“Siamo di fronte alla più grande operazione mai realizzata contro i clan mafiosi dei Nebrodi. Per anni l’Unione europea ha di fatto versato 10 milioni di euro di contributi per l’agricoltura nelle tasche dei boss siciliani dei Nebrodi senza che nessuno abbia mosso un dito”.
A dichiararlo è l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Ignazio Corrao a proposito della maxi operazione coordinata dalla DDA di Messina, dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza che ha dato un colpo durissimo alla mafia dei pascoli in Sicilia. “E’ inquietante come in tutti questi anni – spiega Corrao – i soldi europei della PAC abbiano alimentato nel silenzio le attività criminali delle famiglie malavitose nebroidee o anche dei condannati per omicidio.
E poi dell’organizzazione farebbero parte i classici insospettabili, fino alle menti più raffinate, ovvero le ‘intelligenze’ dei funzionari AGEA, dei centri di assistenza agricola, che hanno oliato il sistema avendo le chiavi di accesso al sistema informatico. E di mezzo ci sarebbe pure un notaio, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, che avrebbe fatto falsi atti per far risultare acquisiti per usucapione una serie di terreni la cui titolarità serviva alle famiglie mafiose per chiedere i contributi Ue.
Ho chiesto dunque alla Commissione come intende affrontare una questione che è innegabilmente europea, ma gestita in ambito UE con superficialità e probabilmente scarsa competenza. Basti pensare che negli altri paesi membri non si è in grado neanche di riconoscere e affrontare il problema mafia, figuriamoci la sua declinazione più moderna, dinamica, sommersa e inafferrabile che è la mafia della PAC”.
“Per questo – conclude l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle – ho proposto alla Commissione di inaugurare una nuova e rivoluzionaria stagione di collaborazione tra le istituzioni europee e i protagonisti della lotta ai mafiosi della Pac in Italia, attraverso audizioni e task force per la stesura di una strategia comune di lotta alla mafia rurale, a partire dal lavoro apripista di Giuseppe Antoci”.