Viaggio nel mondo della seduzione: Nada, la felicità è una danza

Nada danza per passione. Insegna agli altri a farlo per lavoro. La danza occupa tre quarti delle sue giornate da dieci anni a questa parte. Più che un desiderio di puntare sul corpo… ha sentito l’esigenza di trasmettere con la testa e con il corpo, emozioni… Perché è stupefacente il risultato quando il linguaggio del corpo, su un palcoscenico, diventa forma. Questo perché nulla è mai scontato. Troppe cose da rincorrere, tanti sogni da realizzare.. Continuare a camminare a piedi nudi sulle tavole di un palcoscenico, senza limiti, senza pregiudizi, senza compromessi… riuscire a vivere e non sopravvivere di ciò che la fa vivere: mantenendo l’equilibrio, senza la mano di nessuno. Si cade e poi ci si rialza… Nada ama la sua terra, i suoi profumi, i suoi colori … A volte le scelte di vita si fanno in base alle necessità… Un passo importante. Un gradino culturale diverso: l’esigenza di dare voce al corpo. Nada è piena di energia perché per percorrere la strada serve passione, serve soprattutto crederci per fare credere … serve il colore per colorare … uscire da un binario e inventarne un altro… il successo si crea non si improvvisa! Ma in fin dei conti i sogni son belli perché creano aspettative, illusioni, promesse di un giorno migliore. L’arte è ciò che ci permette di realizzare ciò che siamo. “Mi ha aiutata a riscoprirmi donna, e mi aiuta, in questa fase della mia vita, a scoprirmi una donna libera. Quest’ultima cosa mi fa molta paura. Sono nata in Egitto. Li continuo a vivere con la testa. I miei piedi, però, sono in territorio italiano da molti anni. Il mio cuore..ancora non lo so bene. Mi piace fare e disfare, costruire e distruggere e… quando costruisco qualcosa di stabile, mi diletto a cercare una via di fuga dalla "stabilità". Danzando posso fare tutte queste cose insieme: posso romanzare i miei drammi, mettere in scena il mio disagio e la mia insicurezza senza troppa paura, scegliendo persino la colonna sonora. Instabilità e continuo mutamento, insomma. Caratteristiche che ho capito appartenermi nella danza e nella vita”.

Nada come nasce il desiderio di puntare sul tuo corpo?
Non ho mai pensato al mio corpo come a un cavallo vincente. Qualcosa su cui puntare. Quello che so è che il mio corpo è sempre stata la parte che più ho sottostimato di me. Non ho certo un fisico da copertina, e la mia altezza, le mie forme e i miei brutti piedi hanno sempre rappresentato un limite in tante discipline. Soprattutto nella danza. Non ho puntato sul corpo ma sulla passione. Tanto che adesso, dopo molta fatica, inizio a vedere i miei difetti come strumenti,non più come limiti. Al tempo stesso, la fotografia, il farmi ritrarre, il vedermi esposta, per me, più che un simbolo di vanità, ha rappresentato l’accettazione. Del resto si dice che le più grandi fobie, i più grandi traumi ,si curino osservandoli da vicino.

Tutto quello che è giusto conoscere di te?
Sono nata in Egitto. Sono stata letteralmente strappata via dalla mia terra da piccola. Sono venuta qui in Italia e senza strumenti e senza supporto mi sono dovuta reinventare. Parlo cinque lingue. Correttamente solo tre. Ho creduto per molto tempo di essere un uomo nato nel corpo sbagliato. Giocavo a calcio, avevo enormi sopracciglia e indossavo i vestiti di mio fratello. Poi ho incontrato la danza, in modo del tutto casuale, e il mio femminile ha bussato prepotente alla porta chiedendo di fare i conti. Mi sono innamorata molte volte ma nessun amore ha mai superato quello per un bel mawel o un taksim. Attualmente sto cercando di conciliare il mio essere una danzatrice con il mio essere Nada, persona. Allo stesso modo sto cercando di trovare un ponte: una terra di mezzo che mi rispecchi. Che mi ospiti. Che mi accolga. In cui sentirmi comoda. Non è facile. Ma mi sto impegnando.

Dove credi che sarebbe Nada se non avesse incontrato l’arte, la moda?
Se Nada non avesse incontrato l’arte (arte è un gran bel parolone che non credo di poter usare riferendomi a me) Nada oggi potrebbe essere molte cose…  Mi Immagino fragile tanto quanto lo sono adesso, ma senza strumento alcuno per affrontare la fragilità. Per fortuna ho incontrato la danza. Se questo non fosse successo sarei con tutta probabilità l’ennesima vittima degli psicofarmaci. Ma non parlerei affatto di moda. Ho posato per Alessandro Burato, vero. Ma solo perché mi sono fidata ciecamente di lui. Sapevo che guardandomi attraverso i suoi occhi mi sarei sentita " comoda" anche nell’osservare i miei difetti. È stata una terapia per me. Questo di certo non mi rende una modella. E essere una modella non è la mia ambizione. Lasciamo spazio a chi può permetterselo.

Cosa stai inseguendo in verità?
In verità: la naturalezza. Sono stata costretta fin da piccola a recitare per farmi accettare. Ho continuato a farlo per larga parte della mia vita. Fingere, indossare maschere. Dando per scontato che il mio essere ciò che realmente sono fosse sbagliato. Ho finto di essere una figlia obbediente, una studentessa modello, una fidanzata dalla condotta lineare e devota. Adesso vorrei solo essere Nada. Naturale, imperfetta.

Cosa hai imparato dalle sconfitte?
Dalle sconfitte ho imparato che ce ne saranno sempre di nuove. Ho imparato a essere disillusa. Piango, a volte crollo, ma poi raccolgo i pezzettini e riparto. Credo di doverlo a mio padre, che ha sempre saputo rialzarsi con forza dopo ogni caduta, senza la paura di reinventarsi o di sporcarsi le mani. Da questo punto di vista per me è stato un grande esempio.

E dagli uomini?
Dagli uomini non so cosa ho imparato. Ho sempre fatto e disfatto tutto io. A volte per lungimiranza. Altre volte per paura. Forse ho imparato qualcosa di me attraverso di loro e cioè che ho grossi problemi di fiducia e di abbandono, inteso come abbandonarsi all’altro. Ma c’è tempo. Se c’è qualcos’altro da imparare lo scoprirò. Ho fiducia e sono curiosa.

Ti senti una emigrante o semplicemente una che ha fatto una scelta di vita?
Mi sento una che non ha scelto né di essere una emigrante, né di fare una scelta di vita. I miei genitori hanno scelto per me. E io,che ero piccola ma non troppo, probabilmente non sono stata ritenuta in grado di capire quale fosse la scelta migliore per me. So che se fossi cresciuta in Egitto probabilmente adesso indosserei il hegab, non cambierei canale in tv quando danno il corano per paura che Allah mi punisca, come fanno le mie cugine. Non credo avrei fatto la danzatrice. In Egitto non sarebbe stato facile. Come non lo è qui in Italia del resto. Paese che non è certo culturalmente più libero ed evoluto. Diverso. Si. Forse più ipocrita.

Cosa vuol dire essere in competizione?
Vuol dire avere la possibilità di migliorare e migliorarsi. Se questo non succedere la competizione diventa un giochino per frustrati. Al quale non mi piace prestarmi.

Il valore dell’amicizia secondo te?
Il valore dell’amicizia. Bella domanda. Conosco quello della sorellanza. Nella danza l’ho trovato. E in pochissimi casi anche nella vita. Ma ho incontrato molte amicizie interessate e invidiose lungo il mio cammino. Rendermene conto, delle volte, mi ha fatto così male che ho preferito camminare sola.

Dalla moda al cinema… un passo difficile?
Dalla moda? Al cinema? Non ho mai fatto la modella. E non mi ritengo un modello per nessuno. Il cinema poi. non mi piace neanche guardarlo. Figuriamoci farne parte.

Il tuo volto è molto espressivo sembra quello adatto per un film fatto di immagini, emozioni, stati d’animo….
Questa cosa mi fa sorridere. Mi renderebbe davvero le cose più semplici, essere così espressiva. Non sono mai stata brava a comunicare a parole le mie sensazioni e i miei stati d’animo. Se davvero esistesse qualcuno capace di leggerle nel mio volto e nei miei occhi sarei a cavallo.

Quando una donna è volgare?
Una donna è volgare quando non pensa. Quando non riflette. Quando non legge. Quando non si informa. Quando non lascia spazio al non detto, al silenzio, al vuoto, all’ascolto.
Quando si fa vincere dalla smania di apparire più che da quella di essere. A rendere una donna volgare non è mai stata la nudità, la minigonna o un tacco 12.

Secondo te cos’è che gli uomini non capiscono delle donne?
Gli uomini delle donne non capiscono ciò che le donne non dicono. Spesso quando una donna parla dice qualcosa che nella sua mente si è già concluso, esaurito. Forse il problema è più legato alle tempistiche che alla comprensione. O forse all’incapacità di certi uomini di leggere al di là delle parole, di empatizzare, di allontanarsi anche solo per un attimo da quel concetto di linearità che non sempre appartiene alla logica femminile.

Parliamo di progetti: c’è una cosa che vorresti fare su tutte?
Una marea. Dalle più stupide alle più importanti. Ma la cosa su tutte che sto facendo e che voglio continuare a fare è danzare e insegnare, donare a me stessa e alle mie allieve la mia musica, le mie radici ogni giorno e andare con loro, mano nella mano, alla scoperta di nuovi orizzonti.

Quanta creatività occorre per avere successo?
per successo non intendo il proprio nome a caratteri cubitali sui giornali o sul web. Intendo la realizzazione personale. Per realizzarsi nella vita serve creatività. Si. Ma soprattutto serve coraggio.

Perché la televisione è così noiosa?
La tv è un passatempo. Uno svuota mente. Come tale va preso. Ho smesso da un po’ di crederlo un veicolo attendibile di informazione o un canale attraverso il quale crescere culturalmente. Infatti quando ho tempo guardo solo realtime. E mi diverto molto.

Un libro che vorresti scrivere?
Credo che in un mondo dove persino Fabio Volo è considerato uno scrittore, non sarebbe male che ci fosse un ritorno generale all’umiltà e alla consapevolezza che scrivere un libro NON È PER TUTTI. Di libri ne leggo molti, mi piace tenere dei diari, condividere qualche mio pensiero on line, ma lasciamo che a scrivere libri sia chi lo sa realmente fare. Vorrei aver avuto la capacità di scriverne molti, però. Uno in particolare che mi ha rapita in questo periodo "ti ho amata per la tua voce" di Salim Nassib sulla storia di Oum Kalthoum. Meraviglioso.
Una provocazione intelligente…
Utilizzo la provocazione nel lavoro, Con le mie allieve. Credo sia un ottimo metodo per cercare di ottenere il massimo in termini di resa e di impegno. Penso che se esiste una provocazione sensata sia quella che sprona gli altri a fare e dare di più, facendo sempre attenzione a non calcare troppo la mano. Perché non tener conto dei tempi, delle necessità e della sensibilità altrui non è più provocazione, ma solo una forma di violenza.

Una bugia intelligente…
Ne ho dette diverse di più e meno intelligenti. Come tutti. Credo che le bugie intelligenti, le uniche che hanno un senso, siano quelle che hanno come unico scopo il non ferire oltremodo il destinatario soprattutto se abbiamo la sensazione che l’altro potrebbe non avere strumenti sufficienti per affrontare la verità. Non sono per la verità a tutti i costi.

La cosa peggiore che una donna può dire a un uomo…?
Non so se esiste un manuale, delle cose da dire e da non dire. Viste le reazioni spropositate, l’ego ferito e ex che non mi salutano neanche più però, credo di aver detto tutte quelle possibili.