I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Bologna hanno eseguito un provvedimento emesso dalla Corte d’Appello di Bologna che ha disposto la confisca del patrimonio, stimato in oltre 400.000 euro, riconducibile a C.C.L. (cl. 1986), di origine calabrese, uno degli “uomini di fiducia” del noto boss della ‘Ndrangheta, Nicola Femia, condannato in via definitiva per associazione per delinquere, estorsione, intestazione fittizia di beni e frode informatica.
Il provvedimento ablativo in esame trae origine dalle attività investigative condotte dal Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria di Bologna, sotto il coordinamento della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nella persona del Procuratore Aggiunto Francesco Caleca, nell’ambito della nota opeazione “Black Monkey”, che ha fatto luce sulle modalità di infiltrazione della ‘ndrangheta nel tessuto imprenditoriale emiliano- romagnolo, nello specifico settore del gioco on-line illegale portando, recentemente, alla condanna di 23 imputati a complessivi 175 anni di pena, riconoscendo per 14 di loro la sussistenza del delitto associativo mafioso. In particolare, le investigazioni a carattere patrimoniale sviluppate dal G.I.C.O. (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) avevano consentito di acquisire concreti e solidi elementi circa il coinvolgimento del soggetto sia in azioni intimidatorie ed estorsive per il recupero dei crediti illeciti sia in ordine alla sua volontaria e consapevole intestazione fittizia di beni (fabbricati, società e autovetture) il cui reale dominus era il noto boss Nicola Femia.
Come si legge nel dispositivo, i Giudici della Corte, “ritenuto che C.C.L era uno degli uomini di fiducia della famiglia Femia nel campo del gioco online illegale e non aveva redditi fiscalmente denunciati fino al 2008, cominciando a dichiarare entrate d’impresa solo nel 2009 quando è divenuto l’apparente titolare di una ditta operante nel settore del gioco”, hanno ordinato a suo carico la confisca di un appartamento sito a Lido Adriano, in provincia di Ravenna, e di una Mercedes classe A, già sottoposti a sequestro preventivo, perché di valore sproporzionato rispetto ai redditi lecitamente percepiti. E’ venuto alla luce, in particolare, un tenore di vita del tutto incoerente rispetto alle capacità reddituali, costituendo le attività criminali del clan l’origine delle sue ricchezze possedute.
L’intervento si colloca nell’ambito della missione istituzionale della Guardia di Finanza, quale polizia economico-finanziaria volta a garantire la tutela degli operatori di mercato onesti e rispettosi delle regole, a contrasto della criminalità organizzata di stampo mafioso e ai tentativi di inquinamento dell’economia legale, distorsivi dei meccanismi di libera concorrenza.