Siamo tutti ospiti inattesi. Una ragazza esperta di cose della vita racconta il suo stupore. A Ermy, con la y, (Erminia Richichi) piace raccontare storie di cose che si toccano, nel senso che ci si deve sbattere il muso per venirne a capo. Cose perché ogni emozione che si vive è l’oggetto delle cose che riempiono la vita. Quelle cose che ognuno di noi cerca di mettere al loro posto e invece loro scappano via. Sono emozioni che hanno il potere di sopravvivere alle persone e ci parlano anche indipendentemente da ciò che vorremmo sentir loro dire. Ermyconlay la divulgatrice originale vive a Messina. Già in tenera età partecipava attivamente alla vita scolastica prendendo parte a varie attività, tra cui musical e spettacoli corali.
Perfezione cercasi: impalpabile ma con un effetto visibile.
Frequenta e si diploma in lingue e letteratura straniera al liceo linguistico E. Ainis, prima di finire l’ultimo anno scolastico però, partecipa a un progetto musicale e canta per la prima volta in diretta radiofonica per “Radio Antenna dello Stretto”. Non solo, partecipa alle selezioni per Miss Italia e contemporaneamente lavora in un call – center, esperienza che la aiuta a sviluppare l’impostazione vocale e la parlantina.
Più una luce è potente, più quando si abbassa, rende speciale quello che illumina. La comunicazione è nel suo Dna: Scrive alcuni articoli per il giornale Quattroruote, in quanto si ritrova spesso a partecipare a raduni di auto. La sua curiosità la porta sul profilo di un’agenzia di animazione, la Groovy Smiles Entertainment e decide di mandare la candidatura per diventare animatrice nei villaggi turistici, percorso che intraprende tutt’oggi , ricoprendo il ruolo di Capo Area. Tra una stagione e l’altra, al rientro a Messina, decide di partecipare al Messina Talent Show, un talent canoro in onda su Antenna Mediterranea, diretto da Andrea Brancato e condotto da Natale Munaò, classificandosi quinta. Attualmente, oltre all’animazione, conduce insieme al regista e creativo, Andrea Brancato, la trasmissione televisiva “In Piazza”, in onda tutti i giorni su RTP, subito dopo il TG. Saranno riflettori accesi, sarà musica, sarà spettacolo, sarà sogno, saranno tempi da rispettare, passi da indovinare: sarà moda.
Siamo tutti ospiti inattesi. Per il momento è vita. Con tutto quello che, appunto, di terribilmente umano è imperfetto la caratterizza. Insomma, mettiamola così: Ermyconlay da qualche parte sbuca fuori. Questione di un attimo, questione di un dettaglio, di un interstizio fra una parola e l’altra.
Il senso di Ermy per la vita?
Di getto ti risponderei “La serenità”. Riflettendoci meglio ti dico “Viaggio” e “Trasformazione”. Ho sentito parlare della cosiddetta “Teoria del Treno” ma non quella del treno che passa una sola volta nella vita, quella in cui sono io il treno, e la vita è il binario su cui viaggio, con tanto di fermate e passeggeri che entrano ed escono in base alla loro destinazione, che spesso appunto è diversa dalla mia, lavori in corso e fermate di emergenza.
E non ti nego che, in tutta sincerità, da quando ho iniziato a capire che il treno sono io vivo molto più serenamente e mi faccio meno problemi. La mia non è superbia, attenzione, perché il confine è molto sottile, la differenza sta nel fatto che ho sempre fatto e farò sempre di tutto per essere leale e corretta nei confronti di tutto ciò che mi circonda, con la consapevolezza però del fatto che non posso fermarmi e ritardare il mio viaggio a causa di quello che succede, il rimborso sul ritardo lo dovrei a me stessa, e il tempo che ci viene concesso non è rimborsabile.
Ci sono oggetti, eventi, amori, passioni, inciampi che ci circondano, parlano di noi, attraversano il tempo. Io le chiamo cose della vita. Sono nostre creazioni che oltre la forma, hanno una storia da raccontare, anche indipendentemente da ciò che vorremmo sentir loro dire. Suggestioni?
“Ogni persona che passa nella nostra vita è unica. Sempre lascia un po’ di se e si porta via un po’ di noi”. Questa frase, che solo recentemente ho scoperto sia di una poesia di Jorge Luis Borges, me la scrisse una mia compagna di classe sul diario di scuola, credo in prima o in seconda media, mi ha da sempre colpito, anche se a quei tempi ero solo una ragazzina. Io credo, da eterna sognatrice, che ogni “cosa della vita”, per utilizzare il tuo modo di definirle, accada per un determinato motivo, anche quella più brutta, come la perdita di un genitore, di un amore, ma anche un litigio con un caro amico… tutto ci serve per crescere, maturare, migliorarci e trasformarci. Personalmente ho sempre cercato di imparare e assimilare gli eventi e le persone che ho incontrato sia in positivo sia in negativo. Le cose belle mi danno la forza e la speranza di andare avanti, le cose brutte mi insegnano cosa non voglio diventare. Per questo, scherzando con gli amici, dico sempre che sono una che “o vince, o pareggia”. Quindi per concludere, finora tutto mi è servito… anche gli ex!
Comunicare nell’era del digitale può generare valore: insomma, quello che facciamo e diciamo è la nostra carta d’identità?
Si e no. Mi spiego meglio. A mio avviso la comunicazione attuale ha i suoi vantaggi, è immediata e ci permette di comunicare con amici o parenti che vivono dall’altra parte del pianeta, di trovare opportunità di lavoro diverse (io, a esempio, lavoro per un’agenzia di animazione che ha sede a Torino) e ci permette di ampliare i nostri confini anche nel conoscere nuove persone… nell’ultimo caso bisogna capire però chi effettivamente troviamo dall’altra parte, ultimamente e troppo spesso sento parlare di “catfish”, creare cioè un’identità online falsa per ingannare qualcuno per possibili relazioni, nella “migliore” delle ipotesi, solo per noia ,causando però nella vittima non pochi disagi emotivi, nella peggiore, con l’intento di frodare la vittima facendosi inviare denaro.
Gli esperti di comunicazione sostengono che noi siamo il brand di noi stessi o, ancora meglio, noi siamo i media di noi stessi e in quanto tali, facciamo notizia, diventiamo ogni giorno notizia. Tutto viene alla luce o qualcosa scompare?
Credo che al giorno d’oggi ci troviamo in una società basata sull’apparenza, di conseguenza è difficile trovare qualcuno che sia “vero” nel suo modo di mostrarsi al mondo. Sono la prima a utilizzare i social attenzione, ma “con cautela”, nel senso che pubblico solo quello che voglio sia visto, ci tengo alla mia vita privata e alla mia privacy e cerco di tutelare chi c’è accanto a me. Non sono una VIP, non sono nessuno, però vedo gente che fa sapere al mondo anche quante volte al giorno usa la toilette, “sfrutta” i figli piccoli per fare visualizzazioni e prendere like o addirittura abbandona il suo vero modo di essere e i propri ideali per lo stesso motivo, o, peggio ancora, una cosa che odio, video in cui si fa beneficienza solo per apparire… e mi chiedo, se poi di presenza sono una persona senza contenuti, che senso ha?
Sei una professionista dell’animazione nei villaggi turistici: come è scoccata la scintilla? Quali sono stati i momenti più importanti di questa esperienza?
Ti ringrazio per avermi definito “Professionista”, è una parola grossa , ho ancora molto da imparare. Posso dirti però che è un lavoro che amo e che faccio con passione. Non so dirti quando di preciso è scoccata la scintilla, sono sempre stata “La pagliaccia della situazione” e con questo non intendo dire che gli animatori siano dei pagliacci. Ho sempre amato stare a contatto con le persone, fin da piccola, piangevo di sabato perché la scuola materna era chiusa e non potevo andarci. Cercavo sempre di creare un gruppo e non escludere nessuno, alle recite scolastiche ero sempre la prima ad alzare la mano per chiedere di partecipare.
E crescendo ho continuato, alle feste di compleanno ero quella che faceva partire i balli di gruppo e ai matrimoni mi seguivano tutti perché conoscevo i passi.
Poi ho sempre amato cantare. Il giorno del battesimo di mio fratello mi sono allontanata dai miei genitori, sono andata dalla band che suonava live, e ho chiesto se potevo cantare “Gente come noi” di Ivana Spagna. La prima canzone che ho cantato in vita mia è stata “Vaff….” Di Marco Masini, da brava bambina però chiedevo sempre il permesso ai miei genitori prima di dire la famosa parolaccia…
Ho iniziato a fare l’animatrice da adulta in realtà ,avevo 29 anni e uscivo da una relazione di dodici, dovevo ricominciare da zero, ma non sapevo da dove , ho scaricato TikTok, ho iniziato a fare video ironici per passare il tempo, e piano piano ho ritrovato un lato di me che per quei 12 anni avevo praticamente spento, e girando su quest’app ho trovato il profilo della Groovy Smiles Entertainment, durante una live ho saputo che cercavano risorse umane, e mi sono detta “perché no?!”, ho inviato il curriculum e fatto il colloquio, e mi hanno presa!
Mio padre in primis era felicissimo per me, ha sempre amato viaggiare , sapeva suonare la batteria ma a detta sua non ha mai avuto il coraggio di salire su un palco, e sempre a detta sua ero l’unica in casa nostra ad avere la “Faccia Tosta” per riuscirci, quindi mi ha spronato a partire dal primo momento.
Uso il tempo passato perché mio padre non c’è più, è morto l’estate della mia prima stagione in animazione, aveva un tumore raro e la situazione si è aggravata mentre io non c’ero, non ha mai fatto trasparire la sua sofferenza durante le nostre videochiamate, ma mi aveva promesso prima che partissi che mi avrebbe aspettato per salutarmi, e lo ha fatto, io sono tornata prima apposta. Poi sono tornata in villaggio…un po’ anche per lui.
Di momenti importanti ce ne sono stati tantissimi, ho conosciuto persone provenienti da tutta l’Italia con cui tutt’ora sono in contatto, ho avuto colleghi che sono diventati amici e che ormai fanno parte della mia quotidianità, e non solo, ho viaggiato tanto e ho vissuto in posti diversi, lasciando sempre un piccolo pezzo di cuore ovunque ma senza perderlo mai. Un ottimo modo per ricominciare, lo ammetto.
Quanto sono forti le tue spalle? Hai mai avuto paura del giudizio degli altri? Di che colore è la sfumatura della tua quotidianità?
Quando mio padre si è ammalato avevo 15 anni, crescendo gli sono sempre stata vicina durante le visite e gli esami di routine, ho preso la patente nel periodo in cui faceva chemioterapia in provincia di Catania, perché anche se lui riusciva a guidare volevo che evitasse di sforzarsi. Sono cresciuta con l’esempio di mia madre che mi ha sempre che “solo alla morte non c’è rimedio, per tutto il resto c’è una soluzione”.
Quindi, credo di avere le spalle abbastanza forti, ma nel dubbio mi tengo sempre allenata.
Per un periodo della mia vita il giudizio degli altri è stato un bel peso da sostenere, poi mi sono svegliata per fortuna. Ho un senso della giustizia molto forte e di conseguenza mi impegno con tutte le mie forze per essere corretta, quindi sono a posto con la mia coscienza, del resto chi è infelice di come vive avrà sempre qualcosa da ridire sugli altri, non è un mio problema. Per quanto riguarda la sfumatura della mia quotidianità, a volte è fucsia, a volte gialla, a volte grigia, l’arcobaleno mi è sempre piaciuto, ecco.
Cosa sogni più spesso?
In realtà i miei sogni sono sconclusionati! Non sogno mai le stesse cose, a volte sono sogni totalmente fantasiosi, altre volte catastrofici. Una cosa che mi succede spesso però è di sognare qualcuno e incontrarlo il giorno dopo, come una sorta di premonizione… chissà, magari in qualche vita passata ero una strega!
Ci sono parole che ti attraggono più di altre?
Ti sorprenderò: i termini dialettali. Non solo in siciliano ovviamente, lavorando nel mondo dell’animazione viaggio spesso e ogni volta che sono in un posto nuovo cerco di imparare il dialetto locale e “traduco” in dialetto siciliano, a volte sono termini molto simili, altre volte sono due parole così diverse che non ti aspetteresti abbiano lo stesso significato. Credo che sia interessantissimo imparare i vari dialetti italiani , d’altronde fanno parte della nostra storia e della nostra cultura. E poi mi incuriosisce molto come dal “volgare” (la lingua del vulgo, del popolo) ogni regione abbia trasformato e riutilizzato ogni singola parola facendola propria.
Il termine coraggio che posto occupa nella tua storia?
Credo sia una delle mie colonne portanti. Ho già parlato di alcuni periodi importanti della mia vita nelle domande precedenti, ma fortunatamente ho sempre avuto una sorta di “istinto di sopravvivenza” che mi ha dato il coraggio di andare avanti e a volte addirittura di ricominciare da zero. Anche solo per fare un passo avanti bisogna perdere l’equilibrio per un secondo, ma se non hai il coraggio di farlo rimani fermo… ok questa l’ho copiata (ride) però sostanzialmente è vero.
Quale tipo di disagio è figlio dei nostri giorni?
L’ansia. L’ansia di non riuscire, l’ansia di quando sei sotto pressione in una situazione lavorativa o sentimentale, l’ansia di quando devi dare un esame all’università o fare un colloquio di lavoro. Che poi sfocia in disordini alimentari, in insonnia, in depressione. Lo vedo soprattutto nei ragazzini, e non è una critica, come a dire “quando ero piccola io…”, semplicemente credo che dovremmo tutelarli un po’ di più sotto questo punto di vista.
Quando spegni le candeline, esprimi un desiderio con la fiducia che qualcuno lo ascolterà…come se avessi la certezza che possa funzionare. Da piccola come immaginavi di essere da grande?
Premetto: io sono certa che funzioni. Da piccola avevo molta fantasia , un giorno volevo diventare dottoressa, un giorno veterinaria, un giorno parrucchiera, poi una giocatrice di pallavolo come Mila di “Mila e Shiro”, poi sognavo di fare musical a teatro o di cantare su un palcoscenico, di condurre un programma in tv o in radio… in realtà non sono cambiata crescendo.
Al di fuori delle professioni per cui dovrei necessariamente prendere una laurea ( …e c’è sempre tempo!) , ho imparato a farmi da sola le acconciature o la piega ai capelli, ho giocato a pallavolo dagli 11 ai 17 anni, giocando per un periodo anche nel Messina Volley (mi sono fermata poi per un problema alla schiena), faccio l’animatrice e con la mia agenzia ogni anno, in occasione del “Groovy Rewind” (che stiamo attualmente preparando per il 10 Novembre), ma anche durante le varie stagioni in villaggio, ho recitato in musical come “Pinocchio”, “Peter Pan”, “Hercules” e a breve “Rocky Horror Picture Show”, ho partecipato come cantante al “Messina Talent Show”, diretto da Andrea Brancato, con cui sto conducendo anche il programma “In Piazza”, che va in onda su RTP. Ho avuto modo di intervistare grandi artisti Messinesi come le Glorius 4 (tra cui c’è Agnese Carruba, la mia insegnate di canto), Leo Lippolis, Helen Brown, Nello Mastroeni insieme alla figlia Manuela, Maurizio Marchetti, Alessio Toscano Raffa dell’Associazione Nino Cucinotta, Luciano Fiorino, il fumettista Lelio Bonaccorso e tanti altri. Diciamo che ho sempre inseguito i miei sogni e le mie passioni, mi sono sempre impegnata e ho sempre creduto in quello che stavo facendo, in modo da non avere rimpianti, mai.
Hai realizzato tutto quello che pensavi di realizzare?
Ovviamente no! Ma ho ancora tempo, 34 anni non sono poi tantissimi se ci pensi. (ride)
Un tempo le ragazze avevano aspettative come il matrimonio, figli e classe sociale. Oggi?
Un tempo queste aspettative le avevo anch’io, i miei genitori mi hanno dato l’esempio della famiglia unita, con dei valori e gliene sarò per sempre grata. Ho avuto una storia molto lunga che poi è finita, ne ho recentemente chiuso un’altra, stavolta in maniera un po’ più “consapevole”, non mi sono disincantata, credo e crederò sempre nell’amore vero, quello delle favole per intenderci, semplicemente però in questo momento della mia vita vorrei realizzarmi su altre cose, a livello personale e lavorativo, ed è quello che consiglierei a tutti… non è egoismo, solo amore per sé stessi. Poi se e quando la persona giusta arriverà, e per persona giusta intendo quella che non ti demotiva ma che anzi ti supporta, che non ti vuole “solo per sé”, credo che viviamo in una società abbastanza evoluta in cui entrambe le cose siano fattibili.
Se dovessi scrivere il romanzo della tua vita cosa vorresti mettere in risalto più di tutto?
Qui tocchiamo uno dei miei sogni nel cassetto (mi servirebbe un armadio a cabina per tutti i miei sogni, ma credo si sia capito). Mi piacerebbe moltissimo scrivere un libro. Non so di cosa parlerei di preciso, su questo ho le idee ancora molto confuse, ma sicuramente giocherei di autoironia. Ovviamente, verrò a chiederti consiglio!
Chiudiamo con una suggestione: parodia e parole della nostra epoca?
La prima cosa che mi viene in mente è il termine “cringe”, che si usa per dire che qualcosa o qualche situazione è imbarazzante oppure “sus” che deriva da “suspicious”, sospetto, o “shippare” che non vuol dire rubare la borsa a una vecchietta, ma vuol dire qualcosa come sostenere la nascita di una relazione tra due persone che, se è il caso, non sono la “crush” (la “cotta”) l’uno dell’altro. Vedevo spesso utilizzare questi termini sui social e inizialmente non li capivo, poi fortunatamente ce l’ho fatta e mi sono detta: per fortuna non sono una boomer!” che appunto è il termine per indicare chi non capisce questi termini e/o fa “cose da vecchi”.