A Palazzo Branciforte Renzo e Carlo Piano, cercatori di bellezza. Doppia presentazione sabato 6 novembre alle 11, tra il sogno di una città perfetta e il cantiere di Genova

Doppia presentazione sabato 6 novembre alle 11, fra il sogno di una città perfetta e il cantiere di Genova…

Due libri scritti da uno fra i maggiori architetti del panorama contemporaneo internazionale e da un giornalista, uno che per costruire ha scelto le parole.  Sono cercatori di bellezza, ognuno a suo modo, Renzo e Carlo Piano, padre e figlio, che sabato 6 novembre alle 11 presenteranno a Palazzo Branciforte (largo Gae Aulenti, 2) i loro ultimi libri.
Tra Genova e Itaca, parla di percorsi sulle tracce della città perfetta il libro  “Atlantide. Viaggio alla ricerca della bellezza” (Feltrinelli), scritto insieme da padre e figlio; racconta invece la storia collettiva del cantiere della ricostruzione del ponte di Genova “Il cantiere di Berto” di Carlo Piano (Edizioni e/o).
Una presentazione doppia, a cui parteciperanno i due autori insieme a Elisabetta Di Stefano e con la moderazione di Davide Camarrone.
L’iniziativa, ospitata da Fondazione Sicilia, nasce in collaborazione con Fdr Architetti di Agostino Danilo Reale e Arteventi di Stefania Morici.

 

“Fin dal suo restauro, Palazzo Branciforte ha sempre avuto un rapporto molto stretto con l’architettura, e con quella ricerca di un bello che a volte si fatica a trovare. Da maestri come Renzo e Carlo Piano, ciascuno nel proprio campo di pertinenza – afferma il Presidente di Fondazione Sicilia, Raffaele Bonsignore – viene fuori una lezione importante: come, a volte, la bellezza possa nascondersi perfino in un cantiere, nella volontà degli uomini di ricostruire”.

Quello di sabato sarà anche, per Fondazione Sicilia, un ritorno alle presentazioni in presenza dopo i mesi di lockdown: un modo di ricostruire rapporti e di riallacciare relazioni. Di cercare bellezza, anche in questo caso.

 

 

Atlantide, di Renzo e Carlo Piano – Feltrinelli

(dal sito www.feltrinellieditore.it)

 

Da Genova a Itaca, un viaggio intimo alla ricerca della città perfetta e una riflessione sul senso del costruire. “Ci vuole un’intera vita, anche lunga se ti riesce, per imparare, capire, raccogliere tutto assieme. Magari per fare un edificio in cui mettere i desideri della gente, l’invenzione del costruttore e la poesia degli spazi. E, per poterlo fare, bisogna aver conosciuto tanta gente, aver camminato per molti luoghi in silenzio. Bisogna aver viaggiato, sofferto, letto tante pagine, aver avuto molti amici e forse aver rubato loro qualche idea.”
Comincia un giorno di fine estate al porto di Genova (latitudine 44°25’35” Nord, longitudine 8°54’54” Est), a pochi passi dallo studio di Punta Nave, il lungo viaggio per mare di Renzo Piano e suo figlio Carlo. A guidarli è un desiderio ancestrale, come molti esploratori prima di loro: salpare e prendere il largo alla ricerca di Atlantide. Atlantide è la città perfetta, perché ospita una società perfetta. Questa è la sua bellezza, preziosa e inafferrabile.
Renzo Piano, con gli occhi di chi sa misurare la terra ma anche le infinite geometrie del mare, ritorna nei luoghi in cui ha costruito le sue opere, tasselli nella ricerca infinita e necessaria della perfezione. Naviga con suo figlio nel mezzo del Pacifico, sulle rive del Tamigi e della Senna, raggiunge Atene, il Golden Gate Park di San Francisco e la Baia di Osaka. Cercando la bellezza, trova l’imperfezione che ogni progetto porta con sé. Allora non resta che continuare il viaggio.

 

 

Il cantiere di Berto, di Carlo Piano – Edizioni e/o

Dal sito www.edizionieo.it

 

Una corsa contro il tempo per ricostruire il ponte crollato a Genova, un amore che si affaccia quando i capelli stingono nel bianco. E un cane che non ha nome. Ci vuole coraggio per decidere il nome di un cane. Ci vuole tanto coraggio anche per sfiorare le labbra di una donna, quando se ne è dimenticata la dolcezza. La vita di Berto, professione geometra, enigmista per passione e tante altre cose, sta per cambiare. Questo, almeno, lui spera.

Sono i mesi frenetici del grande cantiere sul Polcevera, dove tra le macerie germinano come steli le diciotto pile che sorreggeranno il nuovo ponte. I riflettori sono puntati su Genova, governanti d’ogni casta sfilano in passerella, la gente si assiepa davanti al recinto per assaporare la rinascita del viadotto. C’è bisogno di riscatto. Si chiamerà Genova-San Giorgio, ma ancora nessuno lo sa. Neppure l’architetto di chiara fama che l’ha disegnato. C’è una ferita da rimarginare, quella della fiducia smarrita nella tragedia. L’ha smarrita anche Berto, assieme a tanti altri, in una mattinata burrascosa di mezza estate. Sembrava autunno inoltrato, ma era la vigilia di Ferragosto.

Sul greto del torrente Polcevera c’è da compiere un’impresa per riparare il torto. Tra i mille operai di questo cantiere, di questo luogo sospeso tra dolore e speranza, ci lavora anche lui: Berto fa il caposquadra e non è un mestiere comodo. Ci vuole sangue freddo e anche un po’ di incoscienza ad arrampicarsi sui casseri rampanti a quaranta e passa metri d’altezza, soprattutto se la pancetta fa da zavorra e gli anni corrono a velocità bastarda.

I politici smaniano per tagliare il nastro, la magistratura indaga sulle colpe del disastro, i parenti delle vittime invocano giustizia, la società che aveva in gestione il vecchio viadotto resiste agli assalti trincerandosi dietro legioni d’avvocati. Il governo traccheggia sulle decisioni da prendere e la gente di Certosa, e non solo quella, si scopre sgomenta. Berto sente sfuggire le ultime occasioni e sa che non torneranno indietro.

Ci vuole coraggio a decidere. E lui deve scovarlo per evitare lo scempio: del ponte, dell’amore, del suo cagnaccio e della vita stessa.