Anna Vera Viva, Salentina, si trasferisce a Napoli nel 1982. Scrive da molti anni ed è sceneggiatrice di docufilm e cortometraggi tra cui La Consegna e Specchio delle mie brame; candidati al David di Donatello. Soggiorna spesso a Parigi e tra le montagne Abruzzesi. Con Garzanti ha pubblicato anche Questioni di Sangue (2022), il primo capitolo delle indagini di padre Raffaele.
Anna Vera Viva, L’Artiglio del tempo è un romanzo che sembra pronto per lo schermo. Magari era questa l’idea originale…
Questa è una considerazione che viene fatta spesso, sia per L’Artiglio del tempo che per precedenti romanzi e credo sia dovuta alla mia formazione di sceneggiatrice che mi porta a usare delle tecniche molto simili anche nella costruzione dei romanzi; anche se, in realtà, le mie storie nascono esclusivamente dalla voglia d’inventare, costruire e raccontare dei mondi nuovi.
Svelaci come nascono le trame dei tuoi libri?
Le trame dei miei romanzi nascono da un’intuizione, da qualcosa che per un secondo attira la mia attenzione. L’idea iniziale è piccola come una scintilla e, a me, che sono curiosa per natura e che ho tantissima voglia di conoscere il più possibile, di queste scintille se ne accendono tante. Quella giusta la riconosco subito però. Si manifesta esattamente come le altre ma, mentre le altre si accendono e restano lì da sole, quella giusta è come una potente calamita che attira e organizza intorno a se’ una miriade di altre idee, delineandoti una storia che pareva essere sempre stata lì in attesa che tu l’intercettassi. Spesso la mia curiosità mi attira verso mondi che non conosco e provo a entrarci dentro, a indagarli, li esploro per capirne il funzionamento, la sostanza, tutto quello che è lontano dall’idea preconcetta che ognuno di noi si fa di ciò che non conosce. Ho fatto questo, con le Drug Queen, con Cartomanti e Astrologi, Mondo Ebraico, Attori, Circensi e ne è sempre nato un romanzo.
Un prete e un boss della malavita che indagano, vivono e respirano nella Sanità che li ha visti crescere, perdersi e poi ritrovarsi… Che strana accoppiata o la realtà supera di gran lunga la fantasia di una scrittrice?
Qui è d’obbligo rispondere con una considerazione che Pirandello fa nel Fu Mattia Pascal e che ho fatto mia da tempo:
“La vita, per tutte le sfacciate assurdità, piccole e grandi, di cui beatamente è piena, ha l’inestimabile privilegio di poter fare a meno di quella stupidissima verosimiglianza, a cui l’arte crede suo dovere obbedire.”
La cultura, i libri, le storie sono il tuo pane quotidiano: chi sono i tuoi complici?
La Natura e l’arte. Immersa in questi due elementi ricevo stimoli continui e energia per creare.
La scrittura aiuta a capire la propria indole. Ha mai sentito la pressione di raggiungere determinate tappe nella vita personale?
Per quanto mi riguarda, ho sempre ragionato di progetti e mai di tappe. Ne me le sono prefisse, ne le ho mai viste ad attendermi sul cammino. Progetti tanti, sempre. Non potrei vivere senza. La stessa cosa accade con la scrittura, pur se concentrata sul lavoro in corso, ho già mille idee per il futuro.
Davanti allo specchio, nella tua intimità, ti sei mai detta: io ce l’ho fatta?
No. Non credo nella completezza di un essere umano dettata unicamente dal fatto di aver raggiunto dei traguardi. La vita ci da la possibilità di arricchirci continuamente e per tutta la sua durata. Credere di avercela fatta significa fermare questo processo e lo troverei orrendo.
Uscire dalla comfort zone è qualcosa a cui ti sei dovuta abituare, immagino, visto il modo in cui si deve lavorare da queste parti…
Uscire dalla comfort zone è indispensabile se si vuole esercitare l’arte dello scrivere. Raccontare richiede innanzitutto lo sforzo di comprendere al meglio il mondo che si sta esplorando e questo è impossibile se non ci si allontana dal conosciuto e da sé stessi.
In Italia, abbiamo il mito del modello “società civile”, che consideriamo più attento ai diritti civili. E’ davvero così?
Da viaggiatrice posso confermare che, rispetto al resto del mondo, l’Europa è un’isola felice per quanto riguarda i diritti civili. Godiamo di una libertà che altrove è impensabile. Anche in Italia, nonostante tutte le imperfezioni e le cose migliorabili, è innegabile lo sforzo per progredire sempre più in questo senso.
Fare quello che si desidera fare è la cosa più anticonformista per una scrittrice?
Spero di no. Fare quello che si desidera dovrebbe essere appannaggio di chiunque. Ma la libertà ha sempre due grandi nemici: le circostanze e l’autostima. Le circostanze a volte limitano materialmente il desiderio d’espressione, la mancanza di autostima, invece, ci rende succubi delle opinioni altrui e ci priva del coraggio necessario per vivere la vita come vorremmo.
Eppure le donne fanno fatica a sfondare nel mondo del lavoro, a parlare dei loro problemi, a denunciare le violenze subite… È l’ora di rompere quale tabù?
Un po’ quello che dicevo prima, ci vuole molto coraggio ad affrontare un giudizio sociale che non è ancora perfettamente educato a valutare obiettivamente queste dinamiche e che, dunque, isola invece di aiutare chi è vittima di violenza. Ma anche qui vedo uno sforzo a sensibilizzare sempre più le coscienze. Nell’Europa dl nord ci sono riusciti, spero che arrivi presto il nostro turno.
Se dovessi spiegare a un ragazzino la criminalità che cosa diresti?
Che la criminalità è quella che gli oscura gli orizzonti e se vogliamo anche i sogni. Che gli riduce le opportunità fino a cancellarle del tutto. Combatterla vuol dire fare un regalo a se’ stessi, rivendicare il futuro.
Papa Francesco ha detto: “Essere voce della coscienza di un giornalismo capace di distinguere il bene dal male, le scelte umane da quelle disumane…”
Il giornalismo, l’informazione, sono gli strumenti indici della libertà di un popolo. Basti pensare che ovunque nel mondo si voglia privare la gente dei suoi diritti, il primo settore ad essere penalizzato è la libertà d’espressione. La meravigliosa funzione che svolge chi fa informazione implica, altresì, una responsabilità enorme. Risvegliare la coscienza di chi ascolta.
E, per questo, è indispensabile averne una propria. Un pensiero critico e forte che impedisca quella certa forma d’indifferenza che s’impadronisce dell’essere umano di fronte all’ingiustizia. Qui cito un piccolo passaggio dell’Artiglio del tempo.
«Il mondo è disposto a farsi scendere una lacrimuccia solo quando il sangue è ormai freddo, quando l’orrore, quello vero, è passato. I cadaveri devono essere vecchi. Le ingiustizie lontane. Il mondo ama commemorare, ma non intervenire nel momento in cui le ingiustizie vengono compiute. Si guardi intorno», disse, «gli orrori di cui siamo circondati non meriterebbero un intervento? E invece niente. E poi fra cent’anni staranno tutti lì a commuoversi per qualcosa che, mentre accadeva, non attirava l’indignazione di nessuno. Che vadano al diavolo, padre. Io sono vecchio, e se la vecchiaia serve a qualcosa, è sicuramente ad accorgersi dell’ipocrisia che ci circonda».
Ci sono cose del passato con cui non hai fatto pace? E se sì, come è riuscita a chiudere quella pagina della vita?
Non ho conti aperti con niente e con nessuno. Sono una ferma sostenitrice del “Lascia andare”. Le cose capitano. Le cose sono quelle che sono. E così le persone. Perdere tempo a rimuginare, continuare a investire nel passato è uno spreco.
Che fine hanno fatto i tuoi desideri di bambina e che cosa desideri per il futuro? Insomma, c’è sempre un’uscita dal tunnel?
Scrivere è stato uno di quei desideri, forse il più forte. Ma come dicevo prima l’ho presto trasformato in un progetto. Per gli altri vale la stessa cosa, quelli su cui ho lavorato bene o male si sono concretizzati. Quelli per cui mi sono limitata a sognare sono restati dei sogni. Per il futuro sono piena di progetti, e sempre di nuovi ne arrivano man mano. Da convinta fautrice dell’azione e del lavoro, sono dunque convinta che, non mancando questi, l’uscita dal tunnel è sempre alla nostra portata.