Amanta Strata: Le mie opere raccontano un cammino di consapevolezza

Amanta Strata

Amanta Strata è nata a Genova ed è laureata in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel rispetto dello sviluppo dei suoi studi, la sua attività di artista si concretizza in diverse sezioni dell’Arte: artista del legno, illustratrice, restauratrice. È inoltre autrice di racconti e poesia.
Nel 2009 pubblica la raccolta di racconti e illustrazioni dal titolo L’inganno (Sagep Editori), da cui trae l’omonima mise en scène, seguita nel 2012 dalla raccolta di poesie e illustrazioni a penna biro Siamo alberi. È proprio in queste pagine che Amanta mette in luce quello che sarà il centro di tutta la sua Opera: il parallelismo tra gli uomini e gli alberi, ineluttabilmente ancorati alle radici, ma capaci di espandersi sino all’illimite del cielo.
Protagonista di svariate personali e collettive, merita, nell’arco della sua attività, innumerevoli premi, tra i quali spicca una menzione d’onore al Premio Sergio Fedriani.


Le sue opere lignee sono generate da un immaginario, tanto incantevole quanto riflessivo. Amanta dedica specificatamente un intero filone della sua Arte all’Infanzia, intesa come età creativa pura esente da contaminazioni introspettive, che le permettono di realizzare opere di forte immediatezza stilistica, ma dense del potenziale significato del divenire. In questi ultimi anni, ha rivolto la sua ricerca verso un ascolto profondo di se stessa e un ritorno alla Natura, alla Vita Rurale, all’essenza più profonda ed essenziale dell’esistere.

È proprio dall’osservazione della fauna selvatica e dalla pratica del birdwatching, infatti, che prendono vita le sue ultime opere a rilievo, dove la vivacità del colore incontra un sempre più forte senso materico, in una linearità che diviene essenziale.
Attiva anche come restauratrice, Amanta realizza rivisitazioni di mobili antichi e ormai desueti, che trasforma in vere e proprie opere d’arte, capaci di riaffacciarsi a nuova vita. Impegnata, inoltre, nell’ambito della poesia performativa è autrice di versi dalle forti connotazioni introspettive.
Sebbene naturalmente incline alla vita semplice e alla solitudine, Amanta riesce ad affacciarsi con successo sui canali social attraverso i quali propone le numerose sfaccettature della propria arte ad un pubblico attento e in costante crescita. Possibile seguirla alla pagina facebook: “I Ninnoli di Amanta” o al profilo Instagram @Amanta.Strata.

Amanta, le tue creazioni hanno una storia da raccontare? E se sì, quale?

Le mie opere raccontano un cammino di consapevolezza. Un cammino che si dispiega lungo tutta una Vita e si evolvono, mutando con esso. Raccontano i cicli dell’esistere e, in essi, gli inverni, visti come occasione di rinascita. Li raccontano a partire da metafore, quali quella dell’albero che per me rappresenta l’essere umano, in continua espansione verso uno spazio che sia proprio, ma ineluttabilmente ancorato alle radici. Sono opere profondamente psicanalitiche. Che narrano di una linea di confine. Quella tra la morte e la rinascita. Tra la cecità e la consapevolezza. Tra lo spazio conosciuto, visto come sicurezza (ma anche come assenza di prospettive) e il limite che ne sta al di fuori. Tra la paura che si lega al restare e il coraggio del dispiegare le ali nel cielo. E allora, dalle radici si passa ai rami e dai rami alle foglie e dalle foglie alla selvatica natura degli uccelli.

Parliamo della tua indole, e quindi delle tue radici… Da cosa nasce la passione per l’Arte?

Ricordo un giorno, alle scuole medie. Quando il professore ci disse di rappresentare i nostri ricordi. E mentre tutti disegnarono i genitori, i nonni o un luogo di vacanza, io disegnai una grossa àncora impigliata al fondale del mare. Il professore prese il foglio, e disse mostrandolo alla classe : “Amanta, sono molto emozionato nel dirti che tu sei un’artista”. Poi, lo appese nel corridoio della scuola. Da lì, da bambina introversa e un po’ emarginata quale ero, maturai l’idea di intraprendere il mio percorso di studi specifico. Seguirono quindi il liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti, dove ebbi occasione di conoscere profondamente l’arte, i moti interiori legati alla stessa, e poi le tecniche, la storia, il senso della bellezza.

Come nasce una tua idea?

La mia ispirazione nasce sempre da un moto interiore. Da un’esigenza, in primis. Spesso mossa da un’emozione incontenibile che se non indirizzassi in un’opera, non saprei francamente dove mettere. Se la guardassimo da un punto di vista scientifico, potremmo dire che nasce da una disregolazione emotiva, sebbene preferisca soffermarmi sul fatto che abbia imparato a trasformarla, come in un processo alchemico, in qualcosa che sia nuovo, unico e che porti in seno la bellezza.

Ti garba la definizione di studiosa di cultura materiale e di design?

Mi piace la definizione di artista. Con tutto quello essa implica. E di persona preparata. Che ha studiato e studia tanto, sia dal punto di vista del percorso scolastico e quindi storico e teorico, che dell’esperienza sul campo, della fatica, della gavetta e della conoscenza delle tecniche e dei materiali.

Appurata la tua abilità nel ridare nuova vita agli oggetti viene spontaneo chiederti: davanti al passato che è spesso ingombrante per ognuno di noi, ti sei mai posta la domanda se sia meglio riportarlo in vita o dichiararne la morte per sempre?

Tra il riportare in Vita il passato e il dichiararlo morto per sempre, c’è una via di mezzo. Che è quella che proprio muove il mio impulso a creare, lavorando spesso materie e supporti che, altrimenti, sarebbero in disuso. Ovvero, trarre insegnamento dal passato, conoscendolo, essendone consapevoli, senza rinnegarlo, né vivervi immersi, ma evolvendosi a partire da esso. Proprio come un albero che tragga nutrimento dalle proprie radici, espandendosi sino a trovare forma propria e piegandosi e mutando in base agli eventi, alla durezza dei venti e degli inverni. Nessun albero o fiore vivrebbe se estirpato. Così come nessun albero si svilupperebbe in forma propria se continuamente tagliato. Così, l’essere umano. E così la materia che io tratto. Sia essa il supporto per un assemblage o scultura, di cui mantengo sempre intatte le caratteristiche materiche, sia essa un arredo che si evolve in nuovo stile, seppur conservando la sua forma di origine.

La tua è una personalità intrigante, poliedrica: più vantaggi o svantaggi nella vita sociale?

Se parliamo di Vita sociale, direi assolutamente svantaggi. Se dipingessi la mia Vita e i miei rapporti umani come un qualcosa di semplice, mentirei. Si tratta, probabilmente, del vero, grande affanno che da sempre mi porto appresso e con il quale più fatico a convivere. Sempre divisa tra un luogo sicuro in cui restare, praticando ovviamente la mia arte, con contatti sociali pari a zero, e un affacciarmi sul mondo, dove troppo spesso mi sono sentita “sbagliata”, un po’ come la maglia che faccia inceppare la catena. Come se tutto questo “sentire” non fosse sempre ben accetto dalla società e dagli altri individui e, sicuramente, non compreso, spesso anche mortificato. Da qui, l’esigenza di sviluppare un linguaggio che fosse tutto mio dove potessi trasformare il mio peso in un dono. Eppure, è proprio il contatto con gli altri che mi fa sentire viva e densa di quelle possibilità ed emozioni da cui poi scaturisce il mio immaginario. In poche parole, la mia Vita sociale è una faticosa, continua, ricerca di un compromesso.

Come è possibile vivere di arte e cultura senza limitarsi a sopravvivere?

Dipende cosa si intende per sopravvivere. Ho una grande casa di campagna. Semplice. Rurale. Nella quale ho cresciuto un figlio con grande dignità. Con le galline, i gatti, Il cane, il bosco davanti al cortile. Una Vita densa di emozioni e di sentire. Passeggiate nei boschi. Uccelli. Cieli infiniti di fronte ai quali cenare ogni sera. E poi fatica e lavoro fisico. Tantissimo. La soddisfazione del restaurarsi una casa da soli, del vederla prendere forma a propria somiglianza. E del guadagnarsi da vivere assecondando il proprio moto interiore. Non credo questo si possa definire “sopravvivere”.

L’obiettivo più importante da centrare, adesso qual è?

Questa è troppo facile. Ovviamente, essere il più possibile felice. Qualsiasi sia la direzione.