Il Festival del cinema di Cefalù dedica una settimana al cinema africano. Sono 125 i film che arrivano dall’Africa che quest’anno partecipano all’importante Festival cefaludese. Da oggi 27 maggio fino al 3 giugno il festival guarda questi film che vogliono far conoscere la vita del continente africano direttamente dalla viva voce di chi vi abita e di chi come regista è impegnato nel raccontare con la cinepresa le loro storie per farle conoscere al mondo intero.
I 125 film affrontano i temi caldi della cultura africana ma soprattutto puntano la loro attenzione sulla condizione della donna vittima di soprusi e violenze che tante volte è costretta a vivere nel mondo della prostituzione. Tra i film in gara alcuni meritano una particolare attenzione.
Il regista tunisino Akram Moncer racconta la storia delle donne della città di Oudhref, nel nord del Governatorato di Gabes, che lottano dietro i loro telai per dimostrare la loro esistenza e unicità. Le donne di Oudhref sono l’incarnazione dell’arte e della memoria. Il regista algerino Atia Bellal racconta la storia di una giovane ragazza algerina vittima di violenza vittima di una società che riduce l’onore di una donna alla sua verginità. Dall’Uganda arriva la storia di due ragazze in cerca di lavoro che vengono imbrogliate e trafficate in un altro paese per prostituirsi. La racconta il regista Ssemwezi Derrick che è direttore di un movimento teatrale denominato “Rafiki Theatre Company”.
Il film dell’egiziano Curtis Ryan Woodside racconta l’oasi di Fayoum che è uno dei luoghi più magici dell’Egitto che per migliaia di anni ha ospitato contadini, vasai, nomadi e faraoni. Il film esplora templi di 4000 anni, protetti da bestie feroci, con misteriose camere sotterranee. Ci sono poi le “storie di Ikinji” della regista egiziana Marwa Ali Elsharkawi che fa conoscere l’ultima generazione di beduini liberi da ogni manifestazione della tecnologia moderna. Due donne raccontano le loro emozionanti storie nella regione di King Mariout che è una delle aree beduine più antiche del mondo arabo. Dal Senegal invece arriva la storia del Popolo dell’acqua: i Lebous. A il regista Hamidou Djigo. I Lebous si concentrano si concentrano principalmente a Dakar (penisola di Capo Verde) e lungo la costa. Dal Ruanda, infine, la storia degli artisti che da quando è iniziata nel 2015 la guerra civile in Burundi hanno dovuto lasciare il loro paese e ora sono costretti a esibirsi oltre il confine a Kigali. A raccontarla il regista Faysal Cyuzuzo Mutesa.