Chiude tra gli applausi “La polis delle arti 3” Dino Rubino e Francesco Cafiso ospiti della Orchestra per la pace e l’inclusione della Parini

Catania – La bella mattinata di sole, tanto auspicata dopo il maltempo di ieri, ha accresciuto nel centinaio di allievi-musicisti dell’Orchestra per la pace e l’inclusione dell’Istituto comprensivo “Giuseppe Parini” di Catania la gioia e l’entusiasmo per far parte del concerto finale, sul sagrato di San Nicolò l’Arena in piazza Dante, del progetto “La polis delle arti 3, un percorso musicale alle periferie della cultura” realizzato dall’Associazione Darshan, in collaborazione con Algos, per “Palcoscenico Catania – La bellezza senza confini” il progetto del Comune di Catania per la diffusione culturale nelle periferie e nei centri storici più problematici.

Chi canta, chi suona, i ragazzi delle tre classi della secondaria di primo grado della scuola, con un sensibilità spiccata di fronte all’importanza dell’evento pubblico hanno manifestato al loro direttore d’orchestra Giuseppe Privitera – sul palco di San Nicolò l’Arena nel doppio ruolo di docente di musica della scuola e socio di Algos, l’associazione che ha curato con Darshan l’evento – tutta la maturità necessaria, nonostante la giovane età, per far sì che il pubblico presente in piazza Dante apprezzasse la performance.

Grazie all’input della dirigente scolastica Carmela Trovato, è la terza volta che la scuola Parini partecipa a questo tipo di iniziative che quest’anno è stata realizzata grazie al contributo dei docenti dell’indirizzo musicale Cinzia Condorelli, Maurizio Barrica, Davide Santonocito (che ha suonato alla batteria), Giuseppe Fucile (che ha suonato live il clarinetto) e Giovanni Nicosia. Privitera ha chiamato sul sagrato anche Lella Di Pietro, tutor del progetto per la Scuola Parini, la vice preside Irene Cacciola che ha sottolineato «il senso di responsabilità dei ragazzi coinvolti» e la docente di matematica Nunzia Nicolosi che ha rimarcato come i ragazzi siano «fenomenali».
Metti poi che l’associazione Algos, che a Catania gestisce il Monk Jazz Club, ha “offerto” all’evento due guest di eccellenza del mondo del jazz come il pianista Dino Rubino e il sassofonista Francesco Cafiso, ecco che i ragazzi dell’Orchestra per la pace e l’inclusione si sono sentiti parte integrante di una “cosa da ricordare”. «Chi l’ha detto che i ragazzi di oggi non vogliono fare niente» li sollecita il Maestro Privitera il quale sottolinea anche l’impegno e la fatica delle prove che i ragazzi si sono sobbarcati per arrivare al concerto in piazza. Un impegno che è anche civile – sottolinea Privitera – perché il «concerto si svolge in una città come Catania e quindi l’impegno contro la mafia e per il dialogo e l’inclusione devono partire da scuola». Ecco perché nella scaletta del concerto appaiono brano impegnati come “Cento passi” dei Modena City Ramblers, sull’impegno politico e sociale di Peppino Impastato, vittima di mafia, o “Pensa” di Fabrizio Moro, o ancora “Mestizaje” degli spagnoli Ska-P, un ino alla fratellanza dei popoli.

Quando Cafiso e Rubino salgono sul sagrato la musica vira più jazz e sul blues con “Moanin’”, brano jazz di Art Blakey, o il classico blues “Sweet home Chicago” ma c’è spazio anche per brani contro la guerra e per la pace come “Samarcanda” di Roberto Vecchioni e “Happy XMas War is over”, ormai un classico natalizio non violento di John Lennon. «Mi è piaciuta molto la forza di questi messaggi» ha commentato Francesco Cafiso a concerto finito.

«La cosa che si deve sottolineare è il discorso proprio della cittadinanza dei ragazzi dell’orchestra – commentano Giuseppe Privitera e Francesca Santangelo, referenti di Algos per il progetto -, cioè il fatto che l’orchestra negli anni, grazie a questi progetti del Comune di Catania, è partecipe in maniera attiva nel territorio. Quindi il fatto che noi abbiamo avuto la presenza della comunità scolastica, dei docenti, di tutte le famiglie, e anche del territorio fa diventare questo evento un momento comunitario fondamentalmente. Che è poi lo scopo che l’orchestra persegue da qualche anno. Noi curiamo una dimensione interna che è una dimensione di benessere e valorizzazione veramente decisiva ma è anche una dimensione di creare la futura cittadinanza attiva. E alla fine i ragazzi si sentono, e sono loro a raccontarcelo, effettivamente parte attiva di una città, partecipi di un contesto».