Milano – Alle prime luci dell’alba è stata data esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP presso il Tribunale di Milano nei confronti di diciotto cittadini italiani (dieci in carcere e otto agli arresti domiciliari) per associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, frode fiscale, autoriciclaggio, usura ed estorsione.
Le operazioni si sono svolte contemporaneamente in Lombardia, Liguria ed Emilia- Romagna, anche per l’esecuzione di un decreto di sequestro preventivo per equivalente per oltre 120.000 euro e delle quote di società utilizzate per le attività illecite. Nel corso delle numerose perquisizioni, tuttora in corso, sono stati rinvenuti beni di valore ed armi illegalmente detenute.
I provvedimenti emessi dal GIP costituiscono lo sviluppo di una complessa attività investigativa, convenzionalmente denominata “Cardine – Metal Money”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano e condotta dai Nuclei di Polizia Economico- Finanziaria (G.I.C.O.) di Milano e di Lecco e dalla Squadra Mobile della Questura di Lecco L’attività investigativa ha consentito di ricostruire l’esistenza di un sodalizio mafioso operante nella zona di Lecco e capeggiato da un noto soggetto, già condannato per 416 bis c.p. sia nell’ambito dell’operazione “La notte dei fiori di San Vito” di metà degli anni ’90, sia nell’operazione “Infinito” del 2010, e che si ritiene tuttora esponente di spicco della ‘ndrangheta lombarda.
Le indagini tecniche hanno consentito di riscontrare che il predetto, una volta cessata di scontare l’ultima condanna per 416 bis c.p., ha ripreso i contatti e rivitalizzato il sodalizio mafioso, non solo attraverso autonome condotte criminali ma anche ricevendo presso il suo ufficio all’interno di un negozio sito nella Brianza lecchese altri esponenti della ‘ndrangheta – per dirimere controversie, concordare nuove strategie ed eludere i controlli dell’A.G. – ed imprenditori locali, sia per l’erogazione di prestiti a tassi usurari sia per organizzare il reinvestimento dei proventi delle attività illecite nell’economia legale.
Strettamente legati al principale indagato, e ritenuti affiliati al sodalizio mafioso, sono emersi altri soggetti (di cui uno a sua svolta condannato nell’operazione “Oversize” quale affiliato di spicco della Locale di ‘ndrangheta di Lecco, storicamente facente capo ad una famiglia egemone sul territorio fin dagli anni ’60 e che rivendicava con orgoglio l’appartenenza alla “famiglia” criminale), che lo hanno coadiuvato nelle attività di recupero crediti attuate anche con modalità violente ed intimidatorie.
Sempre il principale indagato ha poi costituito ed organizzato, con gli altri sodali destinatari dell’ordinanza cautelare, un’associazione dedita ad un’imponente attività di traffico illecito di rifiuti posta in essere attraverso imprese operanti nel settore del commercio di metalli ferrosi e non ferrosi, con una illecita movimentazione (attraverso l’alterazione dei documenti di trasporto e dei formulari di identificazione dei rifiuti – F.I.R.) di oltre 10.000 tonnellate di rifiuti, ed attuata anche attraverso l’utilizzo di una fitta rete di società “cartiere” che hanno annotato fatture false per circa 7 milioni di euro.
Il denaro necessario per gli acquisti “in nero” del materiale ferroso proveniva da provviste su conti correnti intestati a prestanome e prelevate quotidianamente presso sportelli bancari e postali, per circa 30 milioni di euro in un triennio.
Nel corso delle attività è stato sottoposto a sequestro anche un pericoloso carico di rifiuti radioattivi, composto da 16 tonnellate di rame trinciato, proveniente dalla provincia di Bergamo, bloccato dalla Polizia Stradale di Brescia nel maggio 2018.
Gli accertamenti hanno permesso poi di riscontrare come i proventi illeciti siano stati riciclati, oltre che a diretto beneficio dei sodali, anche per la costituzione di nuove attività imprenditoriali operanti nel commercio di autovetture e nella ristorazione, nonché nella gestione di rifiuti, ovvero impiegati quale provvista di denaro per erogare abusivamente finanziamenti, anche a tassi di interesse usurari, per un ammontare superiore ad un milione di euro.
L’attività investigativa ha infine consentito di ricostruire i singoli episodi di usura, in danno di almeno 8 persone versanti in condizioni di difficoltà economiche, tra cui diversi imprenditori lombardi, di quantificare in circa 750.000 euro il capitale erogato con tassi di interesse fino al 40 per cento annuo nonché di disvelare la commissione di gravi condotte estorsive finalizzate al recupero delle somme oggetto delle illecite dazioni, perpetrate anche attraverso minacce di morte e con l’utilizzo di armi da fuoco.