Paola Minussi è una perfezionista e alla fine è arrivata dove voleva. La scrittura la rilassa e dopo ogni libro trova nuova energia nella storia. Narrare storie è la sua passione e lo fa nei suoi libri, nelle rubriche radiofoniche che conduce e nella sua attività di celebrante umanista.
Le sue prime opere le ha dedicate ai suoi figli: “Progetto Aranjuez. Diario di bordo di una madre adottiva”, ETS Edizioni e “Il primo raggio di sole. Canto a tre voci”, La Ruota Edizioni.
Oggi si riaffaccia sul panorama editoriale con una storia di resistenza e sorellanza al femminile, oltre che una vicenda politica anche troppo attuale, ambientata nel favoloso castello di Torrechiara. Ma dietro l’angolo il futuro dell’Italia.
Paola, musicista-concertista e docente di chitarra classica presso l’Accademia di Musica di Basilea, è tornata di recente in libreria con “L’archivista di Torrechiara”, (Bertoni Editore): com’è nata la storia?
La storia è nata come una sorta di visione a seguito di una delle mie numerose visite al Castello di Torrechiara, vicino a Langhirano. Sono appassionata di castelli e, essendo anche una buona forchetta, sono una assidua frequentatrice del territorio di Parma. Queste due passioni mi hanno portato spesso in quelle zone e, tutte le volte, non mi sono mai fatta mancare una tappa al Castello di Torrechiara. A seguito di una visita in particolare, sotto la guida dell’allora custode del castello, Margherita Ghini Cantoni, che mi fece notare alcuni dettagli nascosti del castello, una volta tornata a casa, nella notte, mi sono svegliata e ho scritto di getto la trama del romanzo. Poi ho impiegato anni a sviluppare l’intreccio della vicenda, ma il dado era tratto!
Senza svelare il romanzo sappiamo che si narra di resistenza e sorellanza al femminile, oltre che una vicenda politica anche troppo attuale, ambientata nel favoloso castello di Torrechiara… immagino i problemi nel costruire i personaggi.
In realtà non ho avuto problemi a costruire i personaggi del romanzo; mi sono comparsi davanti con una propria personalità e carattere ben delineati. Poi, certamente, dare corpo e realtà ad ognuno di essi è stata opera di lavoro assiduo e instancabile; come, del resto, lavoro e cura instancabile richiedono la scrittura e ogni arte che si proponga di non restare chiusa in se stessa, come un capriccio di sterile virtuosismo, ma che si prefigga (e riesca, quando va bene) a comunicare un messaggio a chi legge.
La cosa più importante che ha imparato da questo viaggio nel futuro?
La cosa più importante che ho imparato da questo viaggio nel futuro (molto prossimo) è l’invito a non dare nulla per scontato, a non dormire sugli allori cullandosi nella falsa certezza che un diritto sia tale e rimanga tale per la sola forza d’inerzia. Ho imparato che è necessario restare vigili, con sempre acceso lo spirito critico e con gli occhi bene aperti sul mondo che ci circonda.
Siamo nel 2027 e l’Italia è in piena guerra civile; una feroce dittatura dà la caccia a dei fantomatici “Sabotatori” e perseguita la popolazione non allineata con il regime… Non è che ha descritto l’Italia governata da Giorgia Meloni e Matteo Salvini?
Lascio alle lettrici e ai lettori la risposta a questa domanda. Certo è che nella vicenda che narro ne “L’archivista di Torrechiara” ci sono vicende di pura fantasia e ci sono veri e propri articoli di giornale che riportano fatti di cronaca accaduti nella nostra Italia e nemmeno tanto tempo fa. Alcuni nomi dei personaggi chiamati in causa sono stati cambiati (non tutti), ma i fatti riportati sono chiari e ci raccontano di un’Italia sempre più chiusa e ripiegata su se stessa, alla caccia del diverso al quale attribuire ogni colpa e ogni responsabilità del disagio attuale. Un disagio politico, economico, esistenziale che è più facile scaricare addosso a un nemico esterno, piuttosto che affrontare con senso critico e con una lucida analisi dei fatti. La pancia è spesso, anzi, quasi sempre, più prepotente e preponderante della testa. Purtroppo.
Chi sono oggi i Sabotatori?
Chi sono i Sabotatori nel romanzo, lo scoprirete solo leggendo. Chi potrebbero essere i “veri” Sabotatori al giorno d’oggi? Tutti quegli organi di informazione o disinformazione, tutti coloro che creano rumore e rumors, nel senso di pettegolezzi e voci false. Il nostro stesso modo di vivere l’informazione potrebbe essere il Sabotatore per eccellenza. Oggi abbiamo così tanto rumore di fondo, teorie di complotto e canali di comunicazione, più o meno deliranti, che ci spingono a credere (e ad affermare) tutto e il contrario di tutto; uscire vivi e pensanti da tutto questo eccesso di notizie, più o meno attendibili e vere, è ardua impresa.
Un tema che, da sempre, le sta molto a cuore è quello della responsabilità individuale, della propaganda, del conformismo collettivo e dell’indifferenza che, spesso, anestetizza il nostro sentire e ci paralizza, impedendoci di agire per ‘fare la differenza’. Quanto è importante saper leggere le notizie che i giornali, le televisioni ci propinano come primo piatto nei loro notiziari?
Penso che sia fondamentale allenare e tenere “in forma” la nostra capacità di lettura, comprensione e analisi delle notizie che ci sono veicolate dai giornali e dagli organi di informazione in generale. In tempi come quelli attuali dove si parla tanto — e tanto si sperimenta — in materia di intelligenza artificiale, sarebbe opportuno avere più cura dell’intelligenza umana. Se l’intelligenza artificiale è già approdata sui banchi di scuola ad aiutare studenti e studentesse a svolgere temi e sviluppare pensieri articolati, sarebbe auspicabile che, proprio negli istituti scolastici (a tutti i livelli) si proponessero percorsi per esercitare la propria intelligenza e il proprio spirito critico. Come? Concentrandoci più sul percorso che sul risultato, più sul processo di apprendimento che sul “prodotto finale”. Ma in una società che tende sempre di più alla frammentazione, alla iper-specializzazione delle competenze e alla concorrenza spietata, forse, questo desiderio è destinato a restare utopia.
Ammetterà che quando qualcuno si arricchisce così tanto e così in fretta qualche dubbio può venire sui controlli e sulla bontà della Legge nel nostro Paese?
Nel mio romanzo non si parla tanto di ricchezza personale acquistata da un giorno all’altro con metodi e pratiche discutibili, quanto di poteri e di forze, che, certo, devono avere anch’essi un sostegno economico importante per prendere il sopravvento, ma che vanno oltre le vicende di un singolo. Non affronto in particolare il tema della ricchezza personale, quanto quello della ricchezza a livello di Paesi e di politica internazionale; a me interessa sottolineare le diseguaglianze istituzionalizzate, quelle che non fanno notizia, perché fanno parte del sistema. Non è un caso se la vicenda narrata nel romanzo comincia e si conclude in Svizzera, da Basilea a Zurigo, città per eccellenza che ospita banche e flussi di denaro da tutto il mondo, senza che nessuno batta ciglio (eh sì che le recenti vicende di cronaca finanziaria ce la dicono lunga…).
Per questo non si stanca di ripetere nei suoi incontri che la sfida di tutti i giorni è restare vigili, coltivando spirito critico e analisi lucida, per quanto possibile, della realtà che ci circonda?
Proprio per questo. Non mi stanco di ripetere (prima di tutto a me stessa) di rimanere vigile, attenta, critica (senza sconfinare nel complottismo, cosa che aborro) e, allo stesso tempo, di non perdere il contatto con la dimensione più umana e compassionevole (nella accezione latina di saper soffrire insieme a chi patisce) coltivando ogni giorno, per quanto possibile, quel senso di sorellanza e fratellanza che unisce tutte e tutti noi, nonostante tutto.
Cosa direbbe a un giovane che per comprare casa e formare una famiglia deve affrontare mutui di 20 e passa anni?
Alle giovani generazioni di ventenni che, nel nostro Paese (ma non solo) si trovano ad affrontare condizioni economiche e lavorative complesse e difficili come quelle attuali direi questo: coltiva un talento, il tuo talento, e cerca di realizzare il tuo sogno, non aver paura di cambiare idea, abitudini, prospettive e, se vuoi e puoi, Paese. E, qualunque cosa accada, cerca di cogliere sempre il lato positivo della situazione e di coltivare umanità e speranza. In tutto quello che avrai modo di vivere e sperimentare, non ti arrendere e non restare indifferente.
Che cosa la spaventa di più?
In generale mi spaventano tre cose: la cattiveria, l’indifferenza dei molti (alleata fedele della cattiveria di pochi) e il dolore. Non mi fa paura la morte, quanto il dolore e la sofferenza, mia e altrui.
L’obiettivo più importante da centrare, adesso qual è?
L’obiettivo più importante da centrare, ora, è scrivere un best seller (che firmerò sotto pseudonimo maschile), diventare ricca e famosa per trasferirmi, finalmente, a Lisbona, dove potrò dedicarmi alla lettura dei Tarocchi e alle degustazioni di Porto e dolcetti vari. In compagnia delle mie gatte, ovviamente. A parte gli scherzi, l’obiettivo più importante e urgente da centrare ora, e subito, sarebbe quello di non estinguerci in massa a causa del riscaldamento globale e del consumo sconsiderato delle risorse del nostro pianeta e di correre ai ripari, per quanto ancora possibile. Il richiamo al femminile sempre presente nel mio romanzo è infatti anche questo: basta sfruttare Madre Terra. Svegliamoci. Essendo agnostica non posso nemmeno concludere questa riflessione con un “Che Dio ci aiuti”. Buona fortuna a tutte e tutti noi. Un “Piano B” non è dato.