“Quando parli con un cliente devi per prima cosa farlo partire, guidandolo da dove si trova, sino a farlo giungere a Milano oppure a Ventimiglia, poi dopo gli puoi chiedere in quale città vuole andare, e infine gli dici il prezzo. Così hai la certezza di poter trovare un accordo”. Questa la strategia applicata da un gruppo di criminali specializzati nella tratta di esseri umani, per “convincere” i migranti clandestini a servirsi delle loro prestazioni.
I poliziotti della Squadra mobile di Catania hanno concluso l’ultima fase dell’indagine denominata “Landayà”, che ha portato in carcere 18 persone accusate di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, aggravata dall’aver agito in più di dieci persone, e dei reati-fine di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, pluriaggravati dall’avere agito in più di tre persone in concorso tra loro, di avere commesso il fatto al fine di trarne profitto anche indiretto e dalla transnazionalità.
L’attività investigativa ha preso il via dalla vicenda relativa ad una ragazza minorenne non accompagnata arrivata al porto di Augusta nel gennaio del 2021 e collocata in una struttura nella zona di Catania. La ragazza voleva raggiungere la Francia seguendo le indicazioni ricevute in Libia prima della partenza, da una donna che l’aveva avvicinata consigliandole di rivolgersi al fratello, il quale l’avrebbe sicuramente aiutata ad arrivare a destinazione passando attraverso l’Italia. E così era avvenuto dopo che la ragazza era stata fatta fuggire diverse volte dalle strutture per minori che la ospitavano.
L’indagine ha fatto luce sull’organizzazione criminale, composta da cittadini guineani e ivoriani, che si era occupata del trasferimento della ragazza. Strutturata con più cellule operative in Africa (Libia, Guinea, Costa d’Avorio, Tunisia e Marocco), in Italia (Genova, Torino, Asti, Cuneo e Ventimiglia) e in Francia, aveva costi variabili a seconda della tratta coperta. Il costo oscillava da circa 200 euro per il semplice passaggio del confine, e poteva arrivare a 1.200 per viaggi più lunghi.
I criminali erano in grado di garantire al migrante la realizzazione del progetto migratorio nella sua interezza, dal paese di origine a quello di destinazione, attraverso paesi di mero transito. Veniva pattuito il pagamento di un prezzo per ogni tappa del viaggio, corrisposto alle diverse persone incaricate di curare la singola tratta, utilizzando allo scopo treni e macchine (più raramente sentieri di montagna).
Venivano offerti anche tutti i servizi necessari allo “sconfinamento”: dall’organizzazione dello spostamento del migrante dal centro di accoglienza fino al passaggio dei confini, la fornitura eventuale di documenti falsi (anche di tipo sanitario quali falsi green pass, falsi esiti del test Covid-19 e patenti di guida), la presa in carico del migrante una volta raggiunto sul luogo in prossimità del confine, l’offerta di ospitalità nelle more, comprensiva di vitto ed alloggio, la reiterazione dei tentativi di sconfinamento, la presa in carico ad opera di altri membri una volta raggiunta la Francia.
In Italia l’organizzazione aveva tre cellule, una a Torino e Asti, le altre due in Liguria, a Genova e Ventimiglia.
Dalle intercettazioni è emerso anche che i criminali in alcuni casi, oltre al pagamento in denaro, ottenevano anche prestazioni sessuali dalle ragazze più avvenenti, anche quando viaggiavano con figli minori.
In alcune occasioni sono emerse movimentazioni illecite di bambini in tenera età, accompagnati dalle madri e talvolta da esse momentaneamente affidati ad un componente del gruppo criminale.