La fine e i nuovi inizi, non sono mai passaggi semplici. soprattutto quando hai dato tutto per una passione. E il palcoscenico è la passione. A Ilaria Fioravanti abbiamo chiesto di parlarne non per morbosità ma perché è la perfetta parabola di come, in fondo, le attrici siano prima di tutto, persone. Anche nel loro sensuale pudore.
“Eccoci qui caro Roberto, mi chiamo Ilaria e sono un’attrice, cantante e ballerina. Nel mio percorso mi sono trovata a lavorare come attrice nella prosa e sia nel teatro musicale come ensemble o piccoli ruoli. (Le Winx, il Marchese del Grillo, Peter Pan, Mamma mia, The Full Monty)”. E al grido di muoviti muoviti le regolari giornate da donna si trasformano in provini, studio delle parti, allenamenti. Una danza di scadenze, mete, obiettivi. “Ho iniziato a studiare danza all’età di tre anni ad Ascoli Piceno, la mia città di origine, ho frequentato il liceo classico e successivamente Lingue e culture straniere a Perugia laureandomi alla triennale. Solo successivamente a 22 anni ho iniziato a studiare teatro e musical all’Accademia di Giampiero Ingrassia a Roma. La danza non l’avevo mai abbandonata ma a Roma ho potuto capire veramente il valore interpretativo del movimento unendolo allo studio delle altre discipline“.
Come in una trama di un film il procedere delle storie è collegato al movimento fisico, che rimette al centro innanzitutto Ilaria. Non è una questione di fisica ma di meditazione, un rumore bianco con sottofondo la musica, i battiti del cuore. “L’amore per la letteratura e lo studio non mi hanno mai abbandonata, per questo ho sempre apprezzato tanto anche lavori dietro le quinte come assistente o creatrice di progetti. Sto cercando di vivere questo difficile periodo come un’opportunità e sono infinitamente grata di poterlo fare. Sicuramente è stata una grossa batosta per tutto il settore che ha aumentato e messo in luce però tante criticità presenti nel settore anche prima“.
E così Ilaria si sposta continuamente, alla ricerca del suo ruolo sul palcoscenico. Un viaggio iniziato da bambina: accettare compromessi, diventare convenzionale, non le riesce. E così continua a muoversi, danzare e studiare.
Ilaria Fioravanti, attrice, cantante, ballerina: qual è la tua vera vocazione?
Raccontare storie e l’evoluzione di personaggi, qualsiasi sia il mezzo richiesto.
Si dice che il palco sia un laboratorio umano di suoni, contenuti e ricerca… E delle tue esperienze artistiche che ne pensi?
Sempre costruttive e fatte con il cuore. Dalle esperienze porto con me soprattutto le persone…la ricchezza umana che il mio lavoro mi dona, è immensa.
Mamma e papà che pensano delle tue scelte?
Hanno sempre fatto il tifo per me in modo discreto, sostenendomi senza esaltazione, ma in modo continuo e concreto.
Quante delusioni hai dovuto metabolizzare?
A livello lavorativo tante, ma come tutti credo. Ma ogni delusione aggiunge tanto quanto toglie: bisogna allenarsi a comprendere quel tanto e a farne tesoro. E’ un allenamento che non finisce mai. Le delusioni, umane e professionali, possono indicare la strada.
Più teatro o televisione?
Finora più teatro, per il resto…il futuro ci dirà.
Qual è l’aspetto del tuo lavoro che ti affascina di più?
La molteplicità di stimoli ed esperienze che si susseguono continuamente che mi permettono di appassionarmi alle mie giornate.
Dalle foto che ti ritraggono ci sembri una perfezionista: immaginiamo quanta fatica starti accanto…
N o n so come si possa vedere dalle foto, ma un po’ perfezionista lo sono in realtà, a volte è un pregio e ne beneficia anche chi mi sta accanto, in alcune circostanze è un difetto…chi non ne ha?
Ci riesce difficile immaginarti mentre fai cose normali, quotidiane, come dormire, mangiare fare la spesa o stirare …
Sono perfezionista anche nelle cose normali: dormo alla perfezione, mangio alla perfezione e fare spesa è una delle mie cose preferite! Stiro malissimo.
Noi siamo dell’idea che ormai la tivvù è diventata come la radio: la gente apre la bocca e le dà fiato. Peccato perché sarebbe un bel mezzo espressivo…
La tv vive una crisi che secondo me nasce dalla mancanza di alternative coraggiose. L’urgenza, a mio avviso, è quella di dare spazio ad autori di livello che possano, con le loro proposte, creare nel pubblico nuove esigenze e risvegliare il desiderio di qualità.
Come deve essere uno spettacolo sensato?
Onesto!
A chi devi dire grazie e perché?
In primis alla mia famiglia e alle persone che hanno creduto nel mio talento fin qui. E anche a me stessa, per la tenacia e la voglia continua di mettermi in gioco.
E’ un periodo difficile per tutti: la pandemia come la stai vivendo e come combatti l’ansia?
Cerco di mantenermi impegnata e utilizzare al meglio tutto questo tempo che non ho mai avuto.
A politica come sei messa?
In che senso? Se vuoi chiedermi se entrerò in politica, la risposta è no.
Più grillina o moderata?
Nessuna delle due!
Femminista?
Sostenitrice delle pari opportunità, del diritto allo studio e alla realizzazione personale, dell’individuo, donna o uomo che sia.
La contraddizione che più ti fa indignare nell’Italia di oggi?
La contraddizione penso che vada ricercata nelle vite dei singoli, nell’impegno e nelle priorità nella vita di ciascuno: sono i singoli che poi costruiscono la società. Non mi indigno, provo a farmi delle domande per capire se c’è qualcosa che possa fare in prima persona.
Perché questo non è un Paese per artisti?
Credo perché purtroppo a tanti, da molti anni vada bene così… L’artista forse dovrebbe riscoprire, in questo paese più che in altri, il proprio ruolo nella società e avere il coraggio però di assumersi poi le responsabilità che ne derivano.
Prossimo step?
Un progetto che è nato un anno fa prima della pandemia al quale in questi i mesi ho avuto il tempo e la possibilità di dedicarmi totalmente.