Sono oltre 5 milioni e 300 mila i cittadini stranieri residenti in Italia (+3,2% rispetto allo scorso anno), oltre 200 mila di loro hanno conseguito la cittadinanza lo scorso anno e in media rappresentano il 9% della popolazione residente in Italia.
Questi alcuni dei macro-dati che emergono dalla XXXIII edizione del Rapporto Immigrazione realizzato da Caritas Italiana e Fondazione Migrantes presentata a Roma, e che analizza e rielabora i dati disponibili sul fenomeno migratorio. Un’edizione che è stata integrata da 4 ricerche inedite, frutto delle reti territoriali dei due organismi pastorali della Conferenza episcopale italiana su lavoro, scuola e appartenenza religiosa.
Cittadinanza: aumentano tra i nuovi italiani i neomaggiorenni nati in Italia
Tra coloro che hanno conseguito la cittadinanza lo scorso anno, un dato in linea con gli anni precedenti, prevale la modalità di acquisizione “altro” (46,1%) rispetto alla residenza continuativa (45,1%) e al matrimonio con un/a cittadino/a italiano/a (8,8%). Si tratta prevalentemente dei neomaggiorenni nati in Italia.
Lavoro: cresce occupazione, accanto però ad abbandono scolastico e “working poor”
Lo scorso anno il tasso di occupazione dei lavoratori non-Ue si è avvicinato maggiormente (60,7%) a quello della totalità dei lavoratori (61,5%). Tra il 2019 e il 2023, la domanda di lavoratori immigrati è aumentata significativamente e la quota di lavoratori stranieri sulle assunzioni totali è salita dal 13,6% del 2019 al 19,2% del 2023. I servizi sono l’ambito che ne assorbe di più, e in cui l’aumento delle assunzioni è stato nell’ordine del 58,9%, in particolare, nel settore della cura alle persone e del lavoro domestico (10,6% delle attivazioni). In generale, però, le attivazioni che hanno riguardato i cittadini stranieri sono state come “personale non qualificato”, inoltre, le donne presentano tassi occupazionali inferiori a quello delle italiane e degli stessi lavoratori stranieri e un tasso di disoccupazione più elevato.
Il tasso di occupazione più alto è tra i giovani non comunitari (42%), seguito dai comunitari (38,6%) e dagli italiani (34%). Ma non si tratta necessariamente di un dato incoraggiante: si ricollega, almeno in parte, all’alto tasso di abbandono scolastico (quasi un terzo di loro, lascia prematuramente la scuola, tre volte di più rispetto ai giovani italiani).
A proposito della fragilità di chi un lavoro lo possiede, i dati raccolti attraverso i Centri d’ascolto e i servizi Caritas, ci dicono che quasi uno straniero su quattro che chiede assistenza è un lavoratore povero (working poor, 28,1%) e che in presenza di difficoltà ad accedere alle misure governative di contrasto alla povertà il supporto familistico e informale è ancora la strategia di resilienza alle situazioni di difficoltà economica più resistente e probabilmente ritenuto più affidabile dai migranti in Italia. Secondo i dati dei Centri d’ascolto e dei servizi Caritas è risultato percettore di RdC (Reddito di Cittadinanza, poi sostituito dall’AdI – Assegno di Inclusione) il 27,2% delle famiglie italiane, a fronte del solo 7,2% di quelle immigrate, soprattutto per l’imposizione del requisito normativo dei 10 anni di residenza.
Scuola e cultura hip-hop: contraddittori spazi di integrazione
Il totale degli alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scolastico 2023/2023 è di quasi 915 mila, e la percentuale dei nati in Italia cresce sempre più fino ad arrivare al 65,4%. Tra le principali difficoltà si segnalano la ridotta frequenza della scuola dell’infanzia; il ritardo scolastico; la difficoltà nel completamento e proseguimento degli studi; l’abbandono scolastico, in particolare dopo la scuola secondaria di primo grado.
Il fenomeno migratorio è mal rappresentato nei libri di testo scolastici. Secondo una delle ricerche inedite del Rapporto, nei libri di scuola mancano riferimenti al ruolo che delle ong o delle associazioni laiche o religiose nei processi di integrazione dei migranti sul territorio; e alle difficoltà, degli ostacoli burocratici, normativi che i migranti devono affrontare per soggiornare regolarmente in Italia, acquisire diritti e obblighi formali.
L’impatto dei doposcuola diocesani nel supporto alla didattica dei minori stranieri, già strutturato in particolare nel periodo della pandemia, è stato pressoché mantenuto e nel 36% dei casi anche ampliato sia nella tipologia dei destinatari (giovani con un’età media più elevata e maggiore partecipazione delle ragazze), sia per il tipo di supporto offerto.
La relazione del mondo hip-hop con il tema della cittadinanza e dei “nuovi italiani” è un indicatore. Musica e stili di vita legati a questa cultura molto diffusa tra i giovani sembrano cogliere meglio di altri settori l’evoluzione della società, con una reciproca contaminazione sul piano multiculturale e multilinguistico che, pur fra molte contraddizioni, si rivela uno strumento educativo.
Appartenenza religiosa: il ruolo dei cattolici immigrati in Italia
All’inizio del 2024 i cristiani tornano ad incidere sul totale della popolazione straniera iscritta nelle anagrafi dei comuni italiani per il 53,0% sul totale, mantenendo il proprio ruolo di maggioranza assoluta; quello di maggioranza relativa passa per molto poco ai musulmani, col 29,8% d’incidenza (1 milione 582 mila). Nella pratica religiosa comunitaria il ruolo dei cattolici immigrati – consacrati e laici, provenienti da Paesi extra-europei e in massima parte più giovani rispetto agli autoctoni – appare fondamentale, sebbene ancora oggi non pienamente espresso, anche a causa del perdurare di alcuni stereotipi sull’immigrazione.
“Spesso assistiamo al perdurare di un approccio orientato soltanto all’emergenza – scrive in apertura del volume il Card. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI – che trascura promozione e integrazione: dimentichiamo che l’immigrazione, se ben gestita, può essere una risorsa per la società”. Per il Card. Zuppi, “l’eccessiva politicizzazione del fenomeno migratorio, fondata sulla ricerca del consenso e sulle paure, impedisce la creazione di un sistema di accoglienza autentico e non opportunistico. Ed è invece di questo che abbiamo bisogno, per la sicurezza reciproca, di chi parte e di chi accoglie”.