Perugia – I finanzieri del Comando Provinciale di Perugia hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari degli arresti domiciliari, emessa dal G.I.P. del Tribunale del capoluogo umbro, nei confronti dell’ex amministratore di una SPA con sede in Città di Castello (PG), interamente a capitale pubblico ed attualmente direttore generale di una società mista a capitale pubblico e privato e dell’amministratore di una SRL con sede in Perugia, società tutte operanti nel settore del trasporto e della raccolta di rifiuti urbani.
Come è capitato in altre occasioni, l’indagine ha preso avvio da una denuncia anonima, particolarmente dettagliata ed informata, evidentemente proveniente da soggetto a diretta conoscenza delle vicende riguardanti gli appalti nel settore dei rifiuti, che non aveva avuto probabilmente il coraggio di esporsi pubblicamente.
Nell’atto, trasmesso sia a questo ufficio giudiziario sia alla guardia di finanza, si riferiva in modo abbastanza preciso di rapporti di natura corruttiva tra società operanti nel citato settore di pubblica utilità e la società pubblica di cui erano soci gran parte dei comuni della zona di città di Castello e si prospettava la corresponsione di “tangenti” in cambio di acquisti o “commesse”.
Ovviamente l’anonimo, processualmente assolutamente inutilizzabile, ha rappresentato solo lo spunto per l’avvio di attività investigative che in una prima fase si è concentrata sull’attività dell’ex amministratore unico della società pubblica.
Dai primi accertamenti emergeva, in particolare, come il predetto, a latere della sua attività nella società, svolgesse attività di consulenze, particolarmente ben retribuite, a favore di società private che ricevevano appalti e commesse dalla società pubblica.
L’amministratore in questione pur essendo molto ben inserito nel tessuto politico, sociale ed economico della zona di Città di Castello, vantando frequentazioni con numerosi esponenti della politica locale ma anche in vari contesti ed organizzazioni non solo locali, ed avendo un tenore di vita particolarmente alto, non aveva alcuno specifico titolo di studio che gli consentisse di svolgere attività di consulenza che, del resto, non faceva per nessun altro che non fossero i clienti della società pubblica.
Le approfondite indagini, – delegate da questo ufficio al Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Perugia ed esperiti anche attraverso l’esecuzione di mirate attività intercettive e di articolate analisi della documentazione e dei cellulari acquisiti nel corso delle perquisizioni – hanno fatto emergere che l’amministratore della predetta società pubblica aveva ricevuto somme di denaro per oltre 750.000 euro, per consulenze fatturate ma che non vi erano mai state effettivamente e che secondo la prospettazione dell’accusa sarebbero la remunerazione per la messa a disposizione delle proprie funzioni; per tale ragione oltre alla contestazione di corruzione sono contestate le fattispecie di emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti.
A fronte dell’indebito pagamento, l’ex amministratore della società pubblica, da considerarsi incaricato di pubblico servizio, aveva, secondo la tesi dell’accusa, agevolato la partecipazione e l’aggiudicazione alla citata società con sede in Perugia del bando di gara per l’affidamento in concessione del servizio pubblico locale di gestione integrata dei rifiuti urbani per i comuni dell’Alta Valle del Tevere.
Più nel dettaglio, l’appalto in questione era stato promosso dall’A.T.I. 1 (Ambito territoriale integrato 1), ed aveva ad oggetto l’affidamento in concessione del servizio pubblico locale di gestione integrata dei rifiuti urbani nei territori dei Comuni di Citerna, Città di Castello, Costacciaro, Fossato di Vico, Gualdo Tadino, Gubbio, Lisciano Niccone, Monte Santa Maria Tiberina, Montone, Pietralunga, San Giustino, Scheggia e Pascelupo, Sigillo ed Umbertide, per un periodo di 15 anni a decorrere dal 2023 e per un importo complessivo particolarmente ingente, di oltre 350 milioni di euro.
Scambi corruttivi sono stati ritenuti integrati in relazione ad un’ulteriore vicenda, laddove il medesimo amministratore pro tempore della Spa aveva selezionato, in violazione del principio di rotazione degli appalti (c.d. “sottosoglia” comunitaria), una S.r.l. anch’essa con sede in Città di Castello ed esercente l’attività di “lavori di meccanica generale”, quale ditta fornitrice di cestini per rifiuti.
L’importo della commessa, in questo caso era di circa 300 mila euro e, quale contropartita, il citato amministratore avrebbe ricevuto circa 36 mila euro, quale compenso di prestazioni di consulenza non eseguite e fatturate attraverso fittizia documentazione fiscale.
A seguito di richiesta di misura cautelare personale avanzata da questo ufficio, in data 19 settembre 2024, in aderenza a quanto disciplinato dalla Legge 9 agosto 2024 n. 114 c.d. “Legge Nordio”, il G.i.p. di Perugia ha effettuato l’interrogatorio preventivo degli indagati all’esito del quale, ritenendo “concreto il pericolo di reiterazione del reato”, ha disposto l’adozione della misura cautelare domiciliare nei confronti dei due amministratori, condividendo la ricostruzione della vicenda prospettata dall’ufficio.
Nel lungo e particolarmente dettagliato provvedimento il Gip ha , fra l’altro evidenziato come sia “evidente che le somme corrisposte a … in virtù di consulenze delle quali di fatto non vi è prova, se si esclude qualche “ok” e qualche riga, a lui affidate da … abbiano in realtà sotteso lo scopo di favorire la partecipazione e l’aggiudicazione della procedura di gara, assicurando a … un ruolo preponderante nel panorama regionale della gestione dei rifiuti, adesso e in prospettiva, e nell’assicurare a … lauti guadagni, il mantenimento di un ruolo di prestigio, e una sicurezza economica per i prossimi 15 anni”.
Originariamente la richiesta di misura cautelare era stata richiesta anche per un terzo soggetto, amministratore della citata S.r.l. con sede in Città di Castello e fornitrice dei cestini per i rifiuti, ma a seguito dell’interrogatorio preventivo, avendo l’indagato dimostrato di aver dismesso le cariche sociali ed avendo anticipato la volontà di definire il procedimento con riti alternativi, l’ufficio ha rinunciato alla richiesta cautelare.