LE VIE DEI TESORI chiude la sedicesima edizione. Numeri da pre pandemia: superate le 250mila presenze

PALERMO. Numeri che portano indietro il calendario agli anni straordinari prima della pandemia: Le Vie dei Tesori supera le 250 mila presenze. Palermo sfiora i 166 mila visitatori e Catania sale e supera i 16 mila; complessivamente un incremento del 23 per cento rispetto all’anno scorso.

Exploit di Termini Imerese che, trainata dall’attesa riapertura del Grand Hotel delle Terme, supera le settemila presenze; di Scicli che quasi triplica i suoi visitatori e della debuttante Alcamo che si arrampica sui suoi castelli. Messina ritrova i tempi d’oro, Caltanissetta raddoppia la performance; e così anche Trapani che trascina anche Marsala e Mazara; Enna che conferma e amplia la performance di debutto, Ragusa va per palazzi sontuosi. Funzionano le altre città della provincia di Palermo, quindi Bagheria, Cefalù e Carini. E, fuori dalla Sicilia, raddoppia le presenze Mantova.

 

Entusiasti e curiosi i visitatori di fine estate nella quarantina del Borghi dei Tesori Fest: hanno funzionato il “contagio” tra comuni, l’aggregazione, le esperienze.

 

Il successo delle Vie dei Tesori ha un significato particolare perché coincide con il cambio di paradigma della città, da semplice collaborazione tra istituzioni culturali a un vero e proprio accordo – interviene Maurizio Carta, assessore alla Rigenerazione Urbana del Comune di Palermo -. Il festival è sempre più un’armonia tra luoghi della città, istituzioni culturali, persone che dedicano tempo a prendersi cura dei tesori urbani. Le Vie dei Tesori è un indispensabile propulsore della rigenerazione urbana perché agisce sulla dimensione umana e culturale, genera economia e reputazione. Deve avere una sua stabilità, essere un appuntamento da programmare, evitando sovrapposizioni; e si deve pensare a puntate di “avvicinamento” coinvolgendo le scuole”.

 

Sono molto interessanti i rilevamenti dell’OTIE (Osservatorio sul Turismo nelle Isole Europee), presentati da Giovanni Ruggieri – docente di Economia del Turismo all’Università di Palermo e presidente dell’Otie – nel corso della conferenza stampa a Palazzo Comitini, sede della Città Metropolitana.

 

L’analisi OTIE disegna due mesi e mezzo di attività: i turisti presenti in Sicilia che hanno partecipato alla manifestazione nelle grandi città sono 60 mila   (dato stimato) con un incremento del 25 per cento rispetto all’anno precedente. Questo è l’effetto continuità della manifestazione, che entra nella programmazione di viaggi e vacanze in Sicilia. La spesa generata dai turisti per le visite nelle 16 città raggiunge i 6 milioni e mezzo di euro, con una media di 406 mila euro ed un incremento del 10 per cento nella spesa media giornaliera dei turisti. Questo effetto positivo deriva da una possibile programmazione anticipata di visite con un effetto itinerante nei territori. Infatti, cresce la percentuale di visitatori che visita almeno due comuni, passando dal 11% al 30%. Si verifica un aumento del turismo di mobilità, autorganizzato ed autonomo. A Palermo l’impatto generato è di circa 5.012.245,2 euro, sviluppando 85 unità di lavoro annue.

 

La manifestazione in Sicilia raggiunge 245.930 visite nelle grandi città, con un incremento in un anno del 23 per cento. Interessante l’effetto continuità, la gente arriva per Le Vie dei Tesori e programma i suoi viaggi secondo il calendario del festival;  funziona l’effetto itinerante, visto che cresce la percentuale di visitatori che visita almeno due comuni, passando dal 11 al 30 per cento.

Praticamente tutti i visitatori (il 90 per cento) auspicano un prolungamento del festival o comunque una maggiore frequenza di appuntamenti durante l’anno. Attivo sempre di più l’effetto fidelizzazione – quest’anno come mai in precedenza: il 28 per cento è alla sua quarta esperienza, il 22 alla sua terza, ma addirittura il 15 per cento è oltre la decima, quindi ha seguito il festival sin dai suoi primi vagiti. Il visitatore-tipo del festival parte con gli amici (44 per cento), con la famiglia (32 per cento) o in coppia (22 per cento), quasi mai da soli (9 per cento). E ama programmare: il periodo del festival influisce sulla scelta della vacanza per il 44 per cento.

 

Ovunque un pubblico entusiasta – l’indice di gradimento è salito al 91 per cento – per un’edizione che segna il ritorno dei turisti. Non si tratta più quindi, di “turismo di prossimità” come negli anni del Covid ma di “mobilità” con i siti che hanno effetto aggregativo e trainante: la grossa novità di quest’anno è che si visitano più città, si esplora, si cercano esperienze anche vicine. Oltre il 90 per cento dei visitatori è certo di ritornare per partecipare alla prossima edizione.

 

Strategico e fecondo il rapporto con l’Università, con professori e tirocinanti che si sono spesi generosamente per visite guidate e passeggiate, testimoniando lo spirito originario e più profondo della manifestazione – ideata proprio per l’Ateneo nel 2006 – quello di trasferire conoscenza fuori dagli ambiti accademici.

Le Vie dei Tesori non fa visite ma esperienze di comunità. E il loro valore principale sta nella conseguenza sociale, nell’educazione al bello – sottolinea padre Giuseppe Bucaro, responsabile dei beni culturali della Curia – Oggi possiamo dire di aver creato un’eccellenza e infatti iniziano a copiarci. Ora serve una sinergia tra le strutture e l’amministrazione: Palermo deve mettersi in testa che può vivere della sua risorsa fondamentale, ovvero la  bellezza”.

Non siamo ancora ai numeri pre pandemia ma ci avviciniamo molto – il presidente della Fondazione Le Vie dei Tesori Laura Anelloma al di là dei numeri, è importantissimo il coinvolgimento dei ragazzi, 400 esperti del patrimonio che hanno raccontato i luoghi a cittadini e ai tantissimi turisti. Crediamo nella cultura come collante sociale, in cui la comunità cresce e si identifica”.

 

Impossibile non sottolineare il valore simbolico dell’esperienza dell’Aula Bunker di Palermo, che ha ospitato le testimonianze di chi ha vissuto quegli anni, dai cronisti ai magistrati Giuseppe Ayala, Leonardo Guarnotta e Piero Grasso. “Sono rimasto molto colpito da questa esperienza; non tanto per il valore numerico quanto per l’effetto emotivo – dice il presidente del Tribunale di Palermo Antonio BalsamoL’aula bunker ha creato comunità, è stata una scoperta per molti che magari non erano nati o non ne conoscevano l’importanza perché questo periodo storico non è adeguatamente studiato a scuola. Queste visite sono state anche un modo per colmare una lacuna”.

E sono ritornate le scuole, dopo gli anni bui della pandemia. Soprattutto a Palermo, i venerdì i ragazzi hanno potuto partecipare a visite e laboratori, hanno scoperto palazzi e studiato percorsi. Per i più piccoli, laboratori didattici tematici e visite pensate per loro. “Tre aule pop-up, veri e propri laboratori per i 1200 studenti che hanno partecipato al festival e che hanno raccontato la città che vorrebbero” dice Valentina Bruno di Curiosity, che ha curato i laboratori per conto della Fondazione.

Grande apprezzamento da parte dei visitatori per i giovani delle Vie dei Tesori coordinati dall’associazione Amici delle Vie dei Tesori: esperti del patrimonio – affiancati da 800 ragazzi delle scuole coinvolti in percorsi di PCTO –  che, mai come quest’anno si sono messi in gioco per narrare, presentare, far conoscere gli oltre 400 luoghi aperti nelle città, alcuni del tutto inediti. “Il festival possiede un valore profondamente didattico – sottolinea Anna Rosa Prizzi, dello staff tecnico dell’Ufficio scolastico regionale -. La preparazione nei contenuti è perfetta e abbraccia i valori dettati dal Ministero: credo che per i nostri ragazzi sia seriamente un’esperienza importante”. E ancora,  le decine di esperienze e passeggiate, le teatralizzazioni, gli spettacoli e i concerti nei musei, le visite guidate e le degustazioni.

 

Nei borghi, il coinvolgimento di circa 400 giovani fa parte di un processo di rigenerazione sociale e di riappropriazione identitaria che Le Vie dei Tesori conduce insieme con i Comuni, per far riscoprire uno straordinario patrimonio nascosto, favorire la nascita di nuovi itinerari turistici, contrastare processi di spopolamento.

 

Scelto quest’anno dall’assessorato regionale al Turismo tra le manifestazioni che promuovono SeeSicily, Le Vie dei Tesori, con il supporto del main sponsor Unicredit (“Sosteniamo con convinzione il festival che è perfettamente in linea con i dati sul Turismo presentati di recente alla Banca d’Italia – interviene Roberto Cassata, responsabile Sviluppo territorio Sicilia di UniCredit – E’ straordinario il senso di comunità che riesce a suscitare”),  ha saputo mettere in rete Regione, Atenei, Comuni, Diocesi, gestori privati, istituzioni dello Stato, proprietari di palazzi nobiliari, col sostegno di Poste Italiane e di Amg Gas.

La collaborazione con Monopoly ha regalato a Palermo un’edizione dedicata del famoso gioco (andata a ruba durante l’ultimo weekend del festival) e tanti laboratori per i più piccini.

Il ricavato, con quello dei tanti gadget dedicati al festival e l’incasso degli spettacoli del festival Prima Onda – per il secondo anno partner del festival – finanzierà il recupero del Teatro della Caserma Ruggero Settimo, promosso dalle Vie dei Tesori, che si aggiungerà ai tanti altri restauri già sostenuti nel corso degli anni.

 

L’intero festival continua la sua poderosa valanga web e social: quest’anno le visualizzazioni durante i due mesi di settembre e ottobre hanno superato i nove milioni  (9.089.386), complici i post ma anche i contenuti approfonditi poi dal magazine, sempre seguitissimo. La community sfiora 100 mila follower su Facebook e 35 mila su Instagram. La nuovissima app che Le Vie dei Tesori ha pensato e strutturato come uno strumento utilissimo da offrire ai suoi visitatori, appena lanciata ha già registrato 4191 download.

 

Con questi risultati Le Vie dei Tesori archivia quindi la sua sedicesima edizione: ai numeri delle due tranche autunnali nelle città, vanno sommate le oltre 12 mila presenze certe (probabilmente doppie le presenze reali) della seconda edizione dei Borghi dei Tesori Fest, che si è svolta in tre weekend a cavallo di agosto e settembre e ha coinvolto una quarantina di piccoli centri siciliani che sono stati festosamente invasi da visitatori appassionati e curiosi alla ricerca di luoghi poco conosciuti, tradizioni radicate ma anche esperienze innovative. I 37 piccoli comuni siciliani che hanno aderito alla seconda edizione dei Borghi dei Tesori fest hanno messo insieme 12.064 visite, con una media di 326 visite per ciascun borgo. L’analisi spaziale dei dati rivela anche che esiste un effetto di “concentrazione” del turismo di mobilità: funziona la rete, la vicinanza dei  borghi che non distano più di 15/20 minuti tra loro.

 

I più visitati sono stati i borghi di Chiusa Sclafani, dove tutta la comunità si è impegnata nel racconto dei suoi luoghi; di Burgio, dove è stato particolarmente apprezzato un tour attraverso i suoi tesori; di Caltabellotta, dove ha fatto da traino la riscoperta della sinagoga ebraica con importanti ricadute di comunicazione; di Geraci Siculo, di Caccamo, di Petralia Soprana, di Piana degli Albanesi. I dati sono sottostimati perché non è stato omogeneo l’utilizzo del QR code del coupon di partecipazione a visite guidate ed esperienze. Di certo il progetto nei borghi è cresciuto per numeri, interesse e attrattività e rappresenta oggi una delle sfide più importanti per le Vie dei Tesori.

 

Nelle città si riavvicina ai numeri pre – pandemia ma con un modello diverso di fruizione. Gli anni Covid hanno lasciato in eredità l’abitudine alla prenotazione delle visite guidate, che quest’anno si è affiancata alla modalità “turno fisico”. Non più code sterminate davanti ai luoghi, ma ordinati gruppi di prenotati cui si aggiungevano, ove ci fossero posti liberi, i non prenotati. Modalità che di fatto comporta una contrazione delle presenze rispetto agli anni “liberi”, con alcuni luoghi peraltro ancora condizionati da un contingentamento degli ingressi. Spesso sold out le esperienze, le teatralizzazioni, gli spettacoli, la musica; e le passeggiate tematiche alla scoperta dei luoghi, anche fuori porta. Mentre nelle edizioni a ridosso degli anni della pandemia, i visitatori hanno cercato percorsi green, siti aperti, visite fuori porta, ora sembrano volersi riappropriare degli spazi urbani e condivisi, dei monumenti, dei palazzi.

 

Tra le quindici città siciliane, come sempre Palermo – dove il Festival è nato nel lontano 2006 – svetta con le sue 166 mila presenze in cinque weekend e si conferma uno degli appuntamenti culturali più importanti della città. Dopo Palermo, ecco Catania che nello stesso periodo mette insieme 16.890 visitatori, tremila in più rispetto allo scorso anno. Nelle altre città il Festival si è svolto invece per tre weekend.

Si conferma quella che è ormai una sicurezza, ovvero la grandissima attrattività del Trapanese che quest’anno mette insieme oltre 15.830 presenze, anche in questo caso in crescita di tremila visitatori rispetto al 2021, trainate proprio da Trapani che raddoppia i suoi numeri, e sale a 9.168 presenze. Mazara del Vallo punta sulle chiese e i mosaici restituiti e amati da 3.344 visitatori, mentre Marsala punta sulle sue cantine e sulle esperienze e mette insieme 3.318 presenze. Grande risultato per Alcamo che partecipava al festival per la prima volta: andar per castelli piace parecchio ed ecco allora un debutto che vale 3955 visitatori. Dopo l’exploit dello scorso anno, Enna ha messo insieme un programma forse anche più bello, ha aperto chiese chiuse da sessant’anni dinanzi cui i cittadini si son messi in coda: ed è cresciuta fino a 4.919 visitatori in tre weekend. Messina è sbocciata e ha raddoppiato i numeri dello scorso anno: 7.466 visitatori tra il cuore storico ma anche i borghi rurali intorno e i siti da raggiungere nel cuore dei Nebrodi; e ha più che raddoppiato anche Caltanissetta con i suoi 3.409 visitatori indecisi tra antiche ville, miniere e spazi d’arte, e quindi li hanno scelti tutti. Nel ragusano, una bellissima sorpresa è quella di Scicli: piccola, barocca, sede di set, con le chiese che paiono merletti, piaciute a 5.980 visitatori, il doppio dello scorso anno; e con Ragusa, tra palazzi sontuosi, cave e percorsi,raggiunge quasi le diecimila presenze nel Val di Noto. Nel Palermitano, exploit di Termini Imerese: 7.222 visitatori, che guidano il drappello completato da Bagheria (3.726 presenze), poi Cefalù (3.711) e Carini (3.289) . Infine Mantova, unica tappa fuori dall’Isola dove il festival si svolge ormai da cinque anni e dove quest’anno sono state raggiunte le 4351 presenze (di fatto si raddoppia lo scorso anno) e dove sono arrivati in tanti anche dai centri vicini per scoprire le misteriose architetture di Leon Battista Alberti o seguire il corso del Rio urbano.

Una rete culturale fatta di flussi di visitatori tra le varie città coinvolte, quest’anno facilmente raggiunte anche dai pullman di AutoService che hanno lavorato molto anche con i borghi.

 

 

I LUOGHI PIU’ VISITATI DEL FESTIVAL

I DIECI THE BEST OF A PALERMO

Palermo mantiene la palma dei luoghi in assoluto più visitati dell’intero festival: e come ormai capita da qualche anno, ecco sul podio i marmi mischi e le allegorie barocche della chiesa di Santa Caterina che mette insieme 7147 visitatori; e se si aggiungono i numeri del vicino monastero (quinto posto, 3937 visitatori) eccola doppiare di poco le undicimila presenze nei soli due siti. Secondo luogo più visitato in assoluto, è Palazzo Costantino, affacciato sui Quattro Canti, che quest’anno ha visto l’artista francese Juliette Minchin entrare in rapporto con i suoi muri rovinati: lo hanno apprezzato 4642 visitatori. Di sole 60 presenze in meno è il numero che segna il successo, da profondo significato, ottenuto dalle visite (tutte sold out) all’aula bunker condotte da magistrati e cronisti: tantissimi giovani, che magari non erano ancora nati ai tempi del maxiprocesso, si sono seduti tra i banchi che oltre trent’anni fa hanno ospitato gli avvocati; tante le domande a cui ha risposto, l’ultimo giorno (per sette turni di visite) l’ex presidente del Senato, e giudice al latere del Maxiprocesso, Pietro Grasso. E ancora, ecco la gente perdersi tra gli arredi rococò e i percorsi dedicati dello splendido Palazzo Mirto (4361 presenze), della Casina Cinese, dove si è ascoltata la storia di Ferdinando e Carolina di Borbone (3770 presenze); in una delle novità di quest’anno, Palazzo Galletti di Santamarina, costruito sulle mura della città antica (3770); il Politeama Garibaldi che ha condotto alla scoperta delle sale e della terrazza, fin quasi alla famosa quadriga: 3511 presenze, ma sarà ancora possibile visitare il teatro con le guide delle Vie dei Tesori, in convenzione con la Fondazione Orchestra Sinfonica, fino a gennaio. Palazzo Abatellis ha attivato per il festival un percorso alla scoperta dell’arte dei pittori del periodo barocco: è piaciuto a 3432 visitatori; e una quarantina in meno (3386) sono saliti su Porta Felice per osservare, da un lato il mare, e dall’altro il Cassaro che si arrampicava verso Porta Nuova. Che è stata la grande sorpresa inedita di quest’anno, amata da moltissimi visitatori.

I CINQUE LUOGHI Più VISITATI NELLE ALTRE CITTÀ.

Il luogo più visitato fuori Palermo è stato senza dubbio il Grand Hotel delle Terme a Termini Imerese con 2043 presenze (e si è anche aggiunto un weekend in corsa): restituito alla cittadina e in attesa di restauro, l’antico quartier generale della Targa Florio ha visto formarsi le code soprattutto dei termitani che non ne avevano memoria, che sono sciamati anche nelle sottostanti terme romane, chiuse da oltre quarant’anni. Il secondo luogo siciliano più amato (1742 visitatori) è nella seconda “capitana” del festival, Catania: è l’elegante palazzo Scuderi Libertini, l’unico che rimanda allo stile rinascimentale fiorentino, e che conserva tappezzerie e arredi d’epoca. Da un capo all’altro della Sicilia: il terzo luogo più visitato con le sue 1667 presenze è invece a Trapani ed è la bellissima Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio, la vera “casa” del Misteri della settimana Santa che nel corso del festival si è arricchito di nuove testimonianze delle Confraternite. A poca distanza, un luogo misterioso come il Lavatoio medievale di Cefalù, che con le visite del festival ha ottenuto una risonanza bellissima (1638 visitatori); infine, il Forte San Salvatore di Messina(1116 visitatori), sempre uno dei luoghi in assoluto più amati durante tutte le edizioni: da qui si abbraccia tutto lo Stretto.

I LUOGHI PIÙ VISITATI, CITTÀ PER CITTÀ.

Rigoroso ordine alfabetico, ogni città ha i suoi grandi “amori” che il pubblico ha dimostrato di apprezzare: si parte dalla piccola Acirealeche ha partecipato al festival come costola del programma di Catania: è la città del Carnevale e quindi è stato visitatissimo il museo dedicato alla festa, ma anche il presepe napoletano e la biblioteca e pinacoteca Zalantea. Alcamo è stata una vera sorpresa e qui si è andati per castelli: quello arroccato di Calatubo e quello “urbano” dei conti di Modica, seguiti da presso dal quel luogo misterioso che è stata la Cuba delle Rose. Eccoci a Bagheria: un sito particolarissimo, una vera villa fortificata come il castello di San Marco ha superato il romantico Arco azzurro e anche i giardini superstiti di Villa San Cataldo. A Caltanissetta le ville sono sempre state molto amate e non solo dai nisseni: una novità di quest’anno come la casina Benintende Asarisi con le tracce delle famiglia dei proprietari emigrati in America; poi il nuovo Spazio Pitta creato dal Pittastorie Lorenzo Ciulla e dagli artisti del posto; e la cripta della Cattedrale appena restaurata e aperta, con la mostra “Adoremus” di Antonio Foresta. Eccoci a Carini: qui il castello La Grua Talamanca (che questo weekend appena trascorso ha applaudito i narratori e gli artisti di AnnoD-Omini, altra costola del festival con il Teatro alla Guilla) è stato il sito più amato, seguito dai cunicoli delle catacombe paleocristiane di Villagrazia di Carini e dalla bellissima Chiesa degli Agonizzanti. Di Palazzo Scuderi Libertini a Catania abbiamo già detto, ma lo tallonano da presso sia il nero Castello Ursino che ha aperto fossato e corte; poi il camminamento aereo di San Nicolò l’Arena, e il percorso inedito del calzaturificio Ega che conduceva al vicino Teatrino Dusmet; infine l’elegante Villa Manganelli, l’unica residenza catanese disegnata da Ernesto Basile. Cefalù, oltre al lavatoio medievale, ha visto sciamare il pubblico tra il museo Mandralisca (che ha visto sold out la teatralizzazione dedicata proprio al barone collezionista) che la chiesa della SS. Trinità al San Domenico con il pavimento in pietra “lumachella” e l’altare donato da Renzo Piano.Enna l’anno scorso era al debutto, quest’anno ha confermato il successo: la chiesa di Santa Teresa restituita dopo sessant’anni ha visto arrivare gli abitanti di tutta la città, come anche al Museo del Mito e le misteriose Sette Stanze che hanno ospitato artisti e performance; infine la chiesa di san Michele Arcangelo, recuperata, invece dopo “soltanto” venticinque anni. Marsala e Mazara procedono sempre di pari passo: la prima ha puntato molto sulle esperienze (gettonatissimi i percorsi guidati alle storiche cantine Florio e alle cantine Pellegrino), ma anche alla Chiesa del Purgatorio; invece Mazara ha puntato sulle chiese riaperte alla città: la normanna san Francesco, con al sua cripta, ha condotto alla scoperta di San Nicolò Regale ma anche dei mosaici romani che vivevano al di sotto.  Eccoci sullo Stretto: Messina ha delle certezze come il sacrario Cristo Re e la fortezza ispirata alla Basilica di Superga; e infine l’elegantissima e liberty Villa Aelthea, tra i più antichi edifici della ricostruzione post terremoto, con gli arredi originali, dove anche molti messinesi entravano per la prima volta. Eccoci nel Ragusano, altra sicurezza: la bella Ragusa si è beata tra gli arredi e le tappezzerie d’epoca di Palazzo Arezzo di Trifiletti, è salita fino in cima del campanile della cattedrale di San Giovanni e ha visitato il nuovo Museo del Duomo. Scicli piccina è stata una delle sorprese di quest’anno, invasa (è proprio il caso di dirlo) dai visitatori che (ovviamente) non si son fatti mancare i set della famosa fiction del Commissario Montalbano, da un lato il commissariato di Vigata ricostruito al Comune e dall’altro l’antica e perfettamente conservata Farmacia Cartìa; in mezzo, l’elegante Palazzo Bonelli Patanè. Ultime due, ma solo per criterio alfabetico: dell’hotel e delle terme romane di Termini Imerese si è già detto, aggiungiamo la chiesa di Sant’Orsola. Chiude Trapani che accanto alla chiesa dei Misteri, aggiunge due luoghi che sono in stretto contatto con il mare: la Torre di Ligny e il carcere della Colombaia che si raggiungeva su una barca d’epoca.