoca appena recepito dal nostro Paese). Da segnalare, tra le altre cose, l’individuazione di un latitante ricercato da altre tre Procure della Repubblica per gravi fatti di bancarotta, tratto in arresto, anche grazie alla collaborazione di Interpol, su attivazione del citato II Reparto del Comando Generale, dalla Polizia Albanese e successivamente estradato in Italia. Siamo nella prima metà del 2016 e l’operazione “Barqueiro” (nome portoghese per indicare M.P. nel suo ruolo di “traghettatore” di società “morenti” fuori dai confini nazionali), con i suoi arresti, sequestri (tra cui n. 154 conti correnti bancari, dei quali n. 77 accesi presso Istituti di credito portoghesi e n. 4 in Spagna presso altrettante banche) e perquisizioni (oltre 40 in Portogallo, Slovenia e tra le province di Modena, Reggio Emilia, Parma, Bologna, Firenze, Milano, Bergamo, Como, Monza-Brianza, Udine, Perugia, Venezia, Padova ed Agrigento) dà avvio a quella che, oggi, può essere definita una “trilogia investigativa”. Con M.P. ancora in carcere, infatti, le Fiamme Gialle si concentrano subito sulla figura di L.P., 55 anni di Reggio Emilia ma anche lui formalmente residente a Lisbona, per comprenderne il ruolo nell’ambito di quella che sembra essere, a tutti gli effetti, un diverso (sebbene interrelato) sodalizio criminoso basato sui medesimi meccanismi illeciti. Approfondendo i rapporti d’affari intrattenuti da L.P. sul territorio modenese e sviluppando le informazioni acquisite dalle indagini tecniche, i militari della Sezione di Polizia Economica del Comando Provinciale di Modena individuano due società che, qualche tempo prima, erano passate nelle mani di nuovi proprietari ed avevano accumulato pesanti passivi, nell’ordine di circa 95 milioni di euro. L’analisi dei bilanci e della documentazione contabile porta i finanzieri a concludere che, dietro la fitta rete di prestanome e società, anche estere, beneficiarie di pagamenti delle due società fallite vi fosse la regia di L.P., che sul proprio profilo Facebook non manca mai di ostentare le frequentazioni di locali alla moda di Milano e Formentera, in compagnia di personaggi dello spettacolo, e lo stile di vita ben oltre le possibilità finanziarie ufficiali e conosciute. È il mese di luglio 2017 quando la Guardia di Finanza, coordinata dalla Autorità Giudiziaria, dà il via all’operazione “Last Drink” che porta proprio all’arresto di L.P., di tre dei suoi principali complici ed all’interdizione dall’assunzione di cariche societarie di otto indagati con le accuse di bancarotta fraudolenta, riciclaggio internazionale e reati tributari. L’operazione si svolge in diverse regioni italiane e vede impegnati oltre cento finanzieri ed unità cinofile “cash dog”. Potrebbe bastare così, ma agli investigatori manca ancora un tassello, l’ultimo anello della catena, colui che rappresenta il reale mandante delle acquisizioni societarie, il socio occulto. Nonostante il significativo risultato raggiunto con gli arresti del luglio scorso ed il contestuale azzeramento della struttura associativa, le Fiamme Gialle continuano ad approfondire i rapporti tra i componenti delle organizzazioni criminali disarticolate ed altri imprenditori, con l’obiettivo di individuare la fonte delle ingenti disponibilità finanziarie necessarie all’acquisizione delle aziende sfruttate dall’organizzazione criminale per arricchirsi. Vengono, dunque, passati al setaccio migliaia di documenti sequestrati e conti correnti, acquisite informazioni dai dipendenti di tutte le società rientranti nel perimetro dell’associazione, effettuati pedinamenti e riscontri nelle province di Reggio Emilia e Parma. Le puntuali attività di indagine coordinate dall’A.G. modenese consentono, alla fine, di individuare il parmense (ma con residenza formalmente dichiarata in Austria) F.C., 38 anni. È lui che “ispira” imprenditorialmente l’associazione, fornendo l’esperienza necessaria ad avviare e mandare a regime il meccanismo truffaldino. È sempre lui che, in cambio del suo “investimento”, si fa assegnare dagli amministratori delle società rientranti nel perimetro associativo benefit di tutto rispetto (i militari rilevano, infatti, la disponibilità, da parte di F.C., di una autovettura Bentley, imbarcazioni ed altri veicoli di lusso intestati alle società a lui riconducibili). In effetti, a F.C. l’esperienza non manca: il suo nome, infatti, compare in diversi organigrammi di società italiane ed estere, attive nei più svariati settori economici, che vanno dall’immobiliare al trasporto aereo, passando per la locazione di autovetture di lusso e barche. Proprio nel settore del trasporto aereo, lo stesso F.C. risulta Presidente di una compagnia con sede in Malta interessata dall’acquisizione delle tratte aeree da e per un aeroporto di un capoluogo di Regione del centro Italia. In nessuna Camera di Commercio, invece, il nome di F.C. è collegato alle società “spolpate” dall’associazione, da cui poi F.C. riceveva, con modalità evidentemente illecite, i profitti necessari a mantenere il suo elevatissimo tenore di vita, fatto di agi e vacanze di lusso. A conferma di ciò, l’epilogo dell’operazione “Last Ring” avviene, ad inizio del mese di dicembre, nei pressi dell’aeroporto di Bologna, dove l’indagato era pronto ad imbarcarsi su un volo business che lo avrebbe portato negli Emirati Arabi per qualche giorno di relax. Ma, al momento di lasciare l’albergo per recarsi al check-in, F.C. ha trovato ad “accoglierlo” i finanzieri di Modena che gli hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, di recente confermata nella bontà probatoria anche in sede di riesame dal Tribunale della Libertà del capoluogo emiliano. Si conclude così, per il momento, la serie di indagini (autonome ma indissolubilmente legate tra loro) con le quali, negli ultimi mesi, la Guardia di Finanza di Modena ha assestato alla criminalità economico-finanziaria emiliana un durissimo colpo. Circa due anni di indagini, 19 destinatari di misure cautelari personali, 48 indagati, 67 perquisizioni locali (in Italia e all’estero), distrazioni patrimoniali dalle aziende in dissesto per circa 35 milioni di euro, danno all’Erario per imposte non versate per 30 milioni di euro, 80.280 ore di conversazioni telefoniche captate e oltre 2.500 ore di intercettazioni telematiche testimoniano l’impegno e la consolidata sinergia operativa tra la Procura della Repubblica ed il Comando Provinciale delle Fiamme Gialle di Modena nella diuturna lotta al riciclaggio ed alla criminalità economica condotta dal Corpo in forma integrata. Comando  In tal senso, l’impegno delle Fiamme Gialle nel garantire la collettività, assicurando alla giustizia i colpevoli di gravi reati economici particolarmente dannosi per le imprese sane, vero volano dell’economia del Paese, è segno tangibile della sempre più marcata connotazione sociale che la funzione di Polizia Economico-Finanziaria del Corpo assume nella tutela dell’economia legale e del sano funzionamento del tessuto produttivo.