Bologna – È fissata per martedì 18 aprile al Tribunale di Bologna la prima udienza del processo nato dall’inchiesta “Ragnatela”, condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia, dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza. Sono 17 le persone rinviate a giudizio: a dieci viene contestata l’aggravante del metodo mafioso.
L’epicentro dell’operazione è Porretta Terme, in particolare la casa di riposo Sassocardo, secondo l’accusa depredata da due persone ritenute vicine alla ‘ndrangheta, uno dei quali sarebbe legato al clan Barilari-Foschini di Crotone. Entrambi sono rinviati a giudizio, tra gli altri capi d’imputazione, per bancarotta fraudolenta, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, tentata estorsione, tutti reati aggravati dal metodo mafioso. La vicenda è stata raccontata da Libera Bologna attraverso l’inchiesta Ipossia Montana, realizzata grazie al Premio Roberto Morrione e presentata in città durante l’ultima edizione del festival F.I.L.I, a dicembre scorso. Proprio partendo dalla vicenda della casa di riposo Sassocardo e raccogliendo le segnalazioni dei cittadini, Libera Bologna aveva focalizzato l’attenzione su uno degli indagati dell’inchiesta “Ragnatela”, oggi rinviato a giudizio per tentata estorsione pluriaggravata dal metodo mafioso, gestore di un’attività di ristorazione nel parco del Dopolavoro Ferroviario, in via Serlio. Ne è nata una seconda videoinchiesta, presentata sempre a F.I.L.I l’inverno scorso, dedicata proprio al parco del Dlf, che oggi esce in una nuova versione, approfondita e ampliata, che sarà presentata lunedì 17 aprile alle 18.30 al Centro sociale Montanari, in via di Saliceto 3/21: assieme agli autori, Andrea Giagnorio e Sofia Nardacchione, parteciperanno anche Federica Mazzoni, presidente del quartiere Navile, e Luisa Guidone, assessora alla legalità democratica del Comune di Bologna.
“Dopo diversi anni – dichiarano Andrea Giagnorio e Sofia Nardacchione di Libera Bologna – a Bologna si celebra un nuovo processo di mafia, e attraverso la vicenda che ha fatto scaturire l’inchiesta intravediamo una rete oscura che si muove e tenta di radicarsi. Il gestore di un’attività al Dlf di cui parlammo nella prima videoinchiesta dedicata a quell’area, va a processo con l’accusa di tentata estorsione pluriaggravata dal metodo mafioso per un pestaggio avvenuto nel settembre del 2016 proprio nel Parco del Dopolavoro Ferroviario di Bologna. Quella persona gestisce diverse attività a Bologna e non solo: ha un locale sulla Darsena a Ravenna, due locali in via San Mamolo a Bologna e uno nuovissimo in via degli Orefici, a due passi da Piazza Maggiore. È opportuno seguire il processo in cui questa persona è coinvolta per il grave reato di cui è accusato e per i legami inquietanti tra gli imputati e personaggi di spicco della criminalità organizzata, a partire da Luigi Muto, condannato nel maxiprocesso Aemilia. Non solo: è da seguire con grande attenzione anche perché dalle carte della Procura emergerebbero le tipiche modalità di infiltrazione in Regione calate in questo caso sulla città di Bologna e la sua area metropolitana”.