La profezia di Moà: la musica funziona come la vita. Ti insegna la dedizione e il sacrificio

Martina Maggi, in arte Moà, nasce ad Orvieto. All’età di cinque anni inizia a studiare chitarra classica e canto-pop. A 16 anni entra a far parte dell’orchestra giovanile popolare diretta dal Maestro Ambrogio Sparagna, collaborando con artisti come Francesco De Gregori, Imany, Francesco di Giacomo, Hevia.

In occasione dell’ Orvieto4evershow, condivide il palco con Andrea Bocelli ed Usher. Il primo febbraio 2018 esce “Straordinario trip”, ospite d’onore nel brano, il sax di James Senese. Nel 2019 partecipa ad “All together Now” in onda in prima serata su Canale 5 , riceve ottimi consensi da parte del pubblico e della giuria , totalizza subito i cento punti che le permettono di accedere in finale. Pochi mesi dopo compare sul palco di X Factor ottenendo quattro si dai giudici e la standing ovation del pubblico. Nel 2021 è vincitrice di Area Sanremo con il brano “Sirena Senza coda”, prodotto da Davide Tagliapietra. Nel 2022 vince il primo premio del Bianca D’Aponte con “Chiara”, brano per il quale vince anche la menzione di miglior testo. Nel 2023 pubblica “Strega” brano con cui viene selezionata per il contest Radio Deejay on Stage 2023. Vince la prima serata ed accede direttamente alla semifinale. Riceve un ottimo riscontro da parte del pubblico e dei giurati che si definiscono estasiati dalla voce dell’artista. Il suo singolo è “TE LA SENTI”, prodotto da Cesare Chiodo.Con questo brano Moà continua l’evoluzione del suo progetto dedicato alle donne, questa volta con una denuncia ricca di ironia ma che racchiude una verità schiacciante: compromessi, richieste squallide, “te la senti?” È il momento di dire basta. Il brano viene scelto dalla commissione del Premio Lunezia. Moà accede alla semifinale esibendosi al Jazz Image di Roma, di fronte al Colosseo. A Ottobre 2023 torna al Premio Bianca D’Aponte ma stavolta come ospite aprendo entrambe le serate in teatro. Si esibisce ovviamente con Chiara e presenta una nuova versione acustica di Frida accompaganata da Ferruccio Spinetti, Alessandro De Crescenzo e Federico Luongo. Proprio così con un linguaggio più intimo e sentito presenta il suo ultimo progetto Movements of Art. Tournée teatrale partita il 13 gennaio dal Teatro Mancinelli di Orvieto per poi muoversi al teatro Rossella Falk di Tarquinia e ad aprile arriverà a Verona e Bologna

A giugno uscirà il nuovo disco che racconterà questa avventura. Il suo ultimo singolo Can You hear me è su tutti i digital Store dallo scorso febbraio.

Chi è Moà?

Moà è una bambina esuberante, con la testa tra le nuvole, curiosa, testarda, a volte un po’ caotica. Per come affronto il mio lavoro per me è vitale restarci connessa. Ho bisogno di stupirmi, di sapere ogni perché e di sognare ad occhi aperti.

Nei tuoi brani è il pensiero che conta o la melodia?

Il pensiero senza dubbio, anche se credo siano estremamente connessi tra di loro. Amo inventare melodie, mi diverte come tutte le fasi creative di un progetto, restano però le ali di un pensiero o di un particolare sentimento. Una melodia accattivante può entrarti in testa subito ma per restare in un cuore ad una canzone serve un testo vero.

Hai mai temuto di non riuscire a far sentire “chiaramente” la tua voce?

Si, ogni giorno. Strada facendo mi sono resa conto di quanto sia difficile portare avanti un certo tipo di messaggio senza creare fraintendimenti. Adoro l’ironia, la provocazione, il crudele ma vero, e posso dirti che non sempre il pubblico apprezza. Spesso provo a guardarmi da fuori e riesco a mettermi in discussione, poi vado comunque dritta per la mia strada, almeno è quello che sto provando a fare. Non puoi piacere a tutti, di sicuro il live aiuta molto perché il pubblico può conoscerti in maniera diretta .

La Musica è un viaggio umano che coinvolge tutti i sensi. Qual è stata per te la sfida maggiore?

La sfida maggiore non termina mai, è in atto ogni giorno ed è quella di imparare ad amarmi un po’ di più, senza essere troppo severa con me stessa. Ora va molto meglio, ma per anni non ho avuto un buon rapporto con il mio corpo. Per me era impensabile l’idea di stare per ore su un set fotografico e divertirmi, di rivedere un video o una foto e di piacermi. Ogni esperienza mi ha spinta sempre un passo oltre, ci ho lavorato molto e ora riesco a godermi il viaggio con meno paranoie.

È vero che un cantautore nel tuo caso una cantautrice, mostra la realtà che vede nella sua anima? Quanto c’è di autobiografico nei tuoi spettacoli?

Tutto quello che vivo finisce dentro un testo prima o poi. Nel mio caso più la canzone che scrivo è efficace  più il vissuto a cui è legata è autentico e spesso doloroso. Prendi “Chiara” è il mio brano più autobiografico, sono riuscita a vincere il Premio Bianca D’Aponte e la menzione per il miglior testo. La semplice differenza tra una canzone contro la violenza sulle donne e Chiara è che io quegli schiaffi li ho presi sul serio. La verità quando racconta il dolore è incredibilmente efficace.

Raccontaci come nasce un tuo progetto musicale.

La creatività non ha limiti né orari. Posso essere in macchina, al pianoforte, per strada con il cane, a un certo punto qualcosa bussa e devi aprire per forza. Quindi si parte con appunti, piccole registrazioni, a volte mi canto ritornelli o strofe per settimane altre come per magia arriva testo e melodia insieme.

Dalla musica cosa hai capito fino a ora?

La musica funziona come la vita. Ti insegna la dedizione e il sacrificio. La passione è un motore importante ma poi devi imparare a gestire tanto altro. Le delusioni, le aspettative che cambiano, imparare a cadere di continuo e nel frattempo darti già una spinta per ripartire. Ma la giostra è così e ci piace per questo.

Nel mondo di oggi dove conta soprattutto apparire, quanto bisogna veramente essere?

Ognuno decide quanto mostrare realmente di sé. Per essere ci vuole sicuramente più coraggio, ma credo sia l’unica strada per costruire realmente un percorso che resti nel tempo. Un problema potrebbe sorgere quando in questo settore si incontrano personaggi con la presunzione di voler sapere chi sei. In quel caso sono sempre scappata. Per mia natura non riesco a seguire delle imposizioni, soprattutto se dettate senza empatia e confronto. Chi sono lo sto scoprendo con il tempo, ma ho scelto la musica per sentirmi libera e questo lavoro dovrebbe essere una ricerca continua, non un modello prestabilito da seguire.

Il coraggio che ci vuole per salire su un palco?

Più che coraggio credo che serva equilibrio e consapevolezza. Mi sento molto più a mio agio su un palco che in tanti altri momenti di quotidianità. Quando sei centrato e connesso con quello che stai facendo non hai bisogno di nient’altro, solo di vivere quel momento .

Ho notato valorizzi molto lo sguardo. Del resto per me un viso è come un libro aperto. C’è un motivo dietro a questo dettaglio?

Sono sempre stata affascinata da quanto gli occhi riescano a parlare. Ho sempre pensato allo sguardo come uno specchio, li dentro c’è tutto, dal sorriso di chi ti ha spezzato il cuore ad un orizzonte che ti è servito per rinascere. Ogni mattina pratico una sorta di mantra mentre mi trucco gli occhi, inizialmente lo facevo solo prima di salire su un palco, adesso fa parte della mia identità. Dedicarmi quei dieci minuti ogni mattina è un momento importante. Riesco a centrarmi e a trovare energia positiva per affrontare la giornata,

La musica è davvero senza barriere?

Assolutamente sì. Quando iniziamo a incrociare barriere parliamo di Music Business non più di musica, tanto meno di arte o ricerca.

La politica il potere dei soldi, la realtà fake  dei social, il razzismo…. C’è un brano in cui questi concetti sono ben rappresentati?

Sì, sono temi toccati da tanti artisti, per quanto mi riguarda il mio cuore appartiene a Tracy Chapman, la prima voce che ho amato. Fast Car, Talking about revolution, Behind the Wall, ogni testo racchiudeva una denuncia cosi forte che le bastava sussurrare “like a whisper” per farsi sentire. Tra i più attuali, su questo tipo di tematiche, uno dei più forti è Stromae, ho apprezzato molto anche Ghali.

Un tormentone che ti dà il nervoso?

Un ragazzo incontra una ragazza…

Dove sta per te l’equilibrio tra dedizione e ossessione?

Ammetto che non è stato sempre semplice mantenere un equilibrio. Sto cercando di far vincere la dedizione. Vivere con un’ossessione non porta mai a nulla di buono.

La saggezza che ti serve per vivere il presente?

Cerco di apprezzare anche i piccoli passi e riesco a vivere bene il presente circondandomi di stimoli nuovi. Non ho mai smesso di studiare e questo mi permette di avere entusiasmo per nuovi progetti e nuove collaborazioni.