Il protagonista di questa storia si chiama Ugo Colonna, ha 44 anni e di professione fa l’avvocato. La vicenda che ha portato in cella Colonna è complicata. Ma vale la pena raccontarla, almeno in sintesi. E deve servire di monito a tutti coloro che credono nella Legge e non sanno di che cosa è capace la Legge se le regole vengono calpestate. Quello che è capitato a un uomo come Colonna può capitare a chiunque di noi: svegliarsi una mattina con la polizia dietro l’uscio di casa senza sapere il perché. L’avvocato più temuto dalla mafia, in seguito, avrebbe detto che non era stata la forza dei soldi a fargli intraprendere questa strada ma la voglia matta di cercare giustizia in un luogo scartato e dimenticato dagli uomini timorati di Dio. Dove il buono non è sempre il buono che vogliono farci apparire e il cattivo non è sempre così cattivo come appare. Ma probabilmente nell’animo dell’avvocato a fargli decidere di intraprendere questa strada era stata soprattutto la paura. La paura che un giorno i suoi figli gli domandassero che razza di mondo corrotto gli avesse fatto trovare e che, se non avesse fatto la sua parte per migliorarlo, questa accusa gli avrebbe fatto perdere il rispetto dei suoi figli. Così l’avvocato decise che avrebbe denunziato chiunque avesse messo in pericolo quella parte di mondo pulito che voleva far trovare ai suoi figli. Certo, non poteva immaginare quale strada pericolosa avesse imboccato quando, nel 1993, decise di combattere le cosiddette gestioni allegre della giustizia nello Stretto. E come in un campionato di calcio, per arrivare alla vittoria finale contro la Mafia e poi potersi cucire sul petto lo scudetto, bisogna preparare il torneo, disputarne le amichevoli, indovinare la tattica giusta. Ma soprattutto avere a disposizione un organico incorruttibile.