“Francis Turatello e altri personaggi che disponevano di grossi capitali […] volevano creare un gruppo all’interno delle carceri per contrapporlo ai brigatisti e iniziare a eliminare Alberto Franceschini e Renato Curcio. A me la proposta fu fatta da Matteo Bellicini, detto Lino, fedelissimo di Francis Turatello, coimputato con Alberto Bergamelli per sequestri di persona.
La proposta mi fu fatta nel carcere di Favignana, dove si trovavano anche Franceschini e altri. Per noi sarebbe stato facile eliminare cinque o sei brigatisti in un colpo solo. Avremmo dovuto far credere che loro incitavano alle rivolte e quindi noi non li volevamo, anche per accumulare un credito nei confronti dello Stato. Si vociferava, infatti, che erano i servizi segreti a spingere. A fare da tramite con Turatello sarebbe stato un avvocato milanese legato proprio ai servizi. In cambio, avremmo ricevuto soldi e benefici penali. Avremmo anche dovuto ricevere dei libri di estrema destra per dare l’idea di un vincolo di appartenenza.
Io mi opposi e mandai a dire a Turatello che era un’autentica porcheria. Feci cambiare idea anche a Bellicini: ‘Lino, che facemu, ni mazzamu tra nui? Iddi hanno i so cosi, per dire le loro ideologie politiche. Finemula cu stu Turatello, che cosa voli…’. insomma, feci tutto, assieme alla commissione, affinché il progetto di morte non avesse successo. Turatello non reagì, non poteva incazzarsi con noi.
I brigatisti non seppero mai nulla.”