Il fatto che una persona riesca a rompere un rapporto di coppia definitivamente senza colpo ferire di questi tempi è una buona notizia. Purtroppo, spesso non succede così: e le cronache ci riportano note dolorose. Donne massacrate, violentate, vittime.
Perché non è facile riconoscere in tempo ciò che potrebbe accadere: si spera che qualcosa cambi; si spera che l’amore per i figli giovi a riportare la serenità in famiglia. Tutto diventa abitudine, anche alle botte, agli insulti, alle minacce. Sono storie che fanno soffrire molto: tradimenti, aggressioni e bugie. E così l’autostima è sotto i piedi, ma nonostante tutto, molte di queste donne non riescono a fare a meno dei loro uomini. Hanno paura di cambiare perché non vogliono provocare un atteggiamento di vendetta. E così si arriva al peggio!
Di questo e tanto altro parliamo con Agnese Decarlo classe 1968 (generazione x): due figli un compagno…
Perché intervistiamo Agnese? La sua è una storia che funziona (nonostante gli imprevisti) e non bisogna per forza cercare di avere tutto su un piatto d’argento: a volte basta essere testarda. La vita delle persone non si può cambiare in nome della fiction o dei social. Ormai siamo bombardati di informazioni su ciò che ci circonda, e dopo un po’, la realtà – che peraltro supera spessissimo anche le fantasie più barocche – ci annoia. Ed ecco sbucare all’improvviso dal nulla Agnese: emigrata dal Sud negli anni 90 a Milano per lavoro, alcuni cambi città prima dell’atterraggio Roma. Lavora in banca da 34 anni.
Agnese ha la passione per il marketing e l’informatica e grande attenzione al sociale. Il suo motto: non annoiarsi mai! Una bacchetta magica? No basta organizzarsi e dare le giuste priorità alle cose: “non mi ha fermato un cancro e le metastasi” … Attenzione in primis ai figli perché si educa con l’esempio. Un sogno nel cassetto? Progetti concreti contro le violenze la fame nel mondo e tutte le guerre!
Le cronache dei media ci ricordano che le uccisioni e le violenze sulle donne in Italia. Storie brutte, drammatiche, tristi. In queste violenze fisiche e negli abusi sulle donne ci sono situazioni di sofferenza, infelicità, insoddisfazione, solitudine, tradimenti, incomprensioni. E spesso non si sa quale di queste sofferenze, se quella fisica o quella interiore, sia la più grave. Come descriveresti questo disagio sociale?
Io partirei dalle violenze psicologiche silenziose che portano a “giustificare e colpevolizzare”: Giustificare il comportamento violento e colpevolizzarsi per tale atteggiamento. Fondamentale è l’autostima della “vittima”. Spesso ci sono campanelli di allarme ignorati, “formattazioni culturali” ataviche , come le chiamo io; dove già nelle famiglie con meccanismi subdoli si insegna ad abbassare la testa e subire. La paura di essere giudicati per un fallimento di un rapporto, magari dopo un “te lo avevo detto”. Paura di ricominciare e paura dell’abbandono, anche se l’abbandono è quello di un carnefice. Accettare il sopravvivere piuttosto che vivere. Anche la diffusione di post dove si insegna con gesti “convenzionali” a segnalare in silenzio. NO, NO, No, le violenze devono essere denunciate. Leggevo sui social di un uomo che si offre di accompagnare le donne all’ultimo appuntamento… niente di più patetico… A cosa servirebbe l’ultimo appuntamento? A cosa servono fiumi di chat? insulti? Discussioni? Insulti? A una storia che finisce si mette un punto e si chiude. Se è vero che non esistono tasti off e on, è vero che le storie tenute stand-by sono più esposte a rischi di epiloghi sfavorevoli. Dovremmo prendere tutti consapevolezza di non avere competenze di psicologia- psichiatria per poter curare i rapporti malati. E soprattutto non sottovalutare i segnali.
I giorni dopo una tragedia, un delitto, una violenza si diventa tutti più buoni, etici e solidali, quasi fosse Natale. Cosa ti dà più fastidio: l’ipocrisia buonista delle istituzioni o l’indifferenza per il dolore delle vittime quando i riflettori si spengono?
In solido con i carnefici le norme di giustizia. Come diceva Andreotti, i giudici hanno la scritta “LA LEGGE è UGALE PER TUTTI “ alle loro spalle. La nostra magistratura ha tempi di giustizia dilatati all’inverosimile. In solido con i carnefici tutti gli spettatori dell’evento (vicini, parenti conoscenti) che dopo il fattaccio commentano con dettagli accurati… ma prima? Il nulla? Le macerie del post….. Figli minori, in affido a nonni, parenti, procedure burocratiche per successione, sostegno economico. Spenti i riflettori le famiglie devono affrontare iter burocratici che dovrebbero essere snelliti. In prima persona ho assistito a un episodio di grave femminicidio in cui il marito ha ridotto in fin di vita la moglie…i bambini furono affidati temporaneamente a dei vicini di casa in attesa dell’arrivo dei parenti dall’estero…traumi su traumi. La burocrazia dovrebbe prevedere iter snelli per casi così dolorosi.
Le donne in uscita da Centri antiviolenza e Case Rifugio vivono un percorso accidentato, fatto di ostacoli e difficoltà, che le espone a estrema vulnerabilità socioeconomica e al rischio di ricadere nella spirale della violenza…
Le case famiglie dovrebbero essere più strutturate e con il supporto delle istituzioni creare un percorso di inserimento nel mondo del lavoro, un servizio di accoglienza dei minori durante il lavoro della madre. Magari creare delle comunità di cohousing (si configura come un progetto di partecipazione sociale). Spesso ho l’impressione che la nostra società ha il compito di disimparare quello che le è stato insegnato per decenni nelle scuole. Come siamo messi a istruzione, senso civico e storia? L’educazione civica e i docenti, così come le famiglie, dovrebbero garantire una corretta formazione. Nonostante gli impegni di lavoro sono stata presidente di istituto in un liceo Scientifico di Roma e oggi sono nel consiglio di istituto nel Liceo Artistico, i disagi che leggiamo nei ragazzi passano dalla mancanza di dialogo/ascolto.
Hai mai dovuto lottare per imporre i tuoi diritti, le tue passioni, per realizzare quel sogno nel cassetto, vincendo le resistenze di chi diceva che era impossibile?
Sono figlia del Sud. Emigrante di nuova generazione, ho iniziato a lavorare che ancora frequentavo l’università ho macinato chilometri tra luogo di lavoro e università. Una scelta contro chi mi diceva non riuscirai a fare tutto. Fortunatamente ho completato con i giusti tempi la laurea, i percorsi post universitari e ho realizzato la mia carriera professionale. Il gap salariare è tutt’ora una realtà. Più faticoso è stato gestire famiglia e lavoro. Le assenze per la maternità non sono ben viste…. E ancora peggio le assenze per malattia, non ti ammali per scelta, durante la malattia sei archiviato – almeno dai superiori – anche se in malattia lavori e continui a far bene.
C’è uno scollamento sempre più grande tra mondo dei giovani e mondo adulto, che sembra essersi completamente dimenticato degli adolescenti. Ed è impressionante vedere come la scuola, il luogo dove passano gran parte del loro tempo, non sia considerato un luogo sicuro per i più giovani. La tua esperienza cosa ti ha insegnato?
Tutto passa per l’ascolto e il dialogo in famiglia semplici regole: Tv e cellulare spenti almeno nei momenti di condivisione dei pasti; coinvolgere i ragazzi. Spesso i figli sono sottovalutati, sin da piccoli hanno antenne e radar e comprendono la finzione.
Quale saggezza ci serve per vivere il presente?
L’onestà nei rapporti. SI EDUCA CON L’ESEMPIO. Vale in tutti i campi e quando ci rendiamo conto di non riuscire a farcela da soli, CHIEDERE AIUTO, non è una debolezza ma un senso di maturità.