di Bernardo Forteza
La locuzione ormai abusata nel linguaggio dei politici “best practices” individua le esperienze più significative, o comunque quelle che hanno permesso di ottenere migliori risultati.
Impiegata sia in ambito di direzione aziendale che nelle organizzazioni private e governative, è, nelle assunzioni del turpiloquio elettorale, alla base dei migliori processi di selezione dei protagonisti della vita politico amministrativa. Qualcosa deve essere andata male nella applicazione del concetto a Messina, se i buoni amministratori della SMEB, come “best practicers”, sono stati selezionati per la politica cittadina.
E’ notizia nota a pochi che infatti sono arrivate le condanne per amministratori e componenti del collegio sindacale per il fallimento SMEB, con interdizione dai pubblici uffici dei più.
E tra i nomi anche persone che successivamente hanno ricoperto cariche di amministratori in istituzione cittadine. Di tutto questo, nessun risalto in nessuno degli organi di stampa cittadini. Perché, direte voi? Semplice: per non stemperare l’effetto dirompente della nuova campagna di reclutamento dei prossimi candidati. Per concorrere alla candidatura alle amministrative, nella prossima tornata, sarà indetto un concorso per titoli, o “best practices” appunto, che prevede come requisiti l’aver almeno concorso a far fallire una società per azioni, aver contrastato la libera concorrenza, avere un importante ruolo in conflitto di interesse, aver pesantemente turbato il mercato.
Il silenzio stampa sulla notizia era anche stato dettato da ragioni di pubblica sicurezza. Sembra infatti che, essendo ormai trapelata la notizia, alcuni aspiranti candidati abbiano fatto scorta di armi e passamontagna in quanto gli stessi, male interpretando le regole concorsuali, avessero inteso le rapine e le estorsioni come titoli validi per l’inserimento in graduatoria.