Renatino piace a tutti… purtroppo

Il tormentone dell’estate ha lo sguardo furbino di chi aveva già previsto tutto: Renato Accorinti è sindaco, profeta No Ponte, santone degli ultimi. E’ tutto e niente: cammina scalzo e senza scorta. E’ insomma il perfetto professionista che predica la povertà nella città dei ricchi pieni di debiti. Come si dice in questi casi? Niente è come sembra. Succede da sempre. Poi non cambia nulla perché nessuno ha interesse a cambiare i posti a tavola, ma intanto il nome gira, la ruota gira, si indossa una nuova maglia. Le altra le passa in campo, meno osservato in una squadra sempre ai margini delle nove colonne. Il fatto nuovo è che al Comune è arrivato un No global con tutto quello che ne consegue… a parole. La trattativa per la rivoluzione cittadina è già stata imbastita. Anzi è quasi conclusa. Ma bisogna aggirare lo scoglio del Sistema. Accorinti al di là del problema delle scarpe… non ha turbamenti. Crescendo, la figura non si è snellita come l’ambizione: eppure ricorda un bravo ragazzo dell’Azione Cattolica, di quelli che parlano volentieri con il curato e servono a messa la domenica mattina, prima di allenare i ragazzini dell’oratorio. Anche se il personaggio non è questo né ambisce a esserlo. Lui è molto di più. Accorinti è un superbo San Francesco dei tempi nostri, un politico riveduto e scorretto, figlio di una città piena di miti e leggende ma anche di patacche. Una città che spesso si fa beffare dagli infiltrati, dai mitomani, dai bugiardi patentati che promettono leccornie e tesori in cambio di fedeltà e fede. L’armatura etica promette di stemperare i paradossi che l’umanesimo aveva risolto nell’uomo e la modernità annullato nel cosmo, nel mistero. Il mistero quotidiano di una comunità serva del potere e del quotidiano che ci circonda, dove anche il sindaco scalzo ha un suo posto nel sistema delle cose messinesi. E’ evidente che i proclami di Accorinti vanno al di là dell’apertura di una barriera. Come è chiaro che il “problema” casa di vetro non è semplicemente il nuovo assetto di comando. Una città che ama le rivoluzioni democristiane che di apocalittico hanno ben poco dato che sono integrate al SISTEMA. Uno scontro che non a caso ci riporta con i piedi per terra tra chi prova a lavorare per la comunità e chi a togliere alla stessa spazi e opportunità. Non è forse Messina la città dei professionisti che si fanno una carriera sulle sciagure altrui?