Nel 2023 il 7,1 % degli occupati nell’UE ha lavorato per molte ore nella propria mansione principale. L’orario di lavoro lungo si riferisce a quei lavoratori che di solito trascorrono 49 ore o più alla settimana al lavoro. Tra i paesi dell’UE, la Grecia ha registrato la percentuale più elevata di lavoratori con orari prolungati (11,6%), seguita da Cipro (10,4%) e Francia (10,1%). Nel frattempo, i tassi più bassi sono stati registrati in Bulgaria (0,4%), Lituania e Lettonia (1,1% ciascuno).
Per Debora Moretti (Zeta Service e Fondazione Libellula) il dibattito in corso a livello politico e parlamentare sul progetto di legge promosso dal senatore Filippo Sensi è “incoraggiante. Noi lo consideriamo fondamentale e sacrosanto: tutti e tutte abbiamo la necessità di staccare, di riposarci e di vivere appieno la nostra vita anche al di fuori dell’orario di lavoro! In tutte le nostre sedi ricorderemo a tutte le nostre persone che non tolleriamo mail e chiamate fuori dall’orario lavorativo, con l’invito a segnalarci sempre eventuali problematiche o mancanze di rispetto di questa regola”.
Debora, il Ddl Sensi stabilisce che, una volta terminato l’orario di lavoro, il dipendente non può essere disturbato dal datore di lavoro fino al giorno successivo, garantendo così almeno 12 ore di pausa. Se questa norma non dovesse essere rispettata, i datori di lavoro rischiano sanzioni pecuniarie. Basterà per disconnetterci?
Il Ddl Sensi è un primo passo importante, ma non è la soluzione definitiva. Tra smart working, mail, call e WhatsApp, il confine tra lavoro e vita privata è sempre più sottile: le persone si sentono spesso obbligate a rispondere anche di sera o nel weekend, per paura di perdere un’opportunità professionale o perché sentono di deludere l’azienda. Oltre che poi c’è, secondo me, un importante tema di costante reperibilità: nuovi mezzi come i social o WhatsApp ci hanno aperto tantissime porte, ma hanno portato con sé anche un problema di costante reperibilità, sempre connessi e connesse. È un circolo vizioso che intacca la nostra salute mentale, il nostro benessere. Proprio per questo in Zeta Service abbiamo capito che serviva fossimo noi a dare l’esempio: abbiamo creato una cultura aziendale che valorizza il tempo libero e che promuove un equilibrio sano tra vita professionale e privata. Nonostante per noi sia sempre stato così, nel 2019 abbiamo sentito l’esigenza di metterlo nero su bianco, nel nostro regolamento e quest’anno lo pubblicheremo in un manifesto che sarà presente in tutte le nostre 9 sedi. È passato l’orario di lavoro? Stop, niente chiamate, niente mail: ne riparliamo il giorno dopo. Nessuna delle nostre persone si sente in obbligo di dover rispondere, perché sanno che è giusto così e che la loro azienda incentiva questo modo di pensare: trovo sia fondamentale trasmettere questo messaggio a chi lavora con te. E proprio per far arrivare forte e chiaro questo messaggio di fiducia e flessibilità abbiamo messo in chiaro anche altri punti per noi fondamentali: da noi non si timbrano cartellini, sì allo smart (e anzi, stiamo lavorando per renderlo ancora più flessibile), smart al 100% d’estate e nel periodo natalizio e, sempre d’estate, light Friday. Sono tante azioni che, insieme, creano proprio quel tipo di ambiente che citavo prima: mettere al centro alle persone non deve essere uno slogan, ma il risultato di una strategia vera, pensata e fatta su misura di chi lavora con te.
La difficoltà di separare il lavoro dalla vita privata, una situazione che sta diventando sempre più comune, soprattutto tra i giovani… Si parla tanto di privacy ma se si naviga in rete ti rendi conto che l’intimità non esiste più: le nuove generazioni sono più aperte e trasparenti. Forse un po’ troppo. Rischi?
Si, è vero, su Internet sembra che l’intimità non esista più, e questo crea un pericolo di esposizione. La separazione tra lavoro e vita privata è già difficile per le persone adulte, per le nuove generazioni è ancora più complicato visto che sono sempre connesse. È fondamentale educare a un uso consapevole della tecnologia e dei social, per proteggere la propria privacy, e non solo sul piano legale, ma anche emotivo. Un equilibrio tra apertura e protezione è necessario. Grazie al mio lavoro con Fondazione Libellula, l’impresa sociale di Zeta Service per la prevenzione della violenza di genere e la promozione dell’inclusione, ho l’opportunità di confrontarmi con tantissimi e tantissime adolescenti che partecipano alle attività e ai laboratori che ci sono nel nostro Spazio Libellula a Milano: fanno fatica a immaginare una vita senza Instagram, senza TikTok. Spesso ciò che conta è come vieni percepito e percepita da chi ti segue sui social, la vita reale conta un po’ meno. Il parametro dei like, se ci pensiamo, costringe le nuove generazioni a subire una logica performativa: quanti follower hai? Quanti like hai ottenuto? Quella storia chi l’ha vista? Hai visto quanti viaggi fa quella persona? E hai visto quante cose ha comprato? Perché io no? Ecco, questo le rende più vulnerabili allo stress e all’ansia, vivono anche in costante confronto. Con Fondazione Libellula stiamo cercando di offrire un supporto concreto: aiutiamo adolescenti e genitori a prendersi degli spazi di ascolto, confronto e riflessione per capire come si percepiscono e come gestire l’iperconnettività dei nostri tempi.
In Italia si stima che 336 mila minori tra i 7 e i 15 anni abbiano avuto esperienze di lavoro e che 58mila adolescenti tra i 14-15 anni siano stati coinvolti in attività lavorative dannose per l’impatto sui percorsi scolastici ed educativi e per il benessere psicofisico… Per il momento, spiace dirlo, la “guerra” è ancora fredda.
Purtroppo sì, in Italia il lavoro minorile esiste ancora, e questo è un dato che mi preoccupa molto. Il lavoro precoce impatta non solo sull’istruzione e sullo sviluppo dei ragazzi e delle ragazze, ma anche sul loro benessere psicofisico. In Zeta Service, uno dei nostri impegni è quello di promuovere una cultura che faccia crescere le persone, soprattutto i e le più giovani, in un ambiente che valorizzi il loro potenziale. E questo significa supportare l’educazione e il benessere, come ad esempio facciamo noi ogni anno con il nostro Campus, un’iniziativa formativa completamente gratuita, della durata di circa 70 ore, che offre ai e alle giovani l’opportunità di acquisire competenze pratiche e teoriche nel campo Payroll e HR Admin. Durante il Campus, imparano a calcolare la busta paga, il TFR, le detrazioni fiscali e tutte le nozioni teoriche in merito all’amministrazione del personale. L’obiettivo principale è quello di formare le nuove generazioni prima del loro ingresso nel mondo del lavoro!
Più di 1 italiano su 4 afferma che il suo benessere psichico è peggiorato negli ultimi 3 anni e il 49% di chi ha fatto ricorso alla psicoterapia ha dovuto interrompere o ridurre le sedute per insostenibilità economica. Solo l’educazione e la cultura possono cambiare un sistema malato e pieno di disagi?
Il peggioramento del benessere psichico è un fenomeno che dobbiamo prendere sul serio. Se non risolviamo i problemi alla radice, i disagi cresceranno. L’educazione e la cultura sono sicuramente strumenti fondamentali per cambiare le cose, ma devono essere accompagnati da politiche di supporto, accessibili a tutti. La psicoterapia, per esempio, deve essere un diritto, non un lusso. Le aziende, come la nostra, devono contribuire a creare un ambiente di lavoro sano e a sensibilizzare sulle tematiche legate alla salute mentale. In Zeta, già da qualche anno, è attivo un servizio di supporto psicologico gratuito.
Nel frattempo le tecniche della persuasione occulta sono diventate molto più raffinate e insidiose, grazie anche al famigerato algoritmo che addirittura ci cuce addosso l’informazione come un vestito su misura, con l’obiettivo di non deluderci mai, accompagnandoci dolcemente verso obiettivi prefissati…
La persuasione occulta è un fenomeno sempre più forte, soprattutto online. Gli algoritmi sanno come mostrarci solo ciò che ci piace e ci interessa, e questo può limitare la nostra visione del mondo. Allo stesso tempo, può essere anche uno strumento potente, se usato nel modo giusto. L’importante è che ognuno di noi sia consapevole di come funzionano questi meccanismi. Personalmente, credo che educare le persone alla riflessione critica sia essenziale, per evitare che gli algoritmi ci manipolino senza che ce ne rendiamo conto.
Che ruolo hanno nella tua vita il coraggio, la temperanza, la sincerità e la giustizia?
Questi valori sono fondamentali per me. Il coraggio mi permette di affrontare le sfide, soprattutto quelle più difficili e a vederle da un altro punto di vista, quello dell’opportunità. La temperanza mi aiuta a mantenere l’equilibrio anche quando la situazione è tesa: credo sia essenziale per imparare ad ascoltare chi è dall’altra parte e capirne i bisogni, le necessità, lo stato d’animo. La sincerità è il fondamento di ogni relazione, sia personale che professionale. E la giustizia è la base su cui costruisco la cultura aziendale di Zeta Service: crediamo che ogni persona meriti di essere trattata con rispetto e equità. Senza questi valori, non avremmo mai raggiunto i risultati che abbiamo.
Qual è la cosa più sorprendente che hai scoperto lavorando su queste tematiche?
La cosa che mi ha sorpresa di più è quanto sia difficile cambiare le abitudini e le percezioni delle persone. Siamo tutti e tutte condizionati e condizionate da vecchie credenze, stereotipi di genere e modelli di comportamento e organizzativi che spesso non ci permettono di vedere le cose da una prospettiva nuova, quella del cambiamento, della flessibilità, dell’equità e del benessere. Però, quando riesco a far cambiare anche una piccola parte di mentalità, e vedo il benessere delle persone migliorare, è incredibile. La trasformazione non è mai facile, ma è sempre possibile se c’è un impegno concreto da parte di tutti e tutte. Io sono molto fortunata, insieme a me ho tutte le persone di Zeta Service e Fondazione Libellula che, non solo condividono con me valori e proposte, ma se ne fanno promotori e promotrici!