L’ULTIMA GENERAZIONE…

Egregio Direttore,

quest’ultima generazione è sicuramente migliore delle precedenti, e ne spiego sinteticamente i motivi. La mia generazione (quella dei nati nel periodo bellico o subito dopo) benchè cresciuta già in epoca repubblicana e “democratica” è stata educata rigidamente in un ambiente culturale autoritario ancora di tipo “nazional-fascista”, nel culto della patria e della famiglia, dell’eroismo e del sacrificio, del lavoro e del dovere (prima ancora che dei diritti), nell’osservanza della legge e della religione, nel rispetto dei genitori e dei superiori (in particolare degli insegnanti), delle tradizioni e delle regole, e ciò ha costituito forse la sua fortuna. A ben pensarci il “miracolo economico” italiano, dal 1960 in poi, è scaturito da questa cultura, dall’impegno nello studio e nel lavoro, anche perché aveva davanti prospettive di lavoro e di miglioramento, se non anche di successo. Ma di “politica” noi giovani ci si interessavamo poco o nulla, purtroppo, e di questa ignoranza politica i nostri governanti si sono sempre approfittati! Tutto ciò perché la generazione dei nostri padri – anche se politicamente “neutra” o decisamente antifascista – era ancora intrisa inconsapevolmente di cultura fascista in quanto, volente o nolente, indottrinata e inquadrata in quel sistema in cui aveva vissuto negli anni giovanili e negli anni della guerra, e di politica non era tanto avvezza a parlare. E la classe imprenditoriale di allora, pur coi suoi limiti, era senz’altro migliore dell’attuale: vi erano industriali illuminati che, pur provenendo dall’era fascista, riconobbero le giuste rivendicazioni dei dipendenti ed accettarono di buon grado lo “Statuto dei lavoratori” del 1970. E non trasferivano all’estero le produzioni per aumentare i loro profitti: avevano ancora il senso di appartenenza ad uno Stato ed a una Nazione!
La generazione successiva (senza generalizzare ovviamente) è stata uno sfascio: poca voglia di faticare, anche perché ha potuto godere i frutti della generazione precedente, per cui si è come “adagiata” sugli allori, ha esaltato i “diritti” prima che i doveri, ha fatto sì più politica, ma in parte ha più contestato (anche se giustamente) che costruito, mentre per la maggioranza ha badato – più con la politica ed il clientelismo che col lavoro – a conquistare posizioni di potere e di successo individuali, fini a se stesse, piuttosto che perseguire l’obiettivo del “bene comune”, cioè del progresso ordinato di tutta la società. Non sto qui ad enumerare gli innumerevoli danni, materiali e morali, generati da una siffatta mentalità (ormai purtroppo diffusa nella società, e non solo in politica) perché sono sotto gli occhi di tutti. Gli ultimi 20 anni poi hanno completato la catastrofe.
La “terza ed ultima generazione”, cioè quella dei giovani attuali, mi sembra decisamente migliore, fors’anche perché è la più sfortunata sotto ogni punto di vista: quello della “disoccupazione” e del “precariato” del lavoro che le tarpano le ali e le precludono ogni speranza per il futuro, e quello del pessimo esempio che si trova davanti dato dalle classi dominanti (politiche e imprenditoriali) formate dalle generazioni precedenti, arriviste e corrotte, che pensano solo ai propri interessi e non intendono per nulla mollare.
Ma la sfortuna aguzza l’ingegno: è nelle avversità che si mostra il carattere e la forza morale di un popolo e di una nazione. Tanti giovani preparati e ricchi di idee innovative stanno emergendo dal pantano attuale, anche se hanno difficoltà ad affermarsi perché soffocati dalle forze conservatrici dominanti, miopi e avide di denaro, che li tengono a bada.
Ma è solo questione di tempo, perché questa nuova generazione ha capito che questo sistema decrepito e corrotto non ha più nulla da dire, e si sta mobilitando politicamente per cercare di cambiarlo e mandare a casa tutti i vecchi tromboni, politici e loro lacché , ladri e faccendieri vari, che pensano solo ad arricchirsi alle spalle di quanti onestamente lavorano, ed a perpetuarsi al comando. Il cambio generazionale sarà senz’altro foriero di novità, ne sono certo. Perché la Storia insegna che uno stato di così profonda ingiustizia sociale come l’attuale prelude sempre a dei cambiamenti. Non so prevedere se la transizione sarà dolce o drammatica; so solo che è inevitabile.

Giovanni Dotti