Le dimissioni di Francesco Repici dal ruolo di Coordinatore provinciale della Giovane Italia, apprese sgarbatamente da notizie di stampa, per di più con l’adesione di quest’ultimo al progetto del Presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo -traditore del vincolo di mandato nei confronti degli elettori del Popolo della Libertà, corresponsabile del momento di estrema crisi economica e sociale che stiamo vivendo, nemico del popolo siciliano-, rappresentano un episodio grave di inciviltà politica, sia per le modalità con cui si sono consumate che per le motivazioni che starebbero alla base della decisione assunta. Noi, militanti veri della Giovane Italia, avevamo ben accolto la nomina di Francesco Repici, quasi un illustre sconosciuto, nell’ottica di una apertura del giovanile a realtà nuove e “minori”, provenendo peraltro il Repici da un simpatico centro della provincia di Messina ove lo stesso sembrava distinguersi per le battaglie di opposizione al partito del Governatore Lombardo (sfociate anche in clamorose vicende politiche e giudiziarie). Nell’ottica del P.d.L., l’unico requisito di cui egli si ammantava era quello di essere il referente di uno dei parlamentari regionali più influenti della provincia di Messina, l’On. Roberto Corona, attualmente co-Coordinatore del partito (sul punto, peraltro, crediamo che al di là della vicenda processuale del summenzionato, che avrà corso nelle opportune sedi e sul merito della quale non possiamo entrare, sia necessario che la dirigenza chiarisca quale sia allo stato il suo ruolo): ebbene, per detto solo motivo Repici riteneva di godere di una sorta di diritto ereditario a rappresentare tutti i giovani di Destra del territorio peloritano. Ma evidentemente, parafrasando John Belushi e Clint Eastwood, “quando il gioco si fa duro, i non-duri smettono di giocare”, e così Repici ha ritenuto preferibile abbandonare la nave in difficoltà prima del tempo e soprattutto prima degli “amici” (come ama definirli) da lui stesso rappresentati. L’ormai ex Coordinatore si premura altresì di precisare -cosa gravissima per un dirigente- che non si era nemmeno iscritto al Popolo della Libertà, essendo un semplice simpatizzante, e che non era più “operativo” dal febbraio 2011. A tacer del fatto poi che in occasione di una convention tenutasi nel capoluogo di provincia il suo intervento era stato di così modesto contenuto da rischiare di screditare l’operato dell’intera Giovane Italia.
Personalmente, vantandomi di essere iscritto -unitamente a centinaia di altri, giovani e non, al Popolo della Libertà, provenienti tutti dalla realtà militante di Alleanza Nazionale/Circoli “Quo Usque Tandem” e “Catilina”, strenuamente e travagliatamente fautori della costituzione di un grande soggetto unitario di centrodestra- continuo con fermezza a credere nel partito co-fondato, e pertanto invito tutti i dirigenti ed i parlamentari, destinatari della missiva, a fornire risposte chiare ed inequivoche alla voglia di rappresentanza dell’area culturale, sociale e generazionale che rappresento, iniziando ad affrontare con marcata precisione e sin dagli imminenti congressi un effettivo ricambio generazionale, eliminando le residue ambiguità ed affrontando tempestivamente tematiche di respiro globale quali: la riqualificazione della zona falcata, la decrescita dei territori, l’innovazione tecnologica e le grandi tematiche ambientali; anche al fine di giungere alle prossime competizioni elettorali consapevoli delle azioni intraprese e delle prospettive future.
Ferdinando Croce