Il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bari ha eseguito un’ordinanza applicativa di 8 misure cautelari personali – emessa, su richiesta della Procura della Repubblica di Bari, dal G.I.P. del locale Tribunale – nei confronti di imprenditori, professionisti ed ex vertici di un noto istituto bancario barese, indagati, a vario titolo, per i reati di bancarotta concordataria e fallimentare aggravata, riciclaggio e autoriciclaggio, commessi nel periodo dal 2016 al 2019.
L’ordinanza cautelare costituisce l’epilogo di articolate e complesse indagini effettuate dal Nucleo PEF di Bari, a seguito della richiesta di ammissione al concordato preventivo avanzata da F. S.p.A. e M.G. S.p.A., società dichiarate fallite dal Tribunale di Bari in data 25.09.2019 su richiesta della predetta Procura.
Nello specifico, sono state contestate agli indagati plurime operazioni societarie “straordinarie” poste in essere in epoca antecedente e prossima al verificarsi dello stato di insolvenza al fine di “distrarre” o “dissipare” beni immobili e compendi aziendali di rilevante pregio facenti parte del patrimonio delle imprese F. S.p.A. e M.G. S.p.A., il cui valore economico è stato stimato in 93 milioni di euro.
Tali condotte sono state poste in essere con il coinvolgimento di compiacenti imprenditori e professionisti e con il determinante concorso degli ex vertici dell’istituto bancario barese (attualmente commissariato) i quali hanno:
– reiterato nel tempo la concessione di linee di credito, finanziamenti e sconfinamenti di conto corrente in favore delle società facenti parte del gruppo F./M., pur nella consapevolezza del loro stato di dissesto finanziario e della loro incapacità di adempiere alle obbligazioni assunte;
– agevolato ed incentivato la distrazione di importanti asset dal patrimonio del gruppo F./M. verso società terze, concedendo a queste ultime i finanziamenti necessari al perfezionamento delle relative compravendite.
A due degli indagati sono stati, altresì, contestati i reati di autoriciclaggio e, per uno di questi, anche il reato di riciclaggio, essendo state accertate, in almeno due circostanze, condotte poste in essere sui beni distratti dalla massa fallimentare finalizzate ad impedirne l’individuazione della provenienza delittuosa. Detti beni, per lo più compendi aziendali – dopo essere stati sottratti al patrimonio delle fallite – sono stati trasferiti a soggetti giuridici appositamente costituiti dagli stessi indagati al fine di preservarli da possibili aggressioni dei creditori ovvero in favore di società terze allo scopo di monetizzarne il relativo valore.
L’analisi sulla documentazione acquisita presso le sedi delle imprese coinvolte in tali operazioni, nonché le attività tecniche di captazione di comunicazioni telefoniche e di analisi forense sui computer e server aziendali hanno condotto alla individuazione delle seguenti operazioni societarie aventi finalità distrattive o dissipative:
– simulato conferimento da parte della fallita M.G. S.p.A., al fine di occultare il proprio stato di insolvenza, del 100% delle quote societarie delle controllate L.S. S.r.l. (anch’essa fallita in data 11/11/2019) e A.I. S.r.l. (per la quale pende istanza di fallimento) – entrambe fortemente indebitate verso la banca barese – in un fondo di investimento estero, con sede in Gibilterra, di fatto riconducibile a uno degli indagati, a fronte della ricezione di quote dello stesso fondo del valore nominale di 20 milioni di euro. In tale contesto, M.G. S.p.A. ha anche dismesso alcuni immobili di rilevante valore, quali un albergo e un polo logistico in provincia di Bari, ceduti a società terze per 22 milioni di euro il primo e, per 4.7 milioni di euro, il secondo;
– dismissione, da parte della fallita F. S.p.A. di un prestigioso palazzo storico sito in Roma in favore della R.T. S.r.l., società controllata dalla L.R.E. S.p.A., facente parte di un rilevante gruppo societario fiorentino, al prezzo di 40 milioni di euro. Dalle indagini è emerso che tale cessione era stata promossa dal medesimo istituto bancario barese (nei cui confronti il gruppo F./M. aveva un’esposizione debitoria di oltre 160 milioni di euro), che, in accordo con le parti, ha incassato parte del prezzo corrisposto dalla società venditrice al fine di ridurre il debito che la fallita F. S.p.A. aveva nei confronti della medesima banca. Inoltre, al fine di incentivare tale operazione, l’istituto bancario barese ha finanziato la società acquirente per un importo pari all’intero prezzo di cessione. Le attività investigative hanno, inoltre, disvelato l’esistenza di un accordo occulto finalizzato a consentire al rappresentante legale della F. S.p.A. di ottenere un surplus del prezzo della cessione sotto forma di “partecipazione” al capitale sociale della L.R.E. S.p.A. del valore di 2 milioni di euro;
– dismissione della partecipazione posseduta dalla M.G. S.p.A. nella C. S.p.A. (società attiva nel settore dei servizi alle imprese), in favore della M.I. S.r.l., società di cui uno stretto parente del rappresentante legale della M.G. S.p.A. deteneva il 50% delle quote, al prezzo sottostimato di 4,5 milioni di euro e con una vantaggiosa dilazione trentennale del pagamento del prezzo senza interessi. Nel corso del 2019, il citato familiare riciclava la propria quota del capitale sociale di M.I. S.r.l. cedendola ad un soggetto terzo al prezzo di 1,2 milioni di euro;
– dismissione da parte della F. S.p.A. del 100% delle quote della S. S.r.l – società titolare di prestigiosi alberghi siti a Monopoli (BA), nonché gestore di un noto complesso turistico a Polignano a Mare (BA) – alla S.E. S.r.l. (società sempre riconducibile al parente stretto del rappresentante legale della F. S.p.A.) al prezzo sottostimato di 2 milioni di euro da corrispondersi, anche in questo caso, con una dilazione decennale e senza interessi. Il citato prezzo di vendita è stato determinato sulla base di una perizia redatta da un compiacente commercialista riportante un valore inferiore al reale.
Peraltro, il trasferimento delle quote della S. S.r.l. alla S.E. S.r.l. – in quanto posto in essere al fine di ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del cespite ceduto, profitto del reato di bancarotta fallimentare – ha integrato una tipica ipotesi di autoriciclaggio.