La solidarietà femminile tra diverse generazioni contro norme sociali radicate, la ribellione di una donna contro la tradizione patriarcale, il desiderio di emancipazione e di libertà. Sono alcuni dei temi alla base dei valori di Giorgia Butera: donne che rivendicano la loro libertà davanti a tradizioni e norme sociali maschiliste che puniscono la voglia di emanciparsi e di crescere e affermarsi come persone e non come oggetti sessuali. La mission di Giorgia? Noble Goal di qualità e l’affermazione di nuove leadership per un futuro sostenibile e di uguaglianza globale…
Giorgia Butera è Sociologa della Comunicazione, Scrittrice ed Advocacy. Dal 2014 è Presidente della Comunità Internazionale “Sono Bambina, Non Una Sposa”. Dal 2015 è Presidente Mete Onlus. Dal 2015 al 2018 è intervenuta in occasione degli sbarchi lungo le coste siciliane. Dal 2015 è membro della ONG “Girls Not Brides”. Nel 2015 è stata Componente della Delegazione per Missione a tutela dei Diritti Umani in Marocco. Dal 2015 interviene nelle varie sessioni al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite (Ginevra). Dal 2015 è esperta di Best Practice Internazionali. E potremmo continuare: come è nata questa missione per i diritti civili?
Nasce con me, ho sempre avuto sin da bambina l’amore verso gli altri, e quando mi trovavo dinnanzi a situazioni vulnerabili e di estrema fragilità, il mio unico obiettivo era trovare risoluzioni e possibili. Guardavo l’Africa, e soffrivo. Leggevo Mandela, e trovavo straordinaria la volontà di un Uomo di dedicare la propria vita agli altri. Veder soffrire mi ha sempre provocato dolore, ma contestualmente la mia forza è sempre venuta fuori. Altri aspetti, ricordo che la domenica andando a Messa durante il Catechismo, leggevo libri su come diventare Manager. Centrale in me, istituzionalizzare il mio impegno. Due aspetti differenti ma perfettamente sinergici.
Mete Onlus è una Organizzazione basata in Sicilia, impegnata nella mediazione socio-culturale tra i popoli, nell’affermazione dei principi civili, democratici e liberali di ciascun individuo e nella giustizia sociale. Chissà quante storie e quante battaglie affrontate. Sono state più le gioie o le delusioni che ha dovuto metabolizzare?
Tante, tantissime storie. Si eguagliano. Io sono una Donna ricca di entusiasmo, che riesce a trarre gioia anche dalle delusioni. Capitano, ed anche spesso. Ma non saranno mai un ostacolo, per me.
Una tematica molto sentita è sensibilizzare l’opinione pubblica sulla violenza contro minori e donna. Le donne in uscita da Centri antiviolenza e Case Rifugio vivono un percorso accidentato, fatto di ostacoli e difficoltà, che le espone a estrema vulnerabilità socioeconomica e al rischio di ricadere nella spirale della violenza A che punto siamo? Cosa c’è ancora da fare per porre fine a queste tragedie?
È una tragica immensità la violenza contro le persone, in particolare donne e bambini. È necessaria una rieducazione, nuove forme di violenza si stanno affermando, mi riferisco a quelle virali. Mete Onlus opera in una azione di contrasto permanente, interveniamo in ogni fase, e sempre contraddistinti dalla sensibilizzazione. Siamo pronte nel presentare un Esposto in Procura per tutelare una Donna in grande difficoltà. Il nostro lavoro di sensibilizzazione, diffusione della conoscenza ed Advocacy ha da sempre ritenuto fondamentale la finalizzazione giuridica. Il nostro Credo è quello di contribuire ad un mondo di pace attraverso regole e leggi giuste. Sin da bambina, mi è stato insegnato a difendere sempre gli altri, senza mai preoccuparsi delle conseguenze. Ed in diverse occasioni, in contesti locali, nazionali ed internazionali il rischio è stato molto alto.
La nostra Sicilia è disseminata di grovigli umani, sguardi smarriti che interpellano le nostre coscienze. Da dove bisogna iniziare per risanare il territorio?
Dalla scuola. Un nuovo mondo è possibile.
Con il nuovo presidente della Regione, Renato Schifani, avete iniziato a dialogare?
Il dialogo istituzionale, accompagna la mia persona, e in maniera ineludibile anche quello di Mete Onlus. Tutto ciò che in questi anni abbiamo portato avanti è avvenuto grazie al dialogo istituzionale, quale strumento della più alta forma di democrazia. Non ancora, rispondendo alla sua domanda. Dialogo intrapreso con la Presidenza dell’Assemblea Regionale Siciliana. Ho incontrato l’Assessore Nuccia Albano, con la quale abbiamo avuto un interessante confronto. Tout court, conosco la politica nel suo essere, nel suo apparire, ma soprattutto nel suo tetto di cristallo.
Quali le emergenze che a suo parere la politica dovrebbe affrontare quanto prima?
Sono diverse le criticità, importanti le emergenze. Lavoro, Scuola, Famiglia, Convivenza Civile ed Ambiente i contesti primari.
C’è un popolo invisibile che vive tra di noi: persone italiane e migranti che restano escluse dalla possibilità di iscrizione all’anagrafe. Ovvero, non hanno diritto al medico, al sistema sanitario nazionale, sono discriminati nell’accesso ai vaccini, alla mensa scolastica e al bonus libri per i propri figli e spesso non possono rinnovare il permesso di soggiorno. Insomma, una vita sospesa in uno stato di incertezza e precarietà. Che ne pensa Giorgia?
Provo rabbia. È una sfida costante. Aiuto volontariamente molte famiglie aggrovigliate in documenti difficili da ottenere, ma che loro spetterebbero. Io sono un meraviglioso strumento umano, grazie ad una Agenda acquisita sul campo riesco ad aiutare tante tante tante persone. La burocrazia dovrebbe smetterla di sentirsi su di un piedistallo, convinti di gestire la vita altrui.
Perché chi governa teme gli immigrati? E’ un problema europeo o solo tutto italiano?
Viaggiando si incontrano molti più immigrati fuori rispetto al nostro territorio. È un problema, ancor più, italiano. Si ha paura del diverso, di chi vive una condizione di partenza inferiore rispetto alla nostra. Chi governa, li teme, perché vanno contro il sentire dell’opinione pubblica, e questo farebbe perdere loro del consenso elettorale. Secondo questa dottrina le persone non hanno valore, ma sono oggettivamente un numero.
Quando scoppia una guerra o una pandemia si torna riflettere sui temi della pari dignità e sulla necessità di abbattere ogni tipo di barriera, per porre in essere i cambiamenti necessari al miglioramento delle condizioni di vita delle persone. Peccato che appena cala l’attenzione tutto finisce nel dimenticatoio. C’è speranza che qualcosa cambi o bisogna rassegnarsi?
Io credo che bisogna rassegnarsi, ciascuno vive nel proprio ambito, e ci si dimentica presto delle disuguaglianze. Sta al sentire umano bilanciare quanto più possibile.
Tiene banco nei dibattiti televisivi e non solo, la vicenda di Alfredo Cospito: che ne pensi del carcere duro e del fine pena mai?
Non approvo la libertà concessa agli anarchici, per riferirci al fatto in questione. Non è perché lo si è, tutto è possibile. Il carcere duro ha una sua ragione d’essere, che condivido.
Chiudiamo con una luce di speranza: tre cose che aiutano a far sorridere Giorgia, nonostante tutto e tutti?
In primis, vedere le persone felici. Poi, lottare per l’affermazione dei miei ideali, ancor di più se utili alla collettività. Essere una donna libera, serena, calma e quieta. E dedicarmi del tempo. È ciò, che io non avrei mai pensato di fare nella Vita, la mia unica missione è sempre stata la produzione intellettuale affiancata dall’impegno socio-umanitario, dimenticando che in questo microcosmo esisto, anche io.
La malattia oncologica, le conseguenze dovute al terribile incidente stradale avvenuto nel 2010, e l’essermi totalmente donata agli altri hanno fatto Crash.
Nel Tempo nuovo ho ristabilito le priorità, ho capito cosa sia rigenerante per Me, e se il mio corpo mi chiede più respiro, eccomi sono pronta a farlo. Amo danzare, viaggiare, creare, scrivere, nutrirmi dei paesaggi, e intervenire alle Nazioni Unite.