Diverse le manifestazioni e blocchi odierni dei servizi di taxi, in vista di una mobilitazione unica nazionale contro la liberalizzazione preannunciata dal Governo Monti. Disagi alle stelle, preambolo di un lungo periodo di simili proteste in vari settori. La sindrome “Not In My Back Yard” (non nel mio cortile) sta dilagando, con i vari rappresentanti delle corporazioni che fanno a gara nell’elogiare la qualità e l’indispensabilità del proprio servizio in virtù delle norme che oggi bloccano l’accesso alle professioni e ai mestieri e la crescita dell’offerta all’utenza, in un contesto di evasione fiscale generalizzata. Come i notai e i farmacisti, i taxisti stanno difendendo questa Italia che ci ha portato al dissesto finanziario, con la differenza che le prime due professioni difendono introiti milionari mentre i taxisti le scarse migliaia di euro che intascano ogni mese. Una situazione che dovrebbe indurre chi ci governa ad andare di mano pesante con i primi e più gradualità con i secondi, sì da meglio diluire nel tempo il nuovo assetto della loro professione nel passaggio alla liberalizzazione. Ma scordiamoci che si possa restare nell’attuale situazione, sarebbe un disastro: senza liberalizzazioni, e quindi calo dei prezzi e aumento dell’offerta, gli italiani il cui lavoro è stato già investito dai nuovi provvedimenti, nonche’ i pensionati -che sono tutti consumatori e utenti- esploderebbero per la mancanza di ossigeno finanziario. Se lo scordino soprattutto i taxisti. L’Italia non è il Cile del 1973 quando anche grazie ad un possente sciopero dei camionisti cadde il legittimo Governo di Salvador Allende per dar spazio alla dittatura di Augusto Pinochet. I camionisti del Cile non sono i taxisti italiani e, soprattutto, il Governo Monti non solo non e’ fragile come quello Allende, ma non c’e’ nessun Pinochet dietro l’angolo pronto ad approfittarne, anzi c’è una Commissione europea che ci molla se non rispettiamo certi parametri e non forniamo certe garanzie. Vogliono i taxisti rendersi responsabili di questo e, di conseguenza, fungere da stura per tutte le altre corporazioni che si muovono con la logica del “Not In My Back Yard”? Lo sport prediletto da istituzioni e governati è sempre stato quello della denigrazione di uno verso l’altro, ma ora sembra che l’istituzione stia cambiando qualcosa – SEMBRA – per cui fa gioco per tutti darle questa chance e non mettergli bastoni fra le ruote.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc