Dopo anni trascorsi a raccontare lei le storie di altri e promuovere i loro lavori oggi raccontiamo noi la professionista della comunicazione Francesca Ghezzani. Una storia di donna, moglie, madre, collega per confrontarsi e conoscersi meglio.
Nasce il ritratto di una Francesca dalle molteplici sfumature di rosa. Le storie di una, dieci, venti donne, unite dentro la sua anima, dal filo di una professione che per una volta si mette da parte – seppur mai del tutto – accendono una luce, a volte ingenua e a volte ironica, sul lato più privato della vita, del lavoro e sugli stratagemmi messi in atto per affrontare gli effetti del pregiudizio o della semplice gelosia.
Da questo incontro professionale è venuto fuori una intervista in cui potranno ritrovarsi altre donne e non solo, che si immergono nel contesto sociale e lanciano spunti per ripartire. Donne che si uniscono e fanno rete, superando velocemente ogni divergenza e mettendo il proprio lavoro e la propria esperienza a disposizione di altri professionisti.
Francesca da anni lavori come giornalista radiotelevisiva e addetta stampa per associazioni, scrittori, artisti, enti e professionisti, hai collaborato con case editrici come editor e con istituti in qualità docente di comunicazione ed eventi, quindi chi meglio di te può spiegarci perché una volta ci facevano paura lupi e briganti mentre oggi si teme chi usa le parole per raccontare i fatti?
Forse perché nel ruolo di fruitori siamo arrivati al punto di dover rieducare il nostro pensiero critico nei confronti della comunicazione al fine di interpretare meglio i fatti raccontati. Lo si può fare attraverso l’approfondimento e l’umiltà di ascoltare chi ne sa più di noi in determinati campi, operando così una distinzione fondamentale tra informazione, disinformazione e misinformazione. Inoltre, ritengo che sia opportuno ricominciare a soppesare le parole, che un loro peso specifico ce l’hanno eccome. Dall’altra parte, mi risulta impossibile non chiamare in causa la figura del giornalista, responsabile proprio di raccontare i fatti facendosi da intermediario tra la fonte e l’interlocutore finale. Una comunicazione che solleva solo problemi, seppure oggettivi, ma non presenta possibili soluzioni e non dichiara apertamente i limiti delle soluzioni stesse non è più credibile, ormai ha perso la fiducia di cui godeva un tempo. Se si è costruttivi e completi nell’informare, la narrazione dei fatti, anche i più dolorosi e aberranti, non farà più così paura e riporterà a un avvicinamento tra il mondo dell’informazione e chi lo segue.
Quando scrivo i miei racconti mi piace umanizzare i personaggi: cosa ricordi della tua adolescenza?
Ricordo un’adolescenza piuttosto serena, scevra di grossi scossoni, fatta di primi amori e batticuori, impegno e senso del dovere, punti di riferimento e valori solidi grazie alla mia famiglia e quel senso di spensieratezza che poi la vita di adulto non consente più in egual misura.
Formazione umana e artistica?
Sì, il liceo classico prima, una laurea in Scienze linguistiche e Tecniche dell’Informazione e della Comunicazione dopo e poi un corso di specializzazione in Tecniche di Produzione nell’Audiovisivo e nel Multimediale. Scienze e numeri non sono mai stati il mio forte.
C’è stato un momento preciso nel quale hai deciso che la tua vita sarebbe stata votata alla scrittura?
Più che alla scrittura in senso lato credo di aver sentito la vocazione nei confronti della comunicazione, in ogni sua forma. Scrivo tanto per preparare le interviste, le scalette televisive, per dare un mio contributo giornalistico quando autori di libri mi chiedono di entrare nelle loro pagine, ma è la comunicazione verbale l’ambito in cui mi sento assolutamente a mio agio.
Hai, appunto, una laurea in Scienze Linguistiche e Tecniche dell’Informazione e della Comunicazione con una tesi dal titolo “L’informazione nel palinsesto della TV italiana e tedesca: analisi dei programmi di approfondimento” e consegui poi la Specializzazione in Tecniche di Produzione nell’Audiovisivo e nel Multimediale”. Facciamoci dei nuovi amici: quale dei programmi di approfondimento ha deluso le tue aspettative e perché?
L’elenco sarebbe lungo, diciamo che ci rientrano tutti quei programmi che fanno del battibecco becero il loro appeal e che invitano a parlare di argomenti molto seri ospiti senza alcuna competenza in materia solo per alzare l’audience. Trovo questo assolutamente deleterio, ancor di più in un momento storico difficile come quello attuale, in cui imperversa peraltro con dati allarmanti un’ondata di analfabetismo funzionale.
Lungo il percorso immagino quanti dubbi e rimpianti: il tuo punto più basso e come lo hai superato?
L’ho superato mettendomi in ascolto, dando una prospettiva differente alle domande e alle risposte esistenziali che attanagliano tutti noi e con l’aiuto costante dei miei cari, verso i quali provo profonda gratitudine.
Dunque, oltre all’attività di giornalista ti occupi di scrittori, artisti e collabori con case editrici come editor: come si diventa scrittore affermato in Italia?
Già da diversi anni ho lasciato il lavoro di editor e ho intrapreso quello di addetto stampa, ma mi hai fatto una domanda da un milione di dollari! Diciamo che se si escludono “corsie preferenziali” tipicamente italiane quali, ad esempio, essere figlio di…, essere un personaggio noto per altri ambiti o al centro di un clamoroso fatto di cronaca, il modo migliore è affidarsi a un agente letterario serio e a un editor capace. Poi sono necessarie la pazienza, la tenacia, l’umiltà non intaccata dalla presunzione di aver scritto il capolavoro del millennio, la strategia giusta e non può mancare un altro elemento imprescindibile che aiuta il talento: la fortuna di essere al posto giusto nel momento giusto, soprattutto in un mercato editoriale saturo in cui sono più le persone che pubblicano di quelle che leggono, egoriferito e alle prese con momenti ed eventi storici che sicuramente non hanno alleggerito le difficoltà preesistenti.
Il tuo rapporto con le case editrici? Quante volte ti hanno dato buca?
Di solito ho ottimi rapporti, a volte mi corteggiano come ufficio stampa o affinché pubblichi qualcosa per le loro collane, ma credo che per gli agenti letterari la vita sia molto più dura.
Il tuo autore preferito?
Di getto, senza alcuna ombra di dubbio, rispondo Oriana Fallaci. La amo come giornalista e come scrittrice.
Voltiamo pagina. In un’altra vita sei stata pure Ambasciatrice del Turismo Enogastronomico nel Mondo. Cucinare un uovo… sembra facile. Consigli?
Mmmhhhh, diciamo che ultimamente cucina quasi sempre mio marito per motivi di tempo… Forse dovremmo chiederlo a lui! A parte questo, la cucina e il nutrirsi bene sono un’arte, bisogna metterci amore, altrimenti – come si suol dire – si prepara solo da mangiare.
Dove il gusto fa rima con il buongusto?
Dove c’è finezza: nei modi, nelle parole, nel sapersi fermare prima di ferire, nel rispetto reciproco e nel promuovere la dignità di ogni creatura vivente.
Menù per far perdere la testa a una donna?
Ognuna di noi è diversa, ma credo che la ricetta vincente sia farci sentire che in quel menù c’è un ingrediente importante: la cura.
Questioni di cuore: chiudere con una persona che non si ama più è un atto di eroismo o di egoismo?
Per me nell’uno nell’altro, è un evento doloroso per chi viene lasciato e, in una fase precedente di elaborazione che porta alla consapevolezza e alla decisione finale, per chi lascia. Direi, piuttosto, che è un atto di onestà e rispetto per entrambi.
Quando un tradimento può essere giustificato?
Non voglio fare la moralista né essere giudicante, non mi appartiene, però credo che il tradimento sia la conseguenza di una mancanza percepita sotto uno o più aspetti e che sia da codardi arrivare a tradire. Meglio chiudere prima che mancare di rispetto all’altro con una vita parallela, che sia di una notte o di una vita, se non si è riusciti a risanare il rapporto prima.
Chiudiamo in bellezza: fai uno sforzo pensa a te stessa quando avevi 18 anni, ecco, cosa diresti a quella ragazza?
Forse le direi di rimanere buona e onesta, ma mai ingenua, di non perdere il dono del sorriso e donare al prossimo luce ed empatia come missione di vita…
Pentita di aver accettato l’intervista con IMG Press?
Assolutamente no! Anzi, grazie per avermi rivolto delle domande anche diverse da quelle che solitamente mi vengono poste!
La foto del premio appena ritirato è di Marco Bonanni