Le aspettative verso il futuro. Dalle preoccupazioni per l’economia e la salute all’impegno di proteggere i propri cari, il benessere personale e la comunità sino al desiderio di veder rafforzati valori come la famiglia, la cultura e il lavoro. Presi dal preservare il nostro benessere rischiamo di non accorgerci di chi è in difficoltà…
Come esseri umani non possiamo essere indifferenti di fronte al dramma che vive chi è in profondo disagio. E citando papa Francesco “la cultura del benessere ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza“. Ne parliamo con Antonella Masotto, psicologa clinica abilitata. Esperienza in ambito ospedaliero e privato.
Chi è Antonella Masotto?
Antonella è una ragazza semplice, che ama le piccole cose; una ragazza con un grande amore nei confronti della lettura, degli animali e della natura che la circonda. Antonella è una ragazza che ama la sua famiglia e che ha fatto della sua passione il suo attuale lavoro: è diventata, infatti, una psicologa clinica.
Aiutare chi ha bisogno: quando è nata in lei questa mission?
Questa mission è nata all’incirca all’età di dodici anni; sin da piccola sono sempre stata affascinata da argomenti relativi all’ambito medico-psicologico, e di conseguenza i miei genitori mi hanno sempre spronata ad inseguire ed approfondire questa mia passione. Ricordo di aver detto loro che volevo assolutamente capire il perché dei pensieri e dei comportamenti delle persone. Ho fatto anche parte del comitato della Croce Rossa Italiana di Barcellona Pozzo di Gotto. Ho sempre avuto dentro di me il desiderio di aiutare le persone e regalar loro un sorriso.
Si può con una spinta adeguata delle gambe e una buona tenuta delle braccia, ribaltare la malattia e osservarla dalla posizione verticale?
È difficile, ma non impossibile. Tutto dipende infatti da una serie di componenti quali, ad esempio, gravità della malattia, consapevolezza e motivazione del paziente nel volerla affrontare. Sicuramente uno degli obiettivi di un professionista non è solo aiutare il paziente a combattere la malattia, ma anche quello di fornirgli strumenti utili per aiutare la persona a convivere con essa, affinché possa guardare il suo status sotto un’altra prospettiva e analizzi in maniera più profonda dolori ed emozioni. Questo è possibile tramite l’adozione di strategie di coping nuove ed efficaci che aiutino i pazienti a convivere con il proprio problema e ad affrontare meglio la vita quotidiana.
La vita insegna e non si fa imparare, parafrasando De Gregori: c’è una strategia e psicologia che segue?
Io credo che i due verbi in questione siano strettamente interconnessi l’uno con l’altro. Ho sempre pensato che gli esseri umani siano piccolissime particelle del grande cosmo, e che destino e caso non siano delle congetture, bensì i due lati della stessa medaglia. Ma se c’è una cosa di cui sono convinta è che la vita può regalare sia emozioni meravigliose che spiacevoli, e che può porci davanti degli ostacoli da affrontare. In fondo non è che una partita a scacchi di cui noi siamo le pedine: ogni mossa, che sia positiva o negativa, ci regala un’esperienza da cui dobbiamo trarre insegnamento. Sicuramente la vita ci insegna che tutto può succedere, e noi, tramite l’esperienza, impariamo a fronteggiarla nel miglior modo possibile, al fine di divenire persone migliori.
Robin Williams è stato uno dei miei attori preferiti con un problema serio di salute: la depressione. Raccontano che sul palco aveva il controllo, ma nella vita privata si limitava a tenere insieme i pezzi. Ci aiuti a capire cosa scatta nella mente di una persona e come è possibile aiutare chi ne soffre?
Questa è una domanda complessa, in quanto ogni persona è un universo a sé stante e reagisce in modo diverso alle avversità della vita: il grado di questa patologia, seppur deleterio in ogni circostanza e modo, non è uguale per tutti.
Seppur la depressione sia un disturbo molto comune nella società odierna, è importante ribadire che ha diversi modi di esprimersi: c’è chi la soffoca dietro una risata, chi la esprime attraverso l’isolamento. Sicuramente vi sono diverse strategie per aiutare chi ne soffre a star meglio, o almeno a conviverci: innanzitutto, la vicinanza delle persone care (famiglia, amici, partner) è essenziale per far capire a quella persona che non è sola e che avrà sempre una spalla su cui potersi appoggiare; ma cosa più importante, creare un percorso terapeutico con un/una professionista può sicuramente aiutare chi ne soffre a reagire e a trovare delle strategie, piano piano, al fine di poterla fronteggiare. Purtroppo nella società di oggi vi sono ancora molti pregiudizi sulla figura dello psicologo o dello psicoterapeuta. Veniamo visti come coloro che curano “i pazzi”, quando invece ciò che offriamo noi (fra le tantissime cose) è un’opportunità per conoscere meglio se stessi e vedere le cose sotto altri punti di vista. Non abbiate paura o vergogna di chiedere aiuto, perché chiedere aiuto non è sinonimo di debolezza, ma elemento di coraggio per poter cambiare la propria vita in meglio e, quindi, di rinascere.
Si descriva in tre aggettivi?
Non è da me descrivermi; ma se dovessi definirmi in tre aggettivi, vi direi che cerco di essere una persona gentile, sensibile e molto positiva.
Davanti al passato si è mai posta la domanda se sia meglio riportarlo in vita o dichiararne la morte definitiva?
Credo che dichiararne il decesso sia inutile e controproducente. Diffido sempre da chi dice “ormai è passato, eliminalo!”, perché sono sempre stata dell’idea che sono proprio le esperienze del passato ad avermi reso la persona che sono oggi, con lati positivi e altri anche oscuri. Inoltre, credo che anche da un punto di vista psicologico non bisogna mai accantonare il passato, bensì bisogna imparare a conviverci, a parlarci o urlargli contro, a tenerlo per mano, a conoscerlo nelle sue più piccole sfumature al fine di poter andare avanti. Non possiamo eliminare chi eravamo o cosa ci è successo prima, ma sicuramente possiamo, grazie a questo, imparare a fare sempre di meglio ed essere persone migliori.
La scrittura aiuta a capire la propria indole. Ha mai sentito la pressione di raggiungere determinate tappe nella vita personale?
Assolutamente no, nessuna pressione dettata da me o da altri. Che sia stato un momento giusto o sbagliato per attuare determinate scelte, non ho mai permesso a nessuno di essere pressante su quella che è la mia carriera o la mia vita privata. Sicuramente, come penso sia successo un po’ a tutti, ci sono stati momenti in cui molti hanno cercato di scoraggiarmi, di influenzarmi negativamente o di bloccare quella che è la mia indole; ma è solo grazie ad forte senso di motivazione personale e a chi davvero ha sempre creduto in me e mi ha sostenuto che sono riuscita davvero ad aprire gli occhi, a pensare alle mie priorità e al mio benessere fisico e psicologico.
Sono dell’avviso che ci sia ansia da definizioni. Non crede che a volte siano le generazioni più adulte a voler etichettare i più giovani?
Sicuramente dagli adulti viene data un’etichetta ai giovani per i modi con cui essi affrontano la vita scolastica, sociale e soprattutto famigliare, anche in maniera naturale, della serie “Oh, io alla tua età…!” o anche “se io avessi fatto questo ai miei tempi, allora i miei genitori…!” e così via. Per quanto è vero che le generazioni di oggi siano molto diverse rispetto a quelle di una volta, credo che il fenomeno dell’etichetta sia una dinamica esistente non solo fra adulto e ragazzo, ma anche fra ragazzo-ragazzo e adulto-adulto. Capita spesso di affibbiare delle etichette a persone di cui non conosciamo la storia, ed è facile scivolare nella presunzione e nella superficialità. In questi casi mi piace pensare che sia l’empatia a prendere sopravvento e a ricordarci che in fondo siamo umani. Perché giudicare se non vogliamo essere giudicati?
La libertà è un concetto molto complesso: la sua idea di libertà in cosa consiste?
La mia idea di libertà consiste nell’essere me stessa in ogni piccola parola pronunciata e in ogni mio gesto spontaneo e voluto. Posso, tuttavia, dire che non è per niente semplice essere davvero tanto se stessi con un’altra persona. Si diventa vulnerabili, facili da sfruttare, senza difese, si tende ad innalzare dei muri o a mettere in costante prova chi abbiamo di fronte. Ma quando si trova una persona che è pronta a tenderci la mano ed accettarci con tutti i nostri lati brillanti e con tutti i nostri demoni, allora lì ti senti davvero libera di respirare.
Quale tipo di disagio è figlio dei nostri giorni?
Beh, secondo me sono molteplici: all’interno del recipiente, possiamo porre ingredienti come la superficialità, una forte mancanza di rispetto nei confronti delle figure di insegnamento (genitori o insegnanti in ambito scolastico), la mancanza di curiosità e il venir meno di interazioni sincere a causa di un utilizzo spropositato e non controllato dei social media che, se da un lato fungono da fonte di informazione, dall’altro trasmettono modelli e ideali sbagliati per le nuove generazioni, e impediscono alle persone di assaporare elementi della vita di tutti i giorni.
Qual è stata la sua “sliding door”? A che punto è la svolta?
Ci sono stati tanti eventi nella mia vita che mi hanno permesso di conoscere al meglio me stessa e di affrontare il mondo circostante, e sicuramente mi riferisco a quelle tipo di esperienze a stampo negativo che mi hanno segnata in un modo o nell’altro. Credo che non esista un vero punto di svolta, in quanto vi è un continuum di eventi e di pensieri che tendono sempre più a ramificarsi e ad intrecciarsi fra di loro e che mi hanno portata a capire quali sono le mie priorità di vita e quali sono, invece, gli elementi che bisogna scartare poiché tossici e privi di senso per la mia crescita culturale, personale e lavorativa.
Nell’era della comunicazione e dei social è ancora possibile mettere ordine nei pensieri, sentimenti ed emozioni intensi che vanno oltre il piacere fisico e la novità dell’esperienza?
Potrebbe essere possibile, ma richiede uno sforzo e un impegno notevoli. Chi sarebbe disposto a rinunciare ai social media al giorno d’oggi, dato che quasi tutto il mondo ne è dipendente? Personalmente, credo che i social ci sottraggono da ciò che è veramente importante. Un post, un commento, una foto non potranno mai e poi mai essere sostituiti con il calore di un abbraccio, con l’intensità di uno sguardo o con due mani amiche che si intrecciano alle tue. Sicuramente è un metodo di comunicazione efficace, ma non abbastanza per dimostrare ciò che veramente una persona ha dentro di sé. E oltre tutto, sicuramente i social (in un primo approccio) sono più dediti a quello che è l’aspetto esteriore e superficiale. Ma ci siamo mai chiesti il perché di una affermazione scritta in uno stato? Davvero si può capire l’essenza di una persona tramite un telefono? Per me la risposta è no!
E se tutto quello che noi sogniamo (successo, amore, benessere, ricchezza, ecc…) fosse solo un’illusione?
L’amore, il benessere, la ricchezza non sono un’illusione, nulla lo è. Tutto dipende da quanto vogliamo qualcosa, da quanto fremiamo nel raggiungere quell’obiettivo, nell’avere fra le mani un qualcosa di prezioso. Sicuramente tutto deve essere dettato da un forte senso di sacrificio, poiché ho sempre creduto che nulla ci è dovuto e nulla cade dal cielo; bensì, bisogna alzarsi le maniche, prendere un respiro e cominciare, step by step, a raggiungere l’obiettivo prefissato. Nulla toglie che nel raggiungimento di questo possano esserci momenti di caduta, di debolezza, di paura; ma la cosa importante è crederci veramente e cercare di renderlo più reale e tangibile possibile.
Come guardare al futuro: con paura, leggerezza, fiducia nel destino?
Sicuramente non guardo al futuro con leggerezza, e neanche con paura…preferisco osservalo con curiosità: non vedo l’ora di vedere ciò che esso, in maniera totalmente misteriosa e inaspettata, mi riserverà.