Alessandro D’Itri – Maestro Nazionale FIT, Laureato in Scienze Motorie (Italia e Spagna), Lavora al Piatti Tennis Center dal 2020…
Alessandro, cosa si prova a essere uno dei maestri del Piatti Tennis Center, ovvero uno dei luoghi cult del tennis mondiale?
Lavorare nel Piatti tennis center è un grande motivo di orgoglio, è un posto speciale che racchiude tutta la passione in primis di Riccardo e poi di tutte le persone che lavorano qui al centro. Lavoro qui da 4 anni e devo dire sono passati molto velocemente tra le tante cose imparate e le esperienze fatte. Sicuramente il Piatti tennis center è un centro con alta qualità dei servizi ma ancor di più dell’attenzione verso il cliente e farne parte a 360 gradi mi entusiasma molto facendomi apprezzare ancora di più il mio lavoro.
Domanda d’obbligo: per entrare a far parte dei collaboratori di Riccardo Piatti quanto è stato duro il test?
Sono arrivato qui per la prima volta a giugno 2020 avevo voglia di un cambiamento e le mie necessità si sono incontrate con quelle del centro che era in cerca di un maestro con le mie caratteristiche. Ho passato qui più o meno 1 mese che possiamo chiamare di “prova” dove io conoscevo le dinamiche dell’accademia, del metodo di Riccardo e dei professionisti che ci lavoravano e allo stesso momento il centro e Riccardo conoscevano me sia dal punto di vista personale che professionale.
Le priorità che Piatti pretende da voi e dai suoi atleti?
E’ un piacere poter lavorare e aver come riferimento Riccardo, quotidianamente è presente al centro e trova sempre tempo per trasmetterci la sua passione e la sua esperienza di gestione delle difficoltà che possono trovarsi sia nel campo per un discorso tecnico sia al di fuori con un discorso più gestionale. Siamo degli educatori quindi abbiamo il dovere di essere rigorosi con noi stessi e con i nostri allievi.
La cosa più bella imparata da lui?
La passione e la voglia di trasmetterla, qualsiasi occasione è buona per discutere di tennis o per trasmettere a qualche principiante il tennis e il suo punto di vista ma tutto ciò con la stessa identica passione che ha quando è in campo con i professionisti. Questa rimane sicuramente una cosa che lo rende unico e che esprime a pieno la sua passione verso questo sport.
Che cos’è per lei il tennis?
Il tennis è stato sempre presente nella ma vita, ho iniziato a giocare relativamente tardi ma è stata un colpo di fulmine. Questa passione ha coinvolto subito anche la mia famiglia che mi hanno permesso di giocare e fare tornei, nonostante aver smesso presto il tennis giocato ho dei bellissimi ricordi soprattutto per tutte le esperienze fatte ma soprattutto per il forte legame con mio padre.
Com’è nata questa passione?
La passione è nata attraverso mio fratello e qualche lezione di nuoto non andata bene. Per fortuna non mi sono sentito a mio agio in acqua e nello stesso circolo c’era una scuola tennis dove giocava anche mio fratello, è stato amore dal primo momento.
Nel suo credo tennistico qual è la forma perfetta che mette d’accordo stile e tattica?
Lo stile è qualcosa di personale conseguenza dell’insieme delle caratteristiche fisiche tecniche e tattiche di un atleta, non è qualcosa di modellabile essendo cosi personale. Quello che un insegnante deve fare è lavorare sui tre fattori elencati precedentemente per alzare il livello e la performance del giocatore.
Come si sente nella parte di chi deve spiegare ai giovani talenti che frequentano il centro come si diventa persone civili prima e atleti professionisti poi?
In un atleta definito e completo possiamo vedere quanto la parte sportiva si fonde con quella umana, quest’ultima è imprescindibile per la formazione di un campione. Per sviluppare questa parte c’è bisogno di un insegnamento continuo su abitudini dentro e fuori dal campo, in modo da intervenire sulla logica e sul modo di pensare del ragazzo. E’ una parte molto delicata del nostro lavoro ma sicuramente è quella che può darti più soddisfazioni.
L’attività sportiva educa al sacrificio, al rispetto degli avversari, delle regole nella competizione: allora perché purtroppo spesso una manifestazione sportiva che sia una olimpiade o una semplice gara amatoriale viene sporcata dal doping?
Purtroppo essendo l’industria sportiva una realtà dove girano molto soldi per tanti sport si riscontrano diverse problematiche, nel tennis per quanto il doping sia presente la più grande è quella delle scommesse.
Come si metabolizza l’amarezza di una sconfitta?
Si impara a convivere con la sconfitta, ci sono sconfitte e sconfitte, ma il tennista perde tutte le settimane quindi deve conviverci e far passare meno tempo possibile per cancellare e pensare al prossimo allenamento di preparazione per la competizione successiva. Vengono vissute in maniera personale: qualcuno si isola qualche ora e qualcuno invece vuole discutere della partita per non pensarci più, ma come ripeto la cosa più importante è far passare meno tempo possibile per essere pronti nella preparazione del torneo successivo.
Come si festeggia una vittoria?
La vittoria di un match ha vita breve poiché il giorno successivo si va avanti nel torneo, quindi viene cancellata rapidamente e non si ha la possibilità di grandi festeggiamenti. Cosa diversa per la vittoria di un torneo, che a meno che non si abbia giorno successivo l’inizio del prossimo, si ha la possibilità di uscire e vedere magari meglio la città e provare qualche cibo tipico.
Si dice che più un sogno è grande, più ha confini indefinibili: cosa nella sua vita perfetta ancora manca?
Sì, sono un sognatore ma siamo ancora lontani dalla vita perfetta, sicuramente faccio una cosa che mi piace tutti i giorni e questa è una grande fortuna, ma dietro l’inizio di questa carriera (ho 31 anni e tanta strada da fare) ci sono diversi sacrifici come, a esempio, stare lontano dalla famiglia. Sono felice della strada presa e dei i risultati che sto avendo. Grazie alla mia passione e al Piatti Tennis Center che mi permette di migliorare e rendermi un professionista di questo sport.