Vincenzo Donvito, presidente Aduc
8 marzo festa della donna. Una marea di retorica ci investirà. E’ già cominciata e, via via che si avvicina il giorno fatidico, il tutto monta, monta e monta. E’ come il Natale, quando tutto ci dice che siamo più buoni e -col feticcio o meno dei doni- più o meno tutti fanno a gara per dimostrarlo essenzialmente a se stessi; l’8 marzo, altrettanti “più o meno tutti” fanno altrettanta gara per dimostrarlo a sè e agli altri. I più felici? I disgraziati che clandestinamente vendono mimose di dubbia provenienza, per strada o tra i tavolini di un bar o di un ristorante, presupponendo di far sentire in colpa il “maschio” che non dona il ramoscello benedetto (quello dell’8 marzo, non quello della domenica delle Palme, ma tant’è, alla fine l’effetto dovrebbe essere lo stesso). Altrettanto felici i ristoratori che propongono menù speciali per gruppi di donne che per l’occasione escono senza compagni/amici/mariti, menù che hanno la caratteristica di essere molto più costosi dell’abituale. Poi ci sono i felici che partecipano a dibattiti, conferenze, presentazioni di libri: di entrambi i sessi, appagati nel farsi ripetere cose che già sanno da persone che l’anno prima hanno detto le stesse cose e che -presumibilmente- l’anno prossimo le ripeteranno. E gli auguri delle istituzioni o dei datori di lavoro? Puntuali come il 2 novembre: bigliettini, mimose a stock più o meno infiocchettate rispetto al rango sociale di chi le riceve in dono. Tutti contenti tranne quelle e quelli -non sono marginali- che vista la stagione soffrono di allergie -e giù starnuti e soffiate di naso- pur continuando a sorridere a chi dona e a chi riceve. E i servizi tv, e quelli della carta stampata… sorrisi, allegrie, aria da festa, interviste, qualche (ma proprio qualche) rievocazione storica su perche’ proprio l’8 marzo. Poco fa ho mangiato un Bacio Perugina con dentro il bigliettino che recitava: “Quando egli si mostra, ella si espande come un fiore al sole”. Un pensierino d’amore che una mia amica ha subito apostrofato con un “non proprio un messaggio femminista”; pensierino che era in quel Bacio prima dell’8 marzo e che lo sarà anche nei giorni a seguire. Cosa voglio dire? Che, a partire dal Bacio, tutti i giorni, santi o non santi quelli che dicono, fanno, pensano, dispongono… tutti i giorni sono come in quel bigliettino, e la festa più che DELLA donna, una festa che continuano a fare ALLA donna: casa, famiglia, chiese, lavoro, divertimenti, economia, marketing, informazione, etc.. Tutto un mondo dove l’8 marzo e’, per l’appunto, come il Natale: tutti più buoni e comprensivi verso l’altro (l’altra nel nostro specifico), ma a condizione che ai pensieri e ai gesti di quel giorno corrispondano pensieri, gesti, istituzioni di serie A per i maschi e di serie B per le femmine; contesto in cui la discriminate sessuale/culturale è l’elemento portante e dominante, il fertilizzante senza il quale tutto crollerebbe: cultura, economia, Stato sociale.
L’apoteosi dell’ipocrisia o una festa come un’altra (dove, comunque, l’ipocrisia, anche se in piccole dosi, c’è sempre)? Facciamone tesoro: donne, uomini, bambine, bambini, anziane, anziani, religiose, religiosi. Se ce la facciamo, anche facendo male alle tante posizioni di rendita che, da ogni parte sessuale o meno, abbiamo ereditato e/o conquistato.
Infine. Ma non c’era nel titolo di questo Irriverente che queste parole dovevano essere un Manuale di sopravvivenza? Qualcuno, se si aspettava una sorta di decalogo (evita questo, evita quell’altro, fai questo o non farlo, etc..) resterà deluso. I decaloghi o i manuali non servono agli individui, altrimenti questi individui non sarebbero tali. E noi, è agli individui che ci rivolgiamo, perchè se non sono questi ultimi a modificare i gap e i riti che abbiamo “messo alla berlina” in queste righe, sarebbe solo un gioco di sesso forte e di sesso debole… ad ognuno la scelta a quale dei due sessi possa appartenere questa forza.