Il 10 Gennaio del 2015 due terroristi che dicevano di ispirarsi all’islamismo fecero irruzione nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo a Parigi (1). Quattordici morti: 12 redattori e i due attentatori alcuni giorni dopo. Nacque lo slogan “Je suis Charlie” che animò sdegno, resistenza e affermazione contro assassini e attentati che in quegli anni avevano preso di mira satira e letteratura in materia di Islam, non solo in Francia (tra i più noti ricordiamo le minacce nel 2005 al quotidiano danese Jyllands-Posten (2), e la fatwa – ancora in corso – contro lo scrittore britannico Salman Rushdie per i suoi Versi Satanici – 3).
Intolleranza religiosa, e politica visto che gli attentatori si ispiravano, e continuano a farlo, non solo ad una loro fede, ma anche alla trasposizione della stessa in regimi politici dove il rispetto degli individui non è previsto e i sudditi sono birilli di giocatori che agiscono in nome del loro dio (un po’ come il cristianesimo qualche secolo fa).
Per chi, obnubilato da ideologie che talvolta – malvagità e ironia della vita – non prevedono neanche un qualche dio, è bene ricordare che i massimi rappresentanti di questa ideologia politica sono Iran e Afghanistan (e un lungo elenco di inferiore livello mediatico). Dove, specialmente il primo, si prodiga per “espatriare” la propria fede con finanziamenti e supporti in varie parti del mondo (quelli sull’onda delle cronache che ci coinvolgono direttamente in questo momento sono Hamas nella striscia di Gaza, Hezbollah in Libano e Houthi in Yemen).
La satira è un modo di raccontare e fare opinione su vita e politica. E’ noto che talvolta riesce ad avere maggiore considerazione una vignetta o una frase che non un articolo, un libro, una trasmissione mediatica o un atto politico. Un po’ come la poesia.
E per questo, al pari e talvolta in modo più violento rispetto agli strumenti della diplomazia politica internazionale (guerre a parte), chi ritiene di avere una qualche felicità da imporre perché sia tale, si prodiga con atti come quello che ricordiamo oggi. Anche a sacrificio della propria vita: “Le morti dei civili sono un sacrificio necessario” diceva l’ex-capo di Hamas a Gaza rispetto al proprio metodo politico (4).
In questo contesto, per essere noi stessi anche irriverenti, non ci resta che dire:
Chi non sa ridere di se stesso… peste lo colga!
François-Marie Arouet, Aduc
1 – https://www.aduc.it/articolo/dopo+10+anni+dalla+carneficina+ex+direttore+charlie_38629.php
2 – https://en.wikipedia.org/wiki/Jyllands-Posten_Muhammad_cartoons_controversy
3 – https://it.wikipedia.org/wiki/Salman_Rushdie