ZAKI, NOURY (AMNESTY): IL RINVIO NON È UNA NOTIZIA BUONA. PROTESTE DALL’ONG EGYPTWIDE

“La situazione è talmente disperata che ricorda quando, negli Stati Uniti, le esecuzioni vengono sospese e rinviate di un giorno. Si pensa di avere almeno un po’ più di tempo, ma non è una cosa utile in realtà. Il rinvio dell’udienza che i giudici di Mansoura hanno accordato ai legali di Patrick Zaki ha quasi il sapore della punizione: abbiamo davanti a noi l’intero mese di ottobre e novembre, oltre 70 giorni di attesa. Ed è ironico anche che abbiano rimandato al 7 dicembre, giorno in cui cade il 22esimo mese di carcere preventivo”.

In un’intervista con l’agenzia Dire il portavoce di Amnesty International, Riccardo Noury, suggerisce cautela. Il rinvio al 7 dicembre dell’udienza del processo in cui Zaki si difende dall’accusa di diffusione di fake news è un fatto “inedito”, perché “non c’era mai stato un rinvio così lungo”.

A chiederlo, i legali del giovane, perché per la prima volta da 20 mesi a questa parte hanno ottenuto i dossier prodotti dall’accusa e ora avranno il tempo per esaminarli. “Anche questa storia è assurda- continua Nouery- e non bisogna gioire se dopo quasi due anni di carcere cautelare finalmente la difesa è riuscita ad avere il fascicolo prodotto dall’accusa e può sapere di cosa il proprio cliente viene accusato”.

Questo lasso di tempo però, continua il portavoce, “potrà essere usato con responsabilità: gli avvocati studieranno la linea difensiva, noi di Amnesty continueremo a tenere alta l’attenzione sul caso insieme ai media e alla società civile. C’è da porre la stessa domanda alla Farnesina e Palazzo Chigi: cosa intendono fare?”.

Noury solleva anche il tema dell’arrivo oggi in Italia del ministro dell’Energia e delle risorse minerarie, Tarek Al-Molla, per partecipare all’Omc-Med Energy Conference and Exhibition, un evento alla cui organizzazione ha collaborato anche la Camera di Commercio di Ravenna per promuovere il settore dell’energia e delle rinnovabili.

“Noi di Amnesty abbiamo scritto al sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, proprio per chiedere se fosse opportuno incontrare il ministro Al-Molla nel giorno in cui Zaki andava a processo” continua Noury. “Se le relazioni tra Italia ed Egitto vanno avanti è normale che incontri di questo genere si facciano. Il punto è come si fanno: l’Italia continua a piegarsi e portare avanti il business come se niente fosse, oppure ne approfitta per sollevare questioni relative ai diritti umani? Io temo che sia la prima ipotesi”. Secondo il portavoce, “quando di mezzo c’è il tema del petrolio, viene azzerata qualsiasi altra cosa”.

 

Lo sdegno per il ministro dell’energia a Ravenna

Franchini, fondatrice di Egyptwide: politica italiana è ipocrita

“Mentre a Mansoura, in Egitto, si celebra la seconda udienza del processo a Patrick Zaki, in Italia viene invitato il ministro dell’Energia. Proviamo profondo sdegno per l’ipocrisia della politica italiana che, se da un lato sostiene di volere la liberazione di Patrick Zaki, dall’altro continua a promuovere la cooperazione con il regime nei settori che più ne rafforzano il potere, quali quello dell’energia fossile e dei sistemi d’arma”. Così all’agenzia Dire Alice Franchini, co-fondatrice di EgyptWide, un’organizzazione italiana che promuove i diritti umani in Egitto.

Oggi a Ravenna si svolge la prima della tre giorni di eventi di ‘Omc-Med Energy Conference and Exhibition – Ripensare l’energia insieme: alleanze per un futuro energetico sostenibile’ promossa dalla Camera di commercio di Ravenna, Assomineraria e Associazione ravennate operatori oil and gas. In programma c’è anche la partecipazione del ministro del Petrolio e delle risorse minerarie dell’Egitto, Tarek El-Molla, assieme ai suoi omologhi di Libia e Cipro- Prevista anche la presenza del commissario europeo per l’Energia, Kadri Simson. Per l’occasione, Franchini ha partecipato con i colleghi di EgyptWide a un sit-in davanti la sede di Omc esponendo cartelli per denunciare le relazioni economiche con l’Egitto dell’Italia, che “così si rende complice delle violazioni dei diritti umani in Egitto”.

“La presenza del ministro al-Molla indica infatti la volontà dell’Italia di potenziare la partnership energetica con l’Egitto” denuncia Franchini. “Gli accordi sull’energia hanno assunto un valore centrale nelle relazioni Italia-Egitto a partire dalla scoperta dei giacimenti offshore di Zohr, nel 2015, e di Nour, nel 2019, che vedono Eni, Enel e altre imprese italiane del settore energetico rivestire un ruolo di primo piano nei processi di estrazione e commercializzazione del gas egiziano. Nel 2019 Eni produceva per tramite della controllata Ieoc Production Bv 320.000 barili di olio equivalente al giorno e quella produzione è aumentata negli anni successivi. Nel 2020, come fa sapere Eni sul proprio sito web, la capacità produttiva del giacimento di Zohr ha infatti raggiunto gli 87 milioni di metri cubi al giorno”.

Franchini continua: “E’ stato ipotizzato che l’Egitto spinga molto per gli accordi bilaterali perché l’Italia è ritenuta un partner debole, incapace di condizionare la politica egiziana, o comunque meno influente di altri Paesi come gli Stati Uniti, la Francia, il Regno Unito o la Germania”.

La co-fondatrice di EgyptWide dice ancora: “Grazie allo sfruttamento del giacimento di Zohr, avvenuto in tempi record da quando Eni ne ha ottenuto le concessioni estrattive, l’Egitto ha raggiunto nel 2018 l’autosufficienza energetica, un miraggio per molti decenni. Questo risultato è stato celebrato come una vittoria del presidente Al-Sisi, che lo ha trasformato in un’occasione di propaganda”.

Secondo Franchini, però, l’osservatorio vuole evidenziare che il raggiungimento dell’indipendenza energetica “non cancella la dura realtà che vivono gli egiziani: dalla repressione del dissenso, alle violazioni sistematiche dei diritti umani”, a cui si aggiungono “povertà diffusa e diseguaglianze strutturali”. L’attivista continua: “Non dimentichiamo poi che il gas costituisce una fonte energetica altamente inquinante e che in quanto tale la scelta dei governi di investire nel suo utilizzo mette a repentaglio la salute e la vita di milioni di persone”.

L’Egitto è accusato di tenere incarcerate tra le 60mila e le 100mila persone, molte delle quali sono dissidenti politici, attivisti, intellettuali, avvocati. Patrick Zaki, lo studente dell’Università di Bologna in carcere dal febbraio del 2020, affronta un processo per uno scritto pubblicato sul web nel 2019 in cui ha denunciato abusi ai danni della minoranza cristiana. Ora rischia una condanna fino a cinque anni per “diffusione di notizia false in Egitto e all’estero”.